La pandemia del nostro tempo è il virus del disagio, non c’è dubbio, per rendersene conto gli psicologi e sociologi non servono, per uscirne fuori i virologi dello Spallanzani e la quarantena alla Cecchignola neppure, non ci sono vaccini a prevenirlo e a prenderselo ci vuole niente, basta fare una capatina alla Leopolda.

 

Gli aggettivi che lo accompagnano sono infiniti e anche i sinonimi, primo fra tutti la paura.

 

Il disagio è come il pongo, modellabile nei vari colori dell’arcobaleno, e sul suo virus c’è chi ci campa e arricchisce e chi invece muore.

 

I manipolatori sono tanti e dovunque nel mondo, in Italia ne abbiamo a bizzeffe, e questa mattina venerdì 21 febbraio 2020 in poll position sulle prime pagine campeggia l’annuncio direttamente da Bruxelles che Giuseppi la prossima settimana incontrerà un portatore sano del ceppo virale “E.P.”, Esistenziale Politico.

 

Il portone di Palazzo Chigi è spalancato, la mascherina è d’obbligo e il tema da trattare è la cura del disagio rossogiallo nel quale il giallo scolora e cresce il numero delle sfumature di rosso.

 

Il virus non è malware informatico e non ha un genoma biologico ma, appunto, è politico e a scatenarlo è stato il disagio del fondatore di I.V., “Italia Viva” e dei suoi seguaci nel risvegliarsi con l’emicrania da un sogno poltronaro e ritrovarsi al 3 % nel recinto dei peones con “Zinga L’homme qui rit” al 20 % e seduto alla cassa.

 

Tra tutti i ceppi catalogati quello Esistenziale è finora l’unico immuno resistente, senza anticorpi e inguaribile, Giuseppi lo sa benissimo ma nel cassetto ha il placebo, utile per apparire ligio al giuramento del Quirinale.

 

Ormai il tampone conferma che la sindrome di E.P., nota anche come “Sindrome di Rodomonte”, è conclamata e che non ostante l’età ancora fertile ha raggiunto ormai lo stadio terminale dopo aver vissuto quello empirico a Palazzo Vecchio, quello metafisico al Nazareno, quello storico a Palazzo Chigi, adesso è al capolinea della Leopolda con la moviola che riporta indietro l’esperienza fatta e la plasma in un mito identitario e trascendentale.

 

Il placebo di Giuseppi ne asseconda l’immagine pubblica col picchetto d’onore ad accogliere il leader sotto soglia del 5 % mentre nella sostanza tra “bagasce” in modalità “pie dame” trascorreranno il tempo impegnati in quello che Pitigrilli chiamava “ufficio delle tenebre”.

 

 E, a proposito di bagasce, la cosa ricorda maledettamente Faber di “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers” e una strofa che piacerà a Matteo Salvini:

 

E’ mai possibile, porco d’un cane,

 

Che le avventure in codesto reame

 

Debban risolversi sempre con grandi puttane”.

 

Perché al mercato delle vacche a cinquemila lire cadauna certamente Giuseppi si sentirà rispondere come nella canzone: “Ben mi ricordo che pria di partire v'eran tariffe inferiori alle tremila lire”.

 

E calerà il sipario.