LE VITE PARALLELE.

 

Plutarco ci ha raccontato quarantaquattro vite di eroi, io nel mio piccolo mi accontenterò di due, quella di “Giulio che disfa” (vulgo: Giulio Ghersi) e quella di “Piero che fa” (vulgo: Piero Pastorelli), due eroi del nostro tempo.

 

“GIULIO CHE DISFA”.

 

Epifania 2009, sono trascorsi quasi dieci anni da allora: il consigliere comunale Alberto Biancheri (di seguito, per brevità: “lo Smilzo”) e i suoi compagni del Partito Democratico nell’atrio di Palazzo Bellevue, scalmanati, a inveire sotto gli occhi dei media e dei cittadini: “Zoccarato Pinocchio, solo carbone!".

 

Daniela Cassini a lamentarsi: “Nell’ultimo Consiglio abbiamo presentato un ordine del giorno sulla delocalizzazione della ditta Ghersi, affinchè avvenisse prima del cambio di destinazione d’uso, per garantire i posti di lavoro.”

 

Per chi non lo sapesse la Pasionaria alludeva a lui, a “Giulio che disfa”, il titolare della Ditta.

 

Solo pochi mesi prima “Giulio che disfa” era stato toccato con la bacchetta magica dal Mago Zoc (vulgo: Maurizio Zoccarato): “Avrà l’Assessorato allo sviluppo economico. Dovrà occuparsi di arredo urbano, di commercio e di sviluppo tecnologico. A Sanremo il terziario la fa da padrone e dovrà parlare spesso con l’Assessore alla Promozione Turistica. Dobbiamo cambiare gli orari dei negozi ed altre cose, come i camion della rumenta in via Matteotti alle 19. Dovremo fare meno multe a chi lascia la macchina 30 secondi per comprare una camicia e far correre via chi vende la merce contraffatta”.

 

Da quello storico giorno e nei cinque anni successivi “Giulio che disfa” avrebbe dovuto occuparsi full time non solo di piastrelle rotte, della rumenta davanti ai negozi in via Matteotti e di retate di vù cumprà ma soprattutto di commercio.

 

Invece, oplà! dopo un solo annetto, ad agosto del 2010, “Giulio che disfa” mollerà tutto per entrare nel Consiglio di Amministrazione del Casinò.

 

E la Ditta con una ventina di dipendenti a tempo indeterminato che fine avrebbe fatto? i giornalisti lo avevano chiesto al Mago Zoc all’Epifania 2009 e lui: “Semplice, decollerà in valle Armea, armi e bagagli”.

 

L’aeroporto di atterraggio avrà come coordinate urbanistico-catastali: “Zona D1-7” e “Foglio 48, mappali 212, 213, 214, 215, 216 e 217, 731-735 per una superficie complessiva di 6380 metri quadrati”, tutta roba di “Piero che fa”.

 

Mago Zoc, lo sappiamo, ha sempre avuto il difetto di pavoneggiarsi con le piume degli altri, e anche questa volta le piume non erano le sue ma di chi lo aveva preceduto, sindaco Borea e assessore all’urbanistica Gorlero (PD), che il 22 ottobre di tre anni prima avevano preso amorevolmente in mano e istruito il progetto presentato dall’architetto e ingegnere Fabrizio Mangini.

 

Poi in “zona Cesarini” S.E. il Prefetto Calandrella, subentrato a Borea il 10 novembre 2008, ha coperto la pentola con un “atto dovuto”, la delibera commissariale n. 210 del 19 maggio 2009.

 

Ma, oplà! solo un paio di mesi dopo, il 15 luglio, contro la delibera prefettizia i compagni Gorlero, Robaldo e Faraldi (PD), approdati con lo Smilzo sui banchi dell’opposizione sparavano una bordata a palle incatenate che rientrava nel ciclo della Natura (“Io ti ho fatto e io ti disfo!”) e al tempo stesso salvava le loro anime.

