Penso che i sanremesi prima di dare il benservito agli autoimmuni che amministrano la loro Città debbano aver chiaro nella testa un concetto, quello della legalità, da condividere senza riserve con tutti.

 

In caso contrario la convergenza sul bene comune sbandierata dalle varie listerelle civiche sarà impossibile e in ordine sparso e alla spicciolata ognuna di loro se ne andrà per la propria strada.

 

Qualche esempio vale più di un lungo discorso.

 

Prendo la vicenda dei furbetti del cartellino, tanto per cominciare e vado indietro al 2013.

 

A fine luglio le Fiamme Gialle troveranno nella buca alcune lettere anonime dove si parlava di obliterazioni fasulle e di bracconaggio, nell’aprile dell’anno successivo arriverà loro una seconda ondata di lettere anonime e il 14 aprile se ne troverà una nella buca anche il candidato sindaco PD.

 

In merito i finanzieri avevano già consegnato un rapportino all’Autorità Giudiziaria fin dall’agosto 2013 e nei mesi successivi l’avevano informata dei riscontri puntuali effettuati con tanto di nomi, circostanze e modalità operative.

 

Fin qui niente da dire, è il loro mestiere e lo stesso vale per la Giustizia.

 

E’ invece sul versante comunale che ci sarebbe qualcosa da obbiettare in termini di legalità sul comportamento tenuto dagli addetti ai lavori, comportamento che a Legge il professore di diritto penale catalogava come reato omissivo improprio.

 

Perché si ha un bel da dire ma alla sbarra non è arrivata soltanto l’inerte indifferenza dei dirigenti e degli amministratori, materia disciplinare interna la prima e oggetto di sindacato “politico” la seconda.

 

E’ arrivata anche l’omissione evidente e conclamata rispetto al dovere giuridico di impedire gli “eventi” consumativi dei vari reati continuati, condotta che il codice penale equipara a quella dei loro autori.

 

Per capirci, quando le Fiamme Gialle hanno chiesto al Comune i tabulati delle presenze e la collaborazione attiva negli appostamenti i due segretari comunali che si sono succeduti avevano il dovere, come pubblici ufficiali competenti, di impedire la prosecuzione degli “eventi” in corso e di avviare nei confronti dei responsabili un procedimento amministrativo con tutte le garanzie di legge e lo stesso vale per il sindaco, eletto due mesi dopo che ne era stato edotto e che doveva pretenderlo, e nessuno di loro lo ha fatto.

 

Avrebbero potuto mandare a casa ugualmente i lazzaroni, l’inchiesta penale sarebbe continuata perché si basa sui tabulati dei primi otto mesi del 2013 ma molti lavoratori onesti e corretti abbandonati a sé stessi dalla negligente indifferenza dei loro superiori e che operavano con le redini sul collo e senza sentire il morso del padrone non avrebbero perso il posto e soprattutto Sanremo non si sarebbe sputtanata in tutto l’orbe terracqueo come la patria dei furbetti del cartellino.

 

Legato indirettamente a quello precedente un altro caso di dubbia legalità dei comportamenti riguarda la soluzione adottata per surrogare il tecnico comunale di ruolo che è responsabile del settore territorio, un dirigente che è andato in pensione per raggiunti limiti di età in un giorno, mese ed anno certi e prevedibili e quindi a una data calendarizzabile a ritroso ai fini della sua sostituzione.

 

Non c’è da scomodare l’articolo 97 della Costituzione e neppure la legge per ricordare che la dirigenza di ruolo è indipendente dagli organi elettivi a garanzia della imparzialità ed obbiettività dell’azione amministrativa e quindi viene scelta per concorso pubblico con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e, al di fuori dei casi stabiliti, è inamovibile.

 

Del tutto diversa la natura dei dirigenti di staff, scelti dal potere politico con chiamata diretta, con o senza preventiva selezione plurima non fa gran differenza, soggetti a spoyl sistem e che scadono come lo yogurt quando termina il mandato elettivo del politico che li ha nominati.

 

La soluzione di affidare a un dirigente di staff sfornito dei predetti requisiti di garanzia alcuni compiti fondamentali per la Città come, ad esempio, il procedimento di approvazione del Piano Urbanistico Comunale oppure procedure discutibili e discusse come quella dell’outlet in valle Armea è stato giustificato col vuoto generato dal blitz dei furbetti del cartellino a conferma della necessità per i sanremesi di intendersi sul concetto di legalità.

 

Mi fermo qui con gli esempi, ma sono sotto gli occhi di tutti le sponsorizzazioni, le velocizzazioni e le facilitazioni di un devoto e servizievole staff burocratico che ha tappato alla belle meglio i vari buchi aperti dall’espulsione dei furbetti.

 

Molte pratiche parlano da sole e anche se sono formalmente a posto lasciano spazio a non poche perplessità.

 

Perché la legalità è una condizione che deve essere pretesa da tutti e non soltanto dagli altri.