Si avvicinava la fine del 2019 e Giuseppi tesseva l’elogio del Governo rossogiallo dopo aver lasciato il timone di quello gialloverde grazie ad uno sbalorditivo esercizio di funambolismo che aveva colpito e riacceso la mia fantasia riportandola ai tempi del liceo classico “Cassini”, sullo stesso banco dove prima di me ha studiato il greco anche Italo Calvino.

Questo, mi ricorda oggi Facebook, lo hai scritto tu, caro Bruno, esattamente un anno fa il 29 dicembre 2019.

Ecco il mio post.

Accadde oggi: un anno fa, Bruno Giri sta leggendo “‎هكذا تكلم زرادشت - Also sprach Zarathustra: Ein Buch für Alle und Keinen‎.”

Chi ha detto che la