 

Il terzetto infatti giurava di essersi accorto solo allora dell’inghippo che stava passando a loro insaputa (della serie “Se passa è buona!”), ossia che l’intervento proposto da “Giulio che disfa” eccedeva i limiti della variante di interesse locale e così la Regione, allertata dall’ingegner Viani e dal CTU della Provincia, il 31 luglio 2009 rivendicava la propria competenza ad approvarla.

 

Come la Pasionaria ricordava, il 22 dicembre 2009 in Consiglio comunale convocato allo scopo di controdedurre all’osservazione PD voleranno gli stracci ma il suo ordine del giorno sarà respinto e la variante “Ghersi” al PRG sarà approvata con delibera n. 54.

 

Il giorno successivo, ricordo, i commenti si sprecavano, tutti d’accordo nel concludere che lo Smilzo, d’intesa con “Giulio che disfa”, aveva messo in scena una commedia napoletana della serie “Cunvegno 'e volpe, ramaggio 'e galline alle spalle della Cassini e di Faraldi nella parte delle galline.

 

La conferma la si ebbe dopo un paio di mesi quando il 9 febbraio 2010 il “compagno” Ruggeri (PD), assessore regionale, farà approvare dalla Giunta Regionale Burlando la “Variante ex art. 6 L.R. 30/92 per rilocalizzazione attività produttiva in zona D1-7 e recupero dell’attuale sede in zona Bc7” proposta da “Giulio che disfa” su terreni di “Piero che fa”.

 

L’anno successivo, nel dicembre 2010, quando si tratterà di accogliere in Consiglio comunale le prescrizioni della Regione sulla variante “Ghersi” in valle Armea nessuno intendeva far la parte della gallina al convegno delle volpi e così il sospetto di un inciucio sotto la Lanterna ha provocato una epidemia di mal di pancia nella maggioranza e, tra gli altri, ne sono stati colpiti Paolo Leuzzi, che era anche assessore provinciale, e poi Mauro Menozzi, Giuseppe Sbezzo Malfei, Mario Ballestra, Maria Luisa Gugliotta, Enrico Trucco e Giacomo Balestra.

 

Comunque sia, grazie a massicce dosi di buscopan il fuggi-fuggi sarà tamponato e la pratica sarà approvata da una assemblea a scartamento ridotto perché riunita in seconda convocazione il numero legale scendeva a dieci consiglieri.

 

Queste le parole con le quali il giorno dopo “Giulio che disfa” ringraziava dal Casinò: “Non posso tuttavia nascondere oggi di essere più sereno per il futuro dell’azienda e dei miei preziosi 13 dipendenti che mi sono stati vicini fino ad oggi soffrendo con me per tutte le difficoltà che il comparto floricolo sta patendo, e per questo li ringrazio pubblicamente".

 

Passa neppure un anno e, oplà! “Giulio che disfa” nel novembre 2011 straccia tutto, ritira la pratica dal Consiglio comunale dove si doveva accogliere la sua proposta di effettuare in parallelo e non una dietro l’altra la costruzione in via Armea 43 sulle proprietà di “Piero che fa” prima della demolizione/ricostruzione in corso Mazzini 415, la Ditta “Ghersi” sparisce e lui ricicla il progetto Mangini come “Piano Casa” per dribblare le quote ERP di 7 appartamenti da regalare al Comune e per annullare l’impegno di regalargli anche un terreno bord-de-mer di 536 metri quadrati lungo la pista ciclabile e di provvedere alla “messa in sicurezza del molo di ponente del porto vecchio”.

 

Per 36 appartamenti di lusso se la cava con 1 milione e 400 euro di oneri di urbanizzazione da pagare in 2 anni in comode rate e con soli 989.324 euro di monetizzazione degli standard di legge che per mancanza di spazio non sarebbe in grado di fornire.

 

I dipendenti -mandati avanti come 20/24 ostaggi quando nel 2009 la pratica era in modalità “delocalizzazione” in valle Armea - scenderanno a 13 e poi si fermeranno a 9 col passaggio della pratica alla modalità “Piano Casa” e saranno caporalescamente smaltiti e “incorporati” nella ditta “Cs Flowers Export” di Sandro Cepollina.

