Domani, sabato 19 maggio 2018, a Sanremo viene a scadenza la pubblicità dell’affare CONTECO, il discusso provvedimento borderline che affida a un privato l’istruttoria di 108 pratiche del “Piano Casa” che dormono da anni nei cassetti comunali al terzo piano di Palazzo Bellevue.

 

Se ai miei tempi lo avessi fatto io quando sedevo su quella sedia mi avrebbero lapidato.

 

Le prime pietre sarebbero arrivate per i 39.000 euro che eludono furbescamente lo sbarramento di 40.000 euro oltre il quale il Comune è costretto a indire una gara di appalto, e subito dopo sarebbero arrivati i macigni della liceità giuridica e della correttezza politica di mettere in mano a un “quivis ex populo” le delicate ed esclusive funzioni che la legge riserva, con tutte le garanzie, a un ente pubblico.

 

Non devono ingannare i faldoni accatastati negli scaffali ingombri di scartoffie e neppure il recente formato on line delle domande, qui, in primo luogo, si tratta di far conoscere a un privato tante cose che oggi non conosciamo neppure noi, pur essendo destinatari dello slogan “Comune Trasparente”.

 

Per esempio i nomi dei 108 presentatori, la sequenza cronologica di presentazione delle pratiche e le procedure di sospensione e di ripresa della decorrenza dei termini nel corso dell’istruttoria.

 

Eh, sì! perché qui succede come all’uscita dell’ultimo modello di tablet o come negli outlet quando si aprono le liquidazioni, la ressa finisce a spintoni e sorpassi con il solito furbetto che trova sempre la precedenza o il modo di infilarsi passando dalla porta di sicurezza.

 

Un modo come un altro per chi comanda in Comune di coprirsi con l’alibi dell’insaputa, lasciando furbescamente che il “quivis ex populo” eluda ala chetichella l’obbligo di legge di rispettare l’ordine cronologico.

 

Ma la pietra più pesante riguarda la discrezionalità amministrativa che, come dice la Costituzione Italiana e la legge sul procedimento, deve sempre essere motivata.

 

In questo caso la foglia di fico che la copre è l’aggettivo “tecnica” ripetuto con ossessiva insistenza nel disciplinare di affidamento a CONTECO.

 

La verifica dei documenti, la loro analisi, la comunicazione del diniego oppure della necessità di integrazione oppure dell’accoglimento e la relazione istruttoria conclusiva sono tutte e quattro attività “tecniche”, come se a svolgerle fosse un robot con le garanzie di imparzialità che l’intelligenza almeno teoricamente artificiale comporta.

 

Invece non si parla di automi ma di persone fisiche con tutta le debolezze della carne.

 

Nel mio caso, poi, essendo rimasto andreottiano, penso sempre male, pur sapendo di fare peccato, e adesso lo faccio per esempio nel leggere alcuni paragrafi “tecnici” previsti nel corso di ogni singola istruttoria.

 

Metti che, combinazione! il presentatore o il progettista sia amico, compagno di scuola o semplicemente un volgare adescatore, come si regolerà il “Grande Istruttore Tecnico” nell’ammetterlo alla monetizzazione alternativa all’obbligo di fornire standard e di cedere aree, o alla deroga facoltativa a uno o più dei 16 vincoli operanti nel territorio cittadino?

 

Chiuderà un occhio? Come presenterà la cosa al RUP comunale che dovrà mettere la sua riverita firma in fondo al documento? Mah! chi lo sa? Rimane il dubbio e per scioglierlo più d’uno andrà al TAR a chiedere ai giudici di scioglierlo e andrà bene se si fermerà lì e non dovrà andare a chiederlo a qualcun’altra giurisdizione.

 

Sono cose che mi fanno capire che ha ragione Di Maio quando parla di Terza Repubblica ma ha torto quando pensa che sia un cambiamento in meglio, almeno qui a Sanremo.

 

Qui la repubblica è delle banane.