Tra ferie, permessi sindacali e recupero di straordinari, notturni e festivi assenti in busta paga è da più di un mese che trascuro il sito internet e c'è gente che incontrandomi per strada me ne fa una colpa.

 

Come quando da ragazzino marinavo la scuola questa è la giustificazione ufficiale della mia assenza, da annotare sul diario di “miacatemiu.it”.

 

In realtà avevo bisogno di resettare le esperienze di una vita e di distillarle nell’alambicco del Digital Storytelling, l’arte comunicativa di narrare e affabulare sul web però praticata nel mio piccolo in modalità didascalica “miniature” su temi autobiografici e di cronaca amministrativa e politica strapaesana.

 

Al netto della premessa, ogni capitolo dell’antologia in futuro avrà, possibilmente, “l’espace d’un tweet”, 280 caratteri o suoi multipli.

 

Comunque lo stretto necessario, senza troppi commenti: i fatti si commentano da soli.

 

Questa volta però nel raccontare la storia sanremese del suo ciclo integrato, l’acqua pubblica rompe gli argini dei bit e straripa.

 

Me ne scuso in anticipo.

 

 

Medioevo post-moderno

 

Tormentone estivo 2019, la gestione tecnica e finanziaria della rete fognaria cittadina ha appassionato tutti a causa delle rotture e degli sversamenti in mare dei liquami e della copertura delle relative spese di riparazione spettanti a Rivieracqua e non al Comune.

 

Materia poco suggestiva, lontana dall’aneddotica sui social, negli apericena e nelle grigliate, è stata ben presto rimossa dagli uni e abbandonata dagli altri, soprattutto a causa dell’alone di mistero che la avvolge da sempre.

 

Col ciclo integrato dell’acqua Sanremo ha impiegato un secolo ad uscire dal Medioevo idrico, i 100 anni tra la fine Ottocento e la fine Novecento, ha vissuto quindi il successivo decennio breve dell’Età Moderna finché l’Età Contemporanea nel ventennio successivo l’ha accolta all’inizio del terzo Millennio ed è infine piombata nel Medioevo post-moderno di oggi.

 

 

Medioevo idrico

 

Agli albori l’acqua era un bene prezioso sia in versione potabile e sia in quella fognaria.

 

Nella prima versione l’acqua per i singoli era pesata dalle lenti idrometriche sul selciato e custodita nelle vasche in campagna e sui tetti in città, al popolo era servita nelle fontanelle pubbliche e nei lavatoi e prelevata dagli agricoltori con una rete capillare di beodi irrigui e che muovevano mulini e frantoi.

 

Nella seconda versione la fogna, priva di sostanze chimiche, come depuratori usava le botti e gli “stagnoni” e in campagna i fanghi diventavano concime organico mentre in città li comprava la casata dei “Mangiamerda” che doveva l’etimo al fatto di assaggiarli per misurarne la maturazione quando col carro o a dorso di mulo li prelevavano nelle abitazioni.

 

Cento anni per passare dall’acqua dei torrenti cittadini a quella dell’acquedotto Marsaglia proveniente dalle sorgenti di Monte Ceppo e dal torrente Oxentina mentre nello stesso arco di tempo la fogna con i detersivi, i fitofarmaci, gli idrocarburi e derivati passava da bene prezioso a strumento di morte per uomini, animali, vegetali e corpi idrici nei quali fino alla Legge “Merli” del 1976 i liquami confluivano con le sole cautele prescritte da una legge sulla pesca del 1965.

 

 

Età Moderna

 

L’acquedotto sottomarino del Roya, progettato dallo Studio Galli di Padova e realizzato da Sanremo a sue spese nei primi Anni Settanta, ha aperto solo una delle due porte sull’Età Moderna risolvendo la crisi idrica dovuta all’insufficienza dell’acquedotto Marsaglia ma ha lasciato chiusa ancora per altri quindici anni la seconda porta, quella della crisi fognaria.

 

A rigore, bisogna dire che Sanremo nella inadeguatezza indistintamente di tutti i Comuni liguri era quella che se la passava meglio, grazie alla passione di funzionari come Puppo e Gavagnin e all’impegno di intere generazioni davvero fortunate di dipendenti comunali.