 

Poi il 23 agosto 2014 “Giulio che disfa” finirà di disfare e venderà baracca e burattini alla società Vistamar s.r.l. dei parenti dello Smilzo che, a insaputa del loro congiunto, demoliranno noctu clam la sede della Ditta in corso Mazzini n. 415 in fiduciosa attesa del Permesso di Costruire.

 

“PIERO CHE FA”.

 

Per Plutarco le vite non sono cronologicamente parallele, e anche per me la vita di “Piero che fa” inizia molto prima di quella di “Giulio che disfa”, un po’ come per la coppia Alessandro Magno e Giulio Cesare, tanto per capirci.

 

Bisogna risalire alla notte dei tempi con il sindaco Viale che il 24 agosto 1968 rilascia a Papà Augusto la Licenza edilizia n. 408 che permette a Pancotti di tirar su in valle Armea un grosso capannone floricolo che una quindicina di anni dopo, quando -lì di fronte a lui- io ero A.D. della S.p.A per la costruzione del nuovo Mercato dei Fiori, sarà abusivamente trasformato in supermercato.

 

Nel 1986, guarda caso, mi troverò sul tavolo in veste di Assessore all’Urbanistica la domanda di condono dell’abuso ma ahimè! non potevo accoglierla perché la zona D1-8 dove il Piano Regolatore aveva posizionato il capannone è industriale (zona D) e non commerciale e in base al DPGR n. 976 del 27 agosto 1984 (“Variante ex zona D1”) ammette soltanto edifici per lo stoccaggio e la commercializzazione ad uso dei grossisti di fiori.

 

Poi, oplà! il 17 ottobre 1989, esattamente un mese dopo la mia retrocessione a semplice consigliere comunale, “Piero che fa” deve aver fatto un salto a Lourdes perché otterrà miracolosamente la grazia da chi mi aveva sostituito su quella cadrega e così l’Ipersidis Pantamarket avrà le carte in regola, edilizie e commerciali.

 

Tutto questo fino a quando all’alba del nuovo millennio -racconta la leggenda-  il Genio della lampada con una mano busserà al suo uscio mentre nell’altra mano stringeva il parere pro veritate di un autorevole amministrativista genovese.

 

Il Genio era nientemeno che Lusetti, patron della CONAD, che gli chiedeva in cambio della felicità di volturargli le licenze di Grande Struttura di Vendita del Pantamarket che ammuffivano in un cassetto per trasferirle a Taggia nella antica fornace Bianchi dove nel 2005, grazie alla superficie netta di vendita autorizzata, sboccerà “Riviera Shopville” con la benedizione apostolica della staffetta di sindaci Gilardino e Barla.

 

E sboccerà soprattutto con l’aiutino della Regione che sull’onda del “Decreto Bersani” del ’98 aveva diramato gli “Indirizzi e criteri di programmazione commerciale e urbanistica del commercio al dettaglio” dove a pagina 648 al punto 5.3.3. Bacino Sanremese si legge:Considerato il sovradimensionamento dell’offerta nel Bacino, tale riequilibrio dovrà essere preferibilmente conseguito con il trasferimento da Sanremo a Taggia di una grande struttura di vendita.”

 

Apperò!

 

In quegli stessi anni faceva capolino al davanzale comunitario anche la “Direttiva Bolkestein” che, grazie alla leva della libera concorrenza usata come una clava, avrebbe dovuto rendere più dinamico, competitivo ed equilibrato il mercato interno (questa almeno era l’opinione di Prodi) e “Piero che fa” non poteva farsi scappare un’occasione d’oro adesso che il suo capannone era rimasto desolatamente vuoto e sui terreni circostanti i roveti erano alti quattro metri.

