Nella ricerca della felicità anche Sanremo si dibatte tra due modelli, quello narcisistico e quello post-moderno, come succede in tutti i luoghi che hanno alle spalle una storia da raccontare e una identità da difendere.

 

Ma qui siamo in anticipo all’appuntamento con il primo e in ritardo nel rincorrere il secondo.

 

Una specie di alternativa tra il museo delle glorie patrie e il laboratorio sperimentale d’avanguardia.

 

L’equilibrio, secondo me, dovrebbe arrivare dalla convivenza del passato e del futuro in una attualità senza tempo nella quale abbiano adeguato spazio le memorie materiali e culturali di ieri e le mode e le tendenze estetiche e funzionali di domani.

 

A prescindere dal colore delle amministrazioni che si sono succedute nel tempo, mi chiedo: “Sanremo lo ha raggiunto questo punto di equilibro? E se no, a scapito di quale modello?”.

 

Guardandomi intorno direi che -sul territorio- il narcisismo, soprattutto grazie alla sentinella regionale, ha recuperato parecchio rispetto alla furia iconoclasta e suicida della ricostruzione post-bellica e del boom edilizio, mentre invece sulla cultura, intesa in senso lato, non si può dire altrettanto.

 

In una terra di gente concreta, parsimoniosa e attenta alle “palanche” può suonare ridicolo ma Sanremo deve le sue fortune al mondo della fantasia, delle idee e delle intuizioni felici.

 

Superfluo citare i medici salutisti dell’Ottocento, gli ibridatori inizi Novecento, e gli ideatori di tantissime iniziative come il casinò, il golf, il tiro e il tennis, il festival, il Tenco, il corso fiorito, la Milano-Sanremo, i rally, la Giraglia e via elencando.

 

Ci metto dentro anche la ferrovia a monte, l’autostrada, la circonvallazione, l’acquedotto, tutte realizzazioni partite da qualcuno che al mattino si è alzato e ha avuto un’idea.

 

Oggi l’introversione narcisistica, il dono di guardarsi dentro per trarre dal proprio vissuto spunti, idee e progetti, non c’è più, è morta.

 

Uccisa dalla ricerca esasperata di visibilità sul set globale dove si gira la fiction di una realtà che non è mai esistita e che non esisterà mai ma che per questo appassiona i frustrati della modernità.

 

Il massimo dell’originalità, oggi, è scimmiottare le idee del passato con parodie grottesche ma di grande successo in questo mondo artificiale, per esempio con Area 24, anticamera e retrobottega del festival-evento planetario.

 

Eppure a Sanremo di startup delle idee e della fantasia ce ne sarebbero parecchie e molte altre potrebbero sbocciare in un ambiente favorevole.

 

Quel clima che Daniela Cassini ha tentato invano di restituire alla città, almeno a livello di cultura popolare con idee semplici ma efficaci che Erode ha ucciso nella culla.