Scoprendo gli altarini sul Mercato Annonario all’imbocco di via Pietro Agosti ho chiamato “gray area” il luogo della rimozione collettiva dei sanremesi, e l’amico Nuccio Longhitano DettoBastone ha commentato su FB: “Auspico di cuore il ritorno di un Podestà.”

 

Auspicio che condivido perchè riporta alla mia mente il Podestà al quale la via è intitolata e che il 29 aprile 1930 si è suicidato nelle catacombe romane di San Callisto amareggiato e offeso dalle lettere anonime dei medesimi maggiorenti che qualche giorno dopo, con fulminea rimozione collettiva, ne celebreranno le solenni esequie all’insegna del motto: “Cianze i morti e fute i vivi”.

 

Chiusa la parentesi storica e ritornando nella zona grigia, anche l’Aurelia bis merita di essere messa sotto esame perché è proprio lì, in cima a via Pietro Agosti, che il 20 giugno 2011 i suoi altarini sono spariti dalla memoria collettiva.

 

L’idea di una circonvallazione dell’abitato è stato da sempre un sogno condiviso dei sanremesi, assieme a quelli dell’acquedotto, dell’autostrada e dello spostamento a monte della ferrovia, e fu lo stesso Podestà Agosti il 22 giugno 1927 a parlarne personalmente con Mussolini e a consegnargli una relazione dove si faceva presente che la strada statale n. 1 Aurelia, cioè “la strada della Cornice” era rimasta “praticamente identica a quella descritta nel Dottor Antonio di Ruffini”.

 

Come per l’acquedotto del Roya, per l’Autofiori e per il raddoppio e spostamento in galleria della linea ferroviaria anche per la circonvallazione, battezzata “Aurelia bis”, tradurre in realtà un sogno non è stato né agevole né rapido perché la configurazione dei suoli in superficie e la loro composizione geologica hanno imposto il transito in sotterraneo per circa quattro quinti della lunghezza di ognuna di queste infrastrutture, oppure reso necessario appoggiarsi sul fondo del mare per l’acquedotto, con enormi ostacoli tecnici e di conseguenza finanziari.

 

Per l’”Aurelia bis” il 17 maggio 1989 si è offerta l’occasione per superare gli ostacoli finanziari, quando in Regione Liguria, come nei film di Charlie Chaplin e nelle comiche di Ridolini, è piovuto dal cielo  l’invito dell’ANAS a presentare alla Conferenza di Servizi convocata neppure una settimana dopo a Roma (il 23 maggio 1989 !!!) progetti definitivi cantierabili di intervento sulla viabilità di grande comunicazione per includerli negli stanziamenti statali relativi alle manifestazioni calcistiche di “Italia ‘90” e alle celebrazioni del 500° Anniversario della scoperta dell’America, le famose e famigerate “Colombiane ’92”.

 

Il mattino successivo gli uffici regionali invitavano i concessionari autostradali liguri a informare della novità i Comuni interessati e l’ultimo giorno utile (22 maggio 1989 !!!!) sui 10 progetti arrivati a tagliare il traguardo la Giunta regionale dava 9 pareri favorevoli (contrario solo quello sulla viabilità in Val Roya) e tra questi anche quello n. 11 (Variante alla S.S. “Aurelia” - tronco 1 Arma di Taggia-Sanremo San Martino) e quello genovese n. 14 (Potenziamento viabilità lungo il torrente Bisagno) tristemente noto per altre ragioni.

 

A Sanremo già da due anni e senza neppure sapere se i soldi sarebbero arrivati, il taggiasco onorevole Emidio Revelli con i bussanesi Sindoni e Donetti si erano portati avanti col lavoro nel cullare il sogno, grazie anche a una commissione di esperti presieduta da Emilio Maiga sulla base di uno studio di fattibilità istruito in base alla procedura ordinaria contenuta nell’articolo 5 della legge 531/82 e nell’articolo 81 del D.P.R. 616/77 sul concerto Stato-Regione.

 

Così in una sequenza degna di un film di Woody Allen per quel primo tronco il Comune ha potuto cogliere al volo l’occasione e presentarsi puntuale all’appuntamento sia pure soltanto con un progetto di massima ma che la concessionaria autostradale renderà definitivo il 15 aprile 1989, con soli due giorni di anticipo rispetto alla lettera dell’ANAS alla Regione.

