La melassa sanremese decanta lentamente e si va definendo e posizionando il binomio Smilzo-Sciaboletta, nomi di battaglia di Biancheri e Scajola senior.

 

Il clima assomiglia in maniera impressionante a quello del 1993, anche se stagionalmente non è più primaverile-autunnale ma col cambiamento climatico adesso cade in inverno-primavera.

 

A Sanremo, come 26 anni dopo accadrà al PD renziano esattamente il 4 marzo 2018, anche allora nelle politiche del 1992 c’era stato il crollo della “Casa Madre”, la DC, passata dal 39,7 % al 23,7 % mentre la Lega aveva esordito con un trionfo, 6695 voti corrispondenti al 16,3% dei consensi, il doppio del potente PCI che dal 17,4 era sceso all'8,7% a causa della scissione dei rifondaroli e del gruppo “Nuova Società” di Ivaldi e Cassini.

 

Su Sanremo piovevano rane, perché il Comune e il Casinò erano commissariati e come non bastasse era cambiata la legge elettorale, col sindaco scelto direttamente dai suoi concittadini, su due piedi oppure al ballottaggio, il Consiglio sceso da 40 a 30 membri e dulcis in fundo voto disgiunto e preferenza unica.

 

Sanremo infine non poteva farsi mancare la Toga Rossa che scimmiotta Di Pietro con il solito codazzo di sicofanti e in questo clima avvelenato e torbido i pochi notabili DC risparmiati dalle purghe staliniane entravano in clandestinità, abbandonati dai loro inservienti e famigli che scappavano con l’argenteria sotto forma di entrature, tabulati e crediti di riconoscenza dei loro padroni.

 

Chi non ha respirato quel clima oggi non riesce a spiegarsi tante “resistibili ascese”, (uso l’espressione di Brecht in un dramma dove, curiosamente, il gangster Giri rappresenta Hermann Göring) e soprattutto non si spiega gli endorsement a favore del binomio Smilzo-Sciaboletta

 

Nella tempesta nel ’93 erano state calate in mare dieci scialuppe di salvataggio, “civiche” e di Partito, e i loro equipaggi politicamente multietnici e cangianti alzavano le insegne di sette candidati sindaci.

 

Ero prossimo quell’anno alla sessantina trascorsa attraversando tutte le generazioni DC dal dopoguerra fino ad allora, un momento che vedeva con Martinazzoli la fine del Partito ed a ferirmi l’anima è stato essenzialmente il “modo” della diaspora che ne è seguita

 

Un “modo” spregiudicato e cinico, dettato dalla necessità di sopravvivere in un ambiente dove di politico non era rimasto più nulla, intendendo per “politico” un qualsiasi valore in cui credere, fosse anche il peggiore dei valori possibili.

 

Un po’ come adesso, sotto schiaffo del “Partito che a Sanremo non c’è”, il Giano bifronte Lega-M5S che qui alle politiche del 4 marzo scorso ha riscosso consensi in numero di 14.225 pari alla metà di tutti i voti validi.

 

E con il PD e la sinistra che hanno messo insieme 5.007 miseri voti, minimo storico assoluto e che ha bruciato i vascelli sui quali si erano imbarcati nel 2014 i naufraghi del centro-destra dispersi e recuperati dal Rottamatore fiorentino.

 

Oggi a Sanremo le scialuppe di questi nemici della Politica con la P maiuscola e di questi bestemmiatori dei valori qualunque essi siano, anche i peggiori, si aggrappano al grido di “Si salvi chi può!” a una nave che affonda, quella dello Smilzo che inutilmente un anno fa si era liberato della zavorra di Faraldi e della Cassini nella speranza di restare a galla con tutti gli altri topi rossi a bordo.

 

Chi sono?

 

Beh! I topi rossi li vedremo in trappola a maggio 2019.

 

Per il resto è sufficiente farne l’identikit: mezze calzette miracolate e rammendate da Sciaboletta, bisognosi colpiti da improvviso benessere, anonimi professionisti in difficoltà salvati da ONLUS caritatevoli e pelose, “figli di” padri senza memoria e tutta una manovalanza che a Imperia in via Argine Sinistro e a Sanremo in piazza Bresca era aggrappata alle mammelle di una DC materna e misericordiosa e che ogni tanto si staccava, ma soltanto per svuotare i nostri posacenere.