 

La rete dei collettori comunali spalmata sul territorio e cresciuta in misura esponenziale col succedersi ininterrotto di boom edilizi recapitava le acque nere, ormai avvelenate, lungo sei direttrici che finivano in mare dopo aver subito un trattamento primario di grigliatura e sabbiatura in altrettante stazioni di sollevamento e rispettava il famoso limite dei 100 colibatteri grazie a microdiffusori allo sbocco in mare.

 

La Legge “Merli” con acronimi simili a pernacchie, P.R.R.A. e P.A.R.F. a significare “Piano Regionale Risanamento Acque” e “Programmi Attuazione Rete Fognaria”, aveva aperto uno spiraglio di quella porta dal quale era passata una storia dimenticata, autentico apologo di schizofrenia politico-amministrativa.

 

 

 “Digital Storytelling”

 

Come funamboli alla ricerca di un punto di equilibrio Sanremo col suo P.A.R.F. approvato il 20 marzo 1980 (delibera di Giunta n. 1818) e Regione col suo P.R.R.A. approvato il 28 luglio 1982 (delibera n. 50) erano d’accordo a rendere trasversale il flusso verticale dei sei collettori esistenti e a farli confluire in un collettore unico nel quale la fogna scorreva come su una fune parallelamente al litorale fino a raggiungere il depuratore prossimo venturo e non riversarsi più in mare.

 

Però Sanremo e Regione erano in disaccordo su dove costruire il depuratore, la Regione, con un evidente sintomo di schizofrenia, era addirittura in disaccordo con sé stessa.

 

Per il P.A.R.F. di Sanremo, infatti, la zona era a levante, cioè a Capo Verde e lo sarà anche per il P.R.R.A. della Regione, la stessa Regione che però solo due mesi dopo, il 27 maggio 1980, approvava il P.R.G. dove invece il depuratore era previsto nella zona opposta di ponente, cioè al di sotto dell’Aurelia (F2 inferiore) tra il Tiro a volo e Capo Pino.

 

A rigore bisogna dire che in un passaggio ancora precedente la Regione nel P.R.G. ancora in fieri lo prevedeva sempre a ponente ma al di sopra dell’Aurelia (F2 superiore) a Villa Elios nei pressi della proprietà Ricci, parlamentare genovese P.C.I. e terzo storico presidente nazionale A.N.P.I. dopo Boldrini e Casali e le malelingue attribuivano a questo fatto lo spostamento da parte del progettista Moras del P.C.I. savonese e approvata dal presidente della Giunta regionale Carossino anche lui del P.C.I. savonese.

 

Questo negli atti e in tribuna mentre sul campo il servizio tecnico comunale guidato dall’ingegnere Bellosta mandava avanti i lavori che progressivamente attuavano il P.A.R.F. progettato dallo stesso Studio Galli di Padova che aveva realizzato l’acquedotto del Roya e che già col primo stralcio di 7 miliardi interamente finanziato dalla Cassa Depositi e Prestiti con i fondi della Legge “Merli bis” del 1979 eliminava le tre stazioni di sversamento a mare dei liquami situate in località “Giardini Vittorio Veneto”, “San Martino” e “Tre Ponti” posizionando il recettore orizzontale in direzione Capo Verde, in attesa col secondo stralcio di poter fare altrettanto con le tre stazioni di ponente che provvisoriamente affluivano alla stazione di raccolta e sollevamento in sponda sinistra del rio Foce al di sotto della linea ferroviaria.

 

A questo punto la schizofrenia politico-amministrativa è sfociata in psico-dramma dove il teatro delle operazioni belliche era giudiziario penale e amministrativo con lo scandalo a ponente della maxi lottizzazione C1 di Villa Elios e a levante degli “Espropri d’oro”, scatenati entrambi dal Gruppo consiliare P.C.I. di Sanremo.

 

Ma era anche uno psico-dramma amministrativo per la nevrosi provocata dai tempi ristrettissimi per bandire l’appalto-concorso del primo lotto del depuratore, che provvisoriamente era stato dimensionato su 65.000 abitanti, e questo per non perdere il finanziamento di 15 miliardi del C.I.P.E. delibera 6 febbraio 1986 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 26 marzo successivo.