 

Il progetto di questo primo tronco fino a San Martino sarà approvato  a Roma il 23 maggio 1989 dalla Conferenza di servizi, il 1° giugno dal C. d. A. dell’ANAS  e quindi il 21 agosto dal Ministro Prandini e la concessionaria autostradale affiderà i lavori del primo tronco di 6 chilometri per 300 miliardi di lire a un consorzio di imprese avvalendosi di una norma (articolo 4 della legge 205/1989) che nei casi, come questo, quando “i tempi necessari non consentono l’esperibilità delle procedure ordinarie e accelerate … il soggetto può disporre l’affidamento” a trattativa privata diretta in deroga alle direttive CEE.

 

Il decreto Prandini arriverà a Sanremo in Comune soltanto il 21 settembre 1989 ma già dieci giorni prima, l’11 settembre 1989, era partita l’opposizione Partito Comunista Italiano che lamentava di essere stata tenuta all’oscuro delle modifiche apportate al progetto di massima, denunciava la violazione delle procedure di legge in materia di appalto e preannunziava una offensiva giudiziaria in sede penale.

 

Offensiva che arriverà soltanto tre anni e mezzo dopo, cioè il 10 febbraio 1993, quando erano già stati realizzati i primi tre stralci dell’opera e si erano già spesi 124 miliardi di lire e con altri tre stralci ancora da finanziare e da realizzare per poter raggiungere il confine occidentale di Sanremo.

 

Quel giorno Ivaldi, Cassini e Toffolutti che erano usciti dal Partito Comunista Italiano sbattendo la porta e che avevano fondato il gruppo consiliare “Nuova Società” depositavano sul tavolo del dottor Marcello Basilico le cinque paginette firmate anche da Serafini per “Legambiente” e da Vaniglia per i “Verdi Sanremo” che da 25 anni trasformano il sogno dei sanremesi in incubo.

 

Dei tre stralci mancanti altri due, è vero, tra San Martino e il Borgo, sono stati realizzati a senso unico di marcia e contrapposti ma al prezzo di pressioni titaniche su Regione, ANAS e Governo mentre il sesto tra  il Borgo e Pian di Poma da un decennio è ancora in attesa di essere progettato, finanziato e appaltato.

 

Uno a questo punto si chiede di quali infamie si siano macchiati i criminali finiti sotto processo a Sanremo, Imperia, Genova e infine a Roma in Cassazione e la risposta sbalordisce.

 

L’amministratore di una concessionaria autostradale ha sostituito una tavola di progetto deviando il sedime della circonvallazione di qualche decina di metri e portandolo a invadere il cimitero e a trasferire alcune tombe, tutte in abbandono, e a restaurarne alcune e a rimettere a nuovo le altre.

 

Un maxiprocesso con decine di imputati, centinaia di testimoni, tonnellate di documenti, sputtanamento mastodontico dell’iniziativa che ha indotto i commissari ANAS a bloccare tutto immaginando che questa fosse come tutte le altre, finite in “Mani Pulite” per tangenti.

 

Invece no, neppure un centesimo di lira è stato speso per corrompere qualcuno, le uniche somme che la Corte Suprema di Cassazione dieci anni dopo condannerà l’unico imputato rimasto sono di alcune migliaia di euro andate a due proprietari di tomba che si erano costituiti parte civile.

 

Però, intanto, a Roma si sono chiusi i rubinetti e sono anni che non se ne parla più.

 

Evidentemente il 63 % di intervistati che in questi giorni si dichiarano soddisfatti di questa inerzia e vogliono il replay dell’Amministrazione Biancheri (il cui unico Partito è “Sanremo”) hanno rinunciato a sognare.

 

Torno a parlarne perché mi è capitata in mano una lettera che assomiglia a quella che Pietro Agosti fece recapitare a Mussolini prima di suicidarsi.

 

L’ha scritta il 1° agosto 2001 uno dei tanti imputati di quel processo, assolto anche lui come tutti meno uno, l’avvocato Emidio Revelli di Taggia, indirizzata ai 40 consiglieri comunali del periodo 1984-1989 e quindi anche ai firmatari di quella denuncia.

 

Non entro nel merito, all’epoca Revelli era stato condannato a Genova e non ancora assolto a Roma, ma una frase che si riferiva a quella condanna in Corte d’Appello mi ha lasciato di ghiaccio: “Questa sentenza (e -credo- non solo nei miei confronti) ha colpito profondamente il mio onore, la mia dignità e il mio prestigio -cioè quello a cui -dopo le mie figlie- tengo di più nella vita.”

 

Cattolico osservante non si è suicidato, ma ne è morto di dolore perché la Giustizia è arrivata tardi e male, come sempre.

 

Anche questo fa parte della storia e delle tradizioni di Sanremo, la parte peggiore.