 

E’ a questo punto che le vite parallele dei miei due eroi convergono, come Moro insegnava, e infatti, lo ricordavo prima, nel maggio 2009 S.E. il Prefetto Calandrella aveva approvato  a queste condizioni la “variante Ghersi” depositata nel 2007 da “Giulio che disfa” sui terreni di “Piero che fa” con queste parole : “La società G. Ghersi & C. risulta una delle principali aziende del settore floricolo sanremese; occupa attualmente circa 20 dipendenti e prevede, a seguito della rilocalizzazione dell’azienda che consentirà una migliore razionalizzazione del ciclo produttivo, così come meglio specificato nella relazione illustrativa allegata al progetto (rif. Tav. 0a2) l’aumento di ulteriori 4 unità di personale.

 

La nuova sede prevista in Valle Armea, avente accesso da una strada attualmente privata che si diparte per un breve tratto dalla via Armea, è costituita da un fabbricato a due piani fuori terra, con accessi separati, di cui il piano terra destinato alla lavorazione e stoccaggio dei prodotti e il piano primo destinato a magazzino, tale piano è previsto finito al rustico e rimarrà di proprietà dell’attuale proprietario dei terreni sig. Pastorelli Piero, pertanto non destinato all’attività dell’azienda GHERSI. Vi è inoltre un corpo adibito ad uffici e servizi connessi ai locali produttivi disposto su tre piani fuori terra.

 

     Nel complesso il nuovo edificio determina un volume pari a 18.577 mc (indice fondiario pari a 2,91 mc/mq), una superficie lorda agibile di 3.890 mq ed una superficie coperta di 2.940 mq (rapporto di copertura pari a 0,46 mq/mq)”.

 

Quello invece che la Storia non ci dice e che forse non sapremo mai con assoluta certezza è quale delle due vite parallele abbia condizionato l’altra, ma tutto lascia intendere che sia stato “Piero che fa” a convincere “Giulio che disfa” a imboccare la strada del “Piano Casa” in corso Mazzini n. 415.

 

Una decisione che di colpo cambierà anche il business e la pelle di “Piero che fa”, da esportatore floricolo trasformato in affarista immobiliare dotato di enorme culo, perché se non hai quello a Sanremo e dintorni non fai fortuna e non vai da nessuna parte.

 

Per esempio, lui sommando i 18.270 metri cubi del capannone vuoto ai 18.577 metri cubi della “Variante Ghersi” si è trovato in mano la bellezza di 36.847 metri cubi che il Genio della lampada valorizzerà con miracolose autorizzazioni commerciali volando sulle ali della direttiva n. 2006/123 /CE (“Direttiva Bolkestein”), delle due successive leggi regionali n. 1/2007 e n. 23/2011  che l’hanno attuata in Liguria e della “Nuova programmazione commerciale ed urbanistica in materia di commercio al dettaglio in sede fissa dopo liberalizzazioni” approvata dal Consiglio regionale il 17 dicembre 2012 con delibera n. 31.

 

Così, a farla breve, il 23 novembre 2011, quando la sedia di Assessore al commercio lasciata vuota da “Giulio che disfa” era ancora calda e il Mago Zoc l’aveva conservata  per sé e ogni tanto la usava, “Piero che fa” busserà al suo uscio a chiedere la fotocopia della precedente licenza che, come sappiamo, era finita in mano a Lusetti per far sbocciare il CONAD Leclerc a Taggia.

 

Della serie “Se non è culo quello!”, nulla è impossibile al Genio della lampada e a Mago Zoc e anche questa volta, oplà! esattamente il 17 luglio 2012, ci sarà un nuovo incantesimo e “Piero che fa” riuscirà a riempire il capannone vuoto con nuovi e fiammanti 4.864 metri quadrati di superficie netta di vendita autorizzati raschiandoli sul fondo del barile dei rimanenti 5.453 ancora disponibili nell’Area Territoriale Ventimigliese-Sanremese.

 

Però era la bellezza del rospo, tutto sulla carta, mentre in valle Armea i roveti crescevano sempre più alti e il baraccone chiuso da 15 anni cadeva a pezzi; senza una principessa che lo baciasse “Piero che fa” non avrebbe mai potuto trasformarsi in un Principe Azzurro e vivere con lei felice e contento, come nelle fiabe.