 

Appalto-concorso surreale nel quale le Imprese erano chiamate a presentare le loro offerte come asini di Buridano perché il bando non indicava dove il depuratore doveva essere costruito, se a Capo Verde oppure a Capo Pino, tenuto conto che in entrambi i casi dell’imminente scadenza del termine quinquennale del vincolo a servizi delle aree private da espropriare e mentre l’intera rete fognaria in fase di riposizionamento tecnico era entrata in pesante sofferenza.

 

Si deve alla professionalità degli ingegneri Bellosta, Galli Enzo e Luciano e alla formidabile capacità del dottor Ricagno dell’AMAIE e dello staff addetto la realizzazione dell’opera e il suo collegamento con la rete fognaria.

 

L’apologo come i salmi finirà in gloria perché anche la seconda porta, quella della fogna, si spalancherà e Sanremo potrà entrare a testa alta nell’Età Contemporanea, quella della Seconda Repubblica  

 

Età Contemporanea

 

Guernica” di Picasso simboleggia perfettamente il segmento dell’Età Contemporanea nella parabola storica del ciclo integrato dell’acqua, che a Sanremo ha percorso una traiettoria circolare partita da un Medioevo e finita in un altro.

 

Un’Era devastata dalle bombe della Guerriglia referendaria di cui il quadro cubista immortala i frutti amari e avvelenati del braccio di ferro sull’acqua pubblica che all’indomani del risultato del voto popolare del 12 e 13 giugno 2011 sarà cinicamente deciso nei vari C.d.A. dai gestori pubblici e privati dell’Ambito idrico imperiese estromessi dal business e dalle poltrone e che a Sanremo si tradurrà in un conflitto sordo e sotterraneo che spaccherà in due l’ultimo ventennio.

 

Nel primo decennio dell’Età Contemporanea a Sanremo erano presenti le condizioni ideali per il consolidarsi di un ciclo idrico unitario e completo di cui AMAIE s.p.a., nella quale confluirà il Servizio comunale Fognatura, avrebbe potuto conservare la gestione tecnica sia degli impianti che dei servizi.

 

Questa possibilità esisteva fin da subito anche dopo la costituzione dell’A.T.O. (Ambito Territoriale Ottimale) Imperiese disposta dalla Regione l’8 luglio 1997 -delibera consiliare n. 43- e successivamente alla sua attivazione che risale al 10 agosto 2008.

 

Ma esisteva anche dopo (e non ostante) la costituzione di Rivieracqua avvenuta l’8 novembre 2012 e persino anche dopo il suo subentro oneroso nella proprietà del ramo idrico, peraltro non ancora avvenuto, ma reso obbligatorio per lei e per tutti indistintamente gli altri gestori pubblici e privati i quali erano ufficialmente “cessati ex lege” a decorrere dal 13 novembre 2012.

 

Subentro da effettuarsi entro il termine categorico e perentorio del triennio successivo, cioè entro il 18 novembre 2015, termine che sarà successivamente prorogato al 12 maggio 2016.

 

Le condizioni tecniche ideali erano state preparate a Sanremo fin dal 1980 al tempo della convenzione con le Ferrovie, che prenotava la cessione del sedime dismesso tra Ospedaletti e San Lorenzo al mare, perché in quello spazio vergine, sotterraneo, lineare, senza discontinuità, pianeggiante, libero da interferenze, incontaminato,  geologicamente solido e tangente al depuratore di Capo Verde avrebbero potuto trasferirsi sia l’acquedotto sottomarino del Roya, esposto a sollecitazioni e azioni elettrochimiche in mare e sia il collettore trasversale del sistema fognario cittadino, e questo senza impedire in superficie la realizzazione della pista ciclabile e neppure l’allestimento di uno spazio per il T.P.L. “di cristallo”.

 

Le condizioni amministrative erano ancora più ideali perché A.M.A.I.E. è proprietà comunale totalitaria con una tradizione economica e finanziaria storicamente consolidata, lungimirante, sana ed equilibrata e i proventi della vendita dell’acqua del Roya, un po’ come con quelli del Casinò, ponevano Sanremo in una posizione di centralità nelle strategie di coordinamento delle attività turistiche ed agricole dell’intero comprensorio e soprattutto in vista della transizione dolce al sistema sovracomunale dell’acqua pubblica post-referendaria.

