A Genova sono parsimoniosi anche con i proverbi e dicono “o meize de çiòule o ven pe tûtti”, gli è caduto un ponte e loro non hanno versato lacrime nemmeno per il mesetto delle cipolle, si sono subito rimboccati le maniche e ne stanno tirando su uno nuovo con un cronoprogramma da cinesi.

 

Tutti a valle a gridare: “Esempio per l’Italia!” invece di ammettere a monte che per l’Italia di esemplare c’è soltanto una gran botta di culo, la miscela di un sindaco amerikano, una Archistar stratosferica indigena e il nodo di Gordio della logistica mediterranea da tagliare con la spada dell’emergenza, e soprattutto dimenticando che Paganini era genovese e non ripeteva.

 

La favola della formica governativa laboriosa e della cicala fiorentina chiacchierona che oggi giovedì 20 febbraio 2020 la poltiglia rossogialla mette in circolazione ha un unico esempio da citare, appunto il ponte Morandi, e colmo della sfiga! non può farlo perché in primavera in Liguria si vota, il presidente è di centrodestra e da quelle parti di nodi di Gordio ancora da sciogliere ne sono rimasti parecchi.

 

Uno preso a caso è proprio lì vicino, a Cornigliano, distante un paio di chilometri dal cantiere sul torrente Polcevera, ed è quello dell’Ilva: “Esempio per l’Italia!” del braccio di ferro tra formiche disinvolte e cicale diventate assassine in corso in Puglia, regione, guarda la combinazione! dove anche lì a primavera si vota.

 

La telenovela con i franco-indiani è arrivata alla penultima puntata, l’ultima sarà il 6 marzo a Milano in Tribunale e il riassunto delle puntate precedenti sta in una paginetta con abstract dei “momenti catartici” come li definirebbe il comico Flavio Oreglio.

 

L’azione si sviluppa a cannocchiale dentro cerchi concentrici, dall’Europa che detta le regole per aiutare le zone meno sviluppate ma mette paletti e alza Forche Caudine, all’Italia che nell’agosto 2017 approva con urgenza la legge attuativa per la crescita economica del Mezzogiorno  fino ad arrivare alla coppia Giancarlo Giorgetti e Barbara Lezzi, lui  Sottosegretario di Stato di colore verde e lei Ministra per il sud di colore giallo che il 6 giugno 2019 firmano il decreto che istituisce la ZES della Puglia ionica con dentro il cerchio di Taranto e l’ombelico dell’Ilva.

 

Il piano di sviluppo strategico era stato approvato in partenariato il15 marzo dalla Regione Basilicata e il 29 marzo dalla Regione Puglia e partiva da una analisi approfondita e dettagliata della situazione economica, del quadro infrastrutturale e del sistema di impresa, indicava le attività da promuovere e rafforzare nei cinque Poli pugliesi ionici, il primo dei quali quello di Taranto e calcolava l’impatto sociale e economico atteso grazie a semplificazioni, governance autonoma,  sburocratizzazione,  agevolazioni fiscali e finanziarie e altri incentivi.

 

Può colpire il fatto che le 264 pagine del Piano dedichino all’Ilva solo cinque righe per dire che da quando i franco-indiani avevano preso in mano gli impianti l’import-export di materiali e prodotti della siderurgia era cresciuto del 18 per cento.

 

Tutto, dunque, filava liscio come l’olio.

 

C’era un contratto di affitto e vendita stipulato il 28 giugno 2017, c’era un Accordo con sei allegati sottoscritto al Ministero dello Sviluppo Economico il 6 settembre 2018 tra il gestore franco-indiano e i Sindacati, c’era una Autorizzazione Integrata Ambientale e un Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria che Renzi aveva approvato il 14 marzo 2014 qualche settimana dopo il suo arrivo a Palazzo Chigi e dal 2015 a seguito della tragica morte di Alessandro Morricella nell’Altoforno AO2 c’era pure un Piano integrativo della Sicurezza e salute sui posti di lavoro affidato a un custode responsabile della Regione Puglia.

 

E soprattutto c’era uno Scudo Penale per mettere i Commissari Governativi e dopo di loro il privato subentrato nella gestione al riparo da ogni responsabilità nelle delicata fase di transizione verso un ciclo integrale completo da 6 milioni di tonnellate di acciaio che dovevano salire a 8 entro il 2024 ma assicurando  sicurezza e compatibilità assolute con l’ambiente, con la salute e con tutte le altre attività  che il Piano di sviluppo strategico ZES di Giorgetti-Lezzi prevedeva di promuovere e rafforzare nei cinque Poli pugliesi ionici, turismo, agricoltura, industria e commercio basati su portualità, infrastrutture e logistica.

 

Il riassunto delle puntate precedenti fino alla terz’ultima è questo.

 

La penultima puntata inizia al levar del sole il 5 settembre 2019 quando Barbara Lezzi di colore giallo si sveglia e scopre di non essere più Ministra per il sud perché nella notte Giuseppe Provenzano di colore rosso vivo le aveva fregato il posto e, colmo dei colmi, addirittura Giuseppi e “Zinga, l’homme qui rit” l’avevano cacciata dal Governo.

 

La penultima puntata finisce il 23 ottobre successivo con la Presidente del Senato che attesta che l’articolo 14 del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, ancora di colore giallo, recante disposizioni urgenti per la risoluzione di crisi aziendali in sede di conversione in legge, diventato di colore rosso, era stato soppresso.

 

In parole povere, Barbara Lezzi e altri 12 senatori di colore giallo avevano soppresso lo scudo fiscale.

 

L’ultima puntata, come si diceva, è in corso davanti a tre Tribunali giudiziari, civile di Milano, penale di Taranto e Consulta, e a tre Tribunali extragiudiziari, sindacato, abitanti di Taranto e elettori pugliesi.

 

Lo sfondo genovese del ponte Morandi sul Polcevera e degli stabilimenti Ilva di Cornigliano assomiglia a quello newyorchese del ponte sull’East River e lo sguardo da quel ponte nel dramma di Arthur Miller che con la regia di Luchino Visconti mostrava l’altra faccia del sogno americano di Manhattan, quella di Brooklyn Anni Cinquanta, misera e grigia dimora esclusiva di immigrati e di portuali.

 

In settant’anni gli sfondi cambiano ma drammi e passioni restano e con loro gli incubi.