 

E della serie “Di culo ne abbiamo?”, oplà! ecco che a baciare il rospo arriva da Scandicci il 4 dicembre 2013 una misteriosa principessa, si chiama “Immobiliare Armea” e in dote gli porta un bel po’ di milioncini.

 

Per conquistare il suo cuore, con portafoglio annesso, il rospo un mesetto prima, esattamente il 7 novembre 2013, si era affrettato a pubblicare sul Registro delle Imprese una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) farlocca della quale nei 60 giorni successivi il Mago Zoc avrebbe dovuto accertare, dice la legge, “la veridicità il possesso dei requisiti dichiarati” da una Azienda ancora oggi inesistente e inattiva da vent’anni,  come è universalmente noto (tranne che agli Organi di vigilanza e controllo, ovviamente!).

 

Cioè, per capirci, accertare il possesso dei requisiti soggettivi morali e professionali, e soprattutto di quelli oggettivi, che riguardano la conformità urbanistica, edilizia, igienico-sanitaria, ambientale eccetera, eccetera dei locali e delle attrezzature aziendali, con tanto di elaborati tecnici e planimetrici asseverati sotto comminatoria di denuncia per falso.

 

Senza aspettare che scadesse il 60° giorno per non fare la fine del Principe Azzurro della fiaba di Cenerentola allo scoccare della mezzanotte, “Piero che fa” in veste di rospo il 4 dicembre 2013 si è fatto baciare davanti al Notaio dalla misteriosa principessa in un matrimonio civile ma canonicamente soltanto “ratum sed non consummatum”.

 

La solenne “consummatio coram populo” avrà luogo soltanto il 17 settembre 2015 nella sala del Consiglio Comunale e a dichiararla non sarà più Mago Zoc ma lo Smilzo al quale a giugno dell’anno prima aveva trasferito il sottopancia tricolore.

 

PLUTARCO ADDIO!

 

Si spegne a questo punto della storia la mia ispirazione agli eroi del mondo classico raccontati dallo storico e biografo greco e si accende l’ispirazione a un eroe della mitologia leggendaria, popolare e anonima, a quel Re Mida che trasformava in oro tutto ciò che toccava.

 

Però mentre “Giulio che disfa” e “Piero che fa” hanno un riferimento preciso, una dimensione fisica corporea, un nome e un cognome, una identità anagrafica e perfino una partita IVA, questa misteriosa Principessa subentrata a loro nella mia storia la si ritrova, è vero, nelle visure camerali, ma unicamente di giorno, alla luce del sole.

 

E poi neppure tanto, perché tutte le volte che tento di capirci qualcosa su di lei e sul suo oscuro passato mi sento un po’ come Diogene Laerzio che chiedeva ad Alessandro di non fargli ombra.

 

Ma è soprattutto nel buio della notte fonda che osservando l’Immobiliare Armea, mi viene da cantare con Adamo: “Tu mi appari immensa, invano tento di afferrarti, ma ti diverti a tormentarmi, la notte tu mi fai impazzir! Mi fai impazzir!”.

 

Impazzisco non tanto perché il testimone della sposa nella cerimonia del 17 settembre 2015 in Consiglio comunale adesso è finito agli arresti domiciliari, neppure perché -leggevo su Repubblica del 10 gennaio 2017-  lui, attraverso la moglie, era in affari con i coniugi Renzi, e neppure perché leggo che assieme a lui la Procura di Firenze indaga per false fatture e ricorso abusivo al credito anche il presidente della Immobiliare Armea, un socio nella precedente versione imperiese della società e l’appaltatore dei lavori ammesso al concordato preventivo dal Giudice fallimentare fiorentino.

 

No, di lei mi fa impazzire la “manina” inafferrabile, invisibile e onnipotente che con un tocco lieve riesce a rendere cieco chi dovrebbe vedere, sordo chi dovrebbe sentire e a bloccare chi dovrebbe muoversi.

 

Le cose sono tante, sono troppe per poterle ricordare tutte in questo momento, ma un florilegio può rappresentarle, tanto per darne l’idea.

