25 anni fa il quartetto Scalfaro-Mancino-Malpica-Piccolo, dopo aver sciolto il Consiglio comunale di Sanremo e mandato a casa il sindaco Raffaele Canessa, repubblicano, spedivano nella “Città dei Fiori” il commissario prefettizio Elio Priore con il compito di appaltare il Casinò sulla base del capitolato approvato dal Viminale e partendo dal canone minimo a base d’asta di 97 miliardi di lire equivalenti a 50.096.319,21 euro.

 

Ricordo il decreto che mi notificarono e che parlava di un “clima di diffusa illegalità e negligenza” e accusava il Comune di “«di gravi e reiterate violazioni di legge e di essere colpevolmente inadempiente nel provvedere ad altre incombenze essenziali per la funzionalità del casinò”.

 

Abbiamo lasciato che il manovratore lavorasse e lui a fine estate 1993 garantiva strabilianti risultati sulla base di una gara europea tra concorrenti con un patrimonio minimo di 50 miliardi di lire e 10 di capitale versato (se società per azioni) e inoltre operanti fuori da un raggio di 400 chilometri da Sanremo.

 

A fine settembre 1993, assicurava raggiante, l’aggiudicazione e le chiavi della casa da gioco in mano al privato per 10 anni, cioè fino al 2003.

 

Questa volta “colpevolmente inadempiente” è stato il Ministero dell’Interno con due fiaschi successivi e poco dopo il sindaco leghista Oddo che anche lui ci ha provato.  

 

Le ragioni fin dagli inizi le avevo segnalate io (Gian Piero Moretti, La Stampa 10/08/1993 - numero 218 pagina 35, cit.) al Co.Re.Co. (Comitato regionale di controllo) con un ricorso per l’annullamento della delibera commissariale, si sono ripetute e restano sempre quelle: l’azienda così come strutturata e operante era fuori commercio e interessava soltanto alla mafia per riciclare danaro e slot machines legalizzate.

 

Adesso c’è un manager (il dottor Sergio Tommasini) di indubbio valore che si candida a sindaco, ma dietro di lui -mi dicono- ci sarebbe quell’onnipotente politico che nel decennio successivo ha contribuito ad azzerare gli investimenti indispensabili a ristrutturare e rendere competitivo il casinò allo scopo di renderlo appaltabile, spendendo e spandendo in manifestazioni e spettacoli popolari e di massa sprecati per una azienda inadatta e impreparata a quel genere di turismo.

 

Anziché dei pregressi rapporti di lavoro con la Idroedil alla quale non è più appaltato direttamente dal Comune di Sanremo lo smaltimento dei rifiuti, ma affidata dalla Provincia di Imperia l’esecuzione in project financing di una discarica ad esaurimento e di un impianto di biodigestione su aree intercomunali, mi preoccupo di questa inquietante presenza, visto che nelle sue uscite pubbliche il manager parla di squadra e di programma in termini vaghi e sfumati.

 

La mia preoccupazione è acuita da ciò che ultimamente è successo a Sanremo riguardo alla casa da gioco.

 

Sciopero del personale dal 27 al 29 aprile scorso per l’allarmante calo di incassi e annuncio di altre 30 ore di sciopero se a fine agosto l’allarme da giallo diventa rosso.

 

Condizione che, purtroppo, si è puntualmente avverata con un calo del 13,25 % degli incassi di agosto 2018 che si sono fermati a 4.897.085 euro a fronte dei 5,65 milioni dell’anno precedente e degli incassi dei primi otto mesi che è stato del 4,88 % scendendo con 29.564.711 euro sotto la quota psicologica dei 30 milioni che due anni prima era stata superata con oltre 31 milioni.

 

Ma quello che preoccupa di più è l’atteggiamento miope e rassegnato di chi dovrebbe provvedere, a partire dal sindaco Biancheri che minimizza e parla di crisi di settore perché a Campione è fallito il gestore, come quello che si rompe una gamba e deve essere contento perché un altro se le è rotte tutte e due.   

 

Mi spaventa anche il presidente della società Calvi e i suoi due consiglieri Olmo e Romeo che a fronte del crollo di incassi fanno presente che i conti sono in attivo di qualche spicciolo, come se a me, dopo avermi ingessato la gamba sbagliata, mi consolassero dicendomi che però ho la glicemia a posto.

 

Si aggiunge infine l’insolvenza del gestore del ristorante come ciliegina sulla torta.

 

Ed ecco adesso cosa aggrava ulteriormente la mia preoccupazione: venire a sapere che dietro un formidabile manager privato, grondante entusiasmo e buone intenzioni ma digiuno di esperienze nel settore pubblico e in particolare nel ginepraio matuziano, si nasconderebbero certi personaggi dell’allegra brigata del passato che hanno contribuito a questo disastro (mancano solo Martinelli, Caronia, Giovannini, Di Ponziano e qualcun altro).

 

Niente di personale nei loro confronti, è acqua passata, ma il vino buono non deve essere annacquato dall’oste, sennò perde i clienti.