 

Ma anche nel secondo decennio dell’Era Contemporanea Sanremo, imitando la Svizzera nei due conflitti mondiali, avrebbe potuto tenere una condotta davvero neutrale e chiamarsi fuori nella furibonda guerriglia che IREN s.p.a. -colosso rosso fuoco in mano al PD-  ha immediatamente scatenato contro Rivieracqua e contro la Provincia di Imperia in veste di Autorità d’Ambito.

 

E avrebbe potuto davvero farlo perché, in fondo, la nostra Città era autonoma e autosufficiente, ma non solo, perché in mano aveva sia il rubinetto del Roya e relativo prezzo di vendita e sia il 43 % delle azioni di Rivieracqua.

 

Ma IREN è rossa, lo sappiamo, e le sue armi sul campo di battaglia erano le pesanti partecipazioni azionarie in AIGA s.p.a. della Ventimiglia rossa di Ioculano e in AMAT s.p.a. dell’Imperia rossa di Capacci mentre nelle retrovie di AMAIE s.p.a. della Sanremo rossa di Biancheri provvedeva al vettovagliamento vendendo l’acqua del Roya sotto costo e in Amministrazione provinciale seminava chiodi sulla strada in salita di Rivieracqua.

 

 E’ così che, direttamente nei C. d. A. e indirettamente attraverso la compiacenza e la complicità dei tre Sindaci collaborazionisti, la rossa IREN s.p.a. ha fatto cadere bombe su tutto quello che si muoveva, delibere, tariffe, convenzioni e atti di governo con provenienza E.G.A., acronimo di Ente di Governo d’Ambito imperiese.

 

 

 

 

Medioevo Post-moderno

 

Il colabrodo al posto del leone rampante sullo stemma cittadino chiude il cerchio con un altro Medioevo, quello Post-moderno, in base alla legge dell’eterno ritorno di Nietzsche.

 

Come tutte le guerriglie anche questa del ciclo integrato dell’acqua pubblica a Sanremo lascia sul campo soltanto vinti e sconta danni incalcolabili.

 

Ma non soltanto, perché dopo aver rotto in passato e fino ad oggi tutte le tregue, al momento della resa con la cessione coattiva giudiziaria del ramo idrico AMAIE fissata per il prossimo 10 settembre 2019, data di convocazione del Consiglio comunale, la Sanremo rossa di Biancheri amante segreta di IREN s.p.a. non firma un vero e proprio trattato di pace ma un soltanto un armistizio, pronto con Scajola a collaborare con Argirò, nuovo acquisto nell’organigramma PD di IREN s.p.a., non appena la guerriglia si riaccenderà su nuovi teatri operativi e con altre armi.

 

In questo Medioevo Post-moderno il barbaro è I.R.E.N. s.p.a., è lei il Capitano Achab di Melville che abbandona una gamba in bocca a Rivieracqua, la balena agonizzante Moby Dick.

Cioè  abbandona il ramo idrico di A.I.G.A. s.p.a. e di A.M.A.T. di cui è azionista pesante e di A.M.A.I.E. a ciò costretta il 20 marzo 2019 dalla denuncia alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti e dal rischio di commissariamento regionale notificata alla Sanremo rossa di Biancheri che sarà sua collaborazionista ma non ha la tempra del kamikaze.

 

Così Achab con una gamba sola è pronto sulla tolda della baleniera a colpire a morte l’animale e l’arpione glielo fornirà Scajola, il sodale di Burlando, Paita, Argirò e Biancheri, ancora una volta in base alla legge dell’eterno ritorno di Nietzsche.

 

L’arpione?

 

E’ sempre il medesimo usato per la “Pascoli inagibile”, cioè “creare l’emergenza per vendere la soluzione”, rete idrica e fognaria colabrodo sono le due emergenze di Sanremo feudo e I.R.E.N. s.p.a. feudataria sotto lo scettro di Rivieracqua diventerà la soluzione.

 

Una soluzione che rende signore e padrone il feudatario privato del Re Pubblico il quale regna ma non governa, come succede in tutte le società miste dove il passaggio dal sistema di “golden share” a quello di “golden power” funziona sempre all’incontrario, cioè a beneficio del socio privato grazie alla distribuzione delle cariche e dei poteri sociali, alle tariffe gonfiate e ai dividendi generosi, senza mai trascurare lo shuttle dei patti parasociali in tema di affidamento diretto dei lavori e quant’altro.

 

Sanremesi  Benvenuti nel Medioevo Post-moderno!