 

Ad esempio, nella delibera del 2009 sulla “Variante Ghersi” a proposito della  la strada pubblica comunale che divide la zona D1-8 (dove c’era il capannone Pantamarket ora demolito) dalla zona D1-7 (dove la Variante si doveva realizzare) leggere che detta “strada attualmente privata si diparte per un breve tratto dalla via Armea”, sapendo inoltre che nella identica  zona, sull’altro lato della strada le speculari e confinanti Proprietà “Sanremo Pesca” e Devoto si sono viste bloccare i progetti di ristrutturazione per l’esistenza di una strada di PRG.

 

Ad esempio, nella Relazione Urbanistica Illustrativa dell’11 agosto 2015 che è lo spartito della Marcia Nuziale di Mendelssohn che il 17 settembre 2015 accompagnerà gli sposi in Consiglio comunale, leggere che “L’edificio in questione è dotato di Autorizzazione Commerciale n. 7459 rilasciata il 17 luglio 2012 per Grande Struttura di Vendita settore non alimentare per una superficie netta di vendita pari a 4864 mq.” quando, come lo yogurt, in base all’articolo 145 della L.R. n.1/2007 la sua data di scadenza era il 17 luglio 2014 e quindi era scaduta non ostante la pubblicazione farlocca del 7 novembre 2013 sul Registro delle Imprese della Camera di Commercio e la scenografia di un bugigattolo-fantasma, fotografato e subito chiuso.

 

Ad esempio, leggere nel medesimo documento che all’esito della Conferenza dei Servizi interna del 28 gennaio 2014 (indetta quando c’era ancora Mago Zoc) il servizio Patrimonio competente scriveva sulla cessione aree della Immobiliare Armea che “solo minima parte può qualificarsi di interesse pubblico, ossia la porzione che consente l’allargamento della Via Armea. Infatti il c.d. “verde pubblico”, i parcheggi e la restante “strada in cessionenon paiono avere valenza pubblica alcuna, bensì configurarsi come meri accessori a servizio dell’intervento proposto. Le porzioni stradali, ove non di esclusivo utilizzo dell’intervento, paiono destinati a garantire l’accesso a fondi privati. Per la futura ed eventuale realizzazione di una nuova viabilità “confermata dal PRG del 2003” appare allo stato adeguato acquisire dal soggetto attuatore e/o aventi causa la disponibilità a cederla al Comune a semplice richiesta senza pretendere compensi a qualsiasi titolo, mentre acquisirla in oggi, stante l’imponderabilità del se e quando della realizzazione esporrebbe senz’altro: 1) ad oneri ingiustificati per il mantenimento della viabilità sin qui di mero servizio alla struttura; 2) ad occupazione ed eventualmente usucapione per la porzione posta a monte della struttura medesima”.  

 

Ad esempio, leggere nel Decreto 10 gennaio 2017 n. 56 del Dirigente del settore regionale del territorio che Immobiliare Armea ha presentato in Comune a Sanremo la “D.I.A. 1155/2014 PG n. 75790 del 11/12/2014 per lavori di ristrutturazione edilizia” del capannone “già titolare di autorizzazione commerciale come grande struttura di vendita e che il Comune ne ha preso atto con “nota di riscontro del Settore Territorio comunale in data 04/05/2015 PG n. 26113” e che vi è stata poi la “comunicazione inizio lavori con PG n. 31547 del 28/05/2016” quando prendo in mano il Secolo XIX del  30 maggio 2015 e leggo che i lavori sono partiti col versamento di 612.000 euro di oneri e l’anno dopo il 9 luglio 2016 me ne darà conferma un servizio fotografico dello stesso quotidiano che mostra gli edifici attuali sono già finiti di costruire dopo la demolizione e lo sbancamento del fronte collinare per una decina di metri di altezza: il tutto sarebbe stato effettuato in 42 giorni!

 

Potrei andare avanti con esempi del genere, a decine e decine, ma ci siamo capiti.

 

MORALE DELLA FAVOLA

 

Aveva ragione mio Padre che davanti a storie come questa amava commentare: “Figlio mio, per i fessi non c’è Paradiso!”.