No alla DC

 

 

 

Nel Libro Quarto della sua “Metafisica” - che peraltro conosciamo soltanto “de relato” - Aristotele enuncia il principio di non contraddizione nei seguenti termini: “È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo.

Modestamente sostituirei la parola “impossibile” con la parola “assurdo” per riallacciarmi al ragionamento interrotto sul come e sul perché ci arrendiamo quotidianamente agli imbroglioni che negano questa lampante evidenza.

Infatti quello che duemila anni fa il filosofo greco considerava fuori dalla logica oggi è una realtà ingannevole che tuttavia si impone con la forza di tutto ciò che appare evidente, concreto e materiale, al punto da essere accettato da tutti noi.

E in questo, a mio avviso, consiste il male della politica, la nostra cronica collettiva “rassegnazione all’assurdo”.

Mi fermo a Sanremo alla ricerca di riscontri e conferme della diffusione del morbo e della sua presenza anche da queste parti.

Gli “slogan”, come sappiamo, sono oggigiorno quelle che ieri l’altro erano le “parole d’ordine”, i motti che il fascismo stampava sui muri con la firma di Mussolini e che l’antifascismo scrive su cartelli e striscioni e recita come giaculatorie nelle moderne processioni di massa che adesso si chiamano cortei di protesta.

Ultimamente uno degli ingredienti più diffusi negli slogan è lo “zero” usato prima o dopo le paroline “chilometro”, “cemento”, “alternativa”, “consumo del suolo”, “tasse”, “traffico” e “costo”, solo per citare quelle gettonate con maggior frequenza.

In questo caso l’assurda contraddizione all’interno dello slogan è tra lo zero e un numero a più cifre.

Come dire, ad esempio, che un determinato oggetto, che so? il cemento, il suolo e così via, possiede due attributi antitetici, appunto lo zero e un numero o un valore di gran lunga superiore ad esso.

Prendiamo “Cemento zero”.

Ne sento parlare e lo leggo sui giornali a proposito del famoso o famigerato P.U.C., una creatura mitologica acronimo di Piano Urbanistico Comunale che la politica locale insegue da 25 anni senza mai riuscire ad afferrarla.

Un po’ come il Sacro Graal, il P.U.C. in sostanza è il leggendario calice dell’ultima cena che ha salutato la fine del secondo sacco di Sanremo, il boom edilizio dei ruggenti Anni Settanta, un vaso nel quale adesso qualcuno, stando allo slogan “cemento zero”, vorrebbe riversarne altro dopo averlo trasformato di vino.

Intenzioni, dunque, da azzerare.

Per averne conferma vado a controllare cliccando sul link che il Comune ha indicato e dove penso di poter trovare il progetto di P.U.C.: “https:// drive.google.com/open? id=OB98XOIB/mbWkfmFjeHRJaTFIQnhoNVV eHZWejFpRzBYSIZTY3IEVINsLVVFZFhFQ1hxVnc”.

Alla faccia della trasparenza! Deve averlo scritto un mago della criptazione ermetica a prova di hackers, comunque alla fine ce la faccio ad aprirlo.

Così vengo a scoprire che in questo caso la contraddizione è tra lo zero dello slogan e il numero 956.000, quanti risultano i metri cubi di cemento che il P.U.C. immagina di dover riversare sul territorio per poter offrire a 5.918 nuovi abitanti, a 2.742 nuovi addetti e a 900 nuovi utenti una superficie agibile di 345.583 metri quadrati.

Possibile?

Ma c’è un altro zero che non mi convince, ed è quello della decrescita demografica, visto che dalle 57.071 unità registrate all’anagrafe nel 2011 siamo scesi alle 55.312 unità del 31 dicembre 2014.

La contraddizione è tra questo trend negativo e quello positivo del 7,29 per cento indicato nella slide.

Un dato, quest’ultimo, che immediatamente ictu oculi mi sembrerebbe sottodimensionato e la contraddizione ben maggiore.

Controllo e mi accorgo che gli abitanti presenti sarebbero una quantità iperbolica, nientemeno che 81.224 con una differenza di 25.912 unità rispetto ai dati anagrafici ufficiali ed è chiaro che se per assurdo fosse così il 7,29 % indicato dal P.U.C. ci potrebbe anche stare.

Ma quando correggo la fantasiosa base di partenza e la riporto alla realtà, che si aggira intorno alle 55 mila unità, ecco che la previsione di un incremento demografico di circa 6.000 abitanti teorici corrisponde a una percentuale quasi doppia rispetto a quella indicata, ipotesi assolutamente irrealizzabile tenuto conto, anche, dello scarto tra dati anagrafici e dati censiti e del modestissimo saldo migratorio.

Come quella ragazza che rivelava alla mamma di essere rimasta incinta “ma poco”, anche il P.U.C. tenta di addolcire la pillola di cemento e minimizza.

Lo fa usando argomenti ancora più contraddittori, come la dismissione di 50 ettari di serre e come l’inedito e impronunciabile neologismo della deimpermeabilizzazione di 42 ettari di suolo attualmente impermeabilizzato, per un totale di 92 ettari che verrebbero restituiti alla natura, all’ambiente e al paesaggio.

In realtà l’ipotesi è subordinata alle taumaturgiche “azioni virtuose” dei proprietari delle serre e del suolo cementificato in cambio di premi, che non sono cartacei, tipo Buoni del Tesoro o obbligazioni ma crediti volumetrici da spendere in cemento fresco grazie a un altro magico neologismo, quello della riallocazione.

Tutto dipende da lei, la riallocazione, perché molti edifici esistenti sono considerati vetusti e fatiscenti, oppure sono situati in un posto che l’ottica urbanistica, edilizia, ambientale o paesistica o igienico-sanitaria o antisismica ritiene sbagliato e quindi vanno virtuosamente demoliti e ricostruiti altrove con un premio da incassare non in Paradiso ma su questa terra e su un’area fabbricabile.

Area fabbricabile che il P.U.C. aeronautico chiama “di atterraggio” e che esiste soltanto nella sua immaginazione perché è nient’altro che la sommatoria fantasiosa e ipotetica di terreni con decine e decine di proprietari diversi che dovrebbero mettersi d’accordo a costruire edifici quando litigano tutti i giorni per cambiare la lampadina bruciata del pianerottolo.

E’ solo un esempio, ma eloquente perché il Piano Urbanistico Comunale è il pronostico della mia Città nei prossimi decenni e oggi i suoi amministratori li vedo rassegnati all’assurdo.

Nel conflitto tra ragione e fede, quando la politica era ideologia e “religione”, poteva trovare spazio il “Credo quia absurdum” di Tertulliano e di Kirkegaard, e penso al fascismo, alla DC, ma anche al marxismo e al liberalismo.

Ma adesso, nella confusione delle idee, dei programmi, dei traguardi, delle regole, l’unico punto fermo è “SI SALVI CHI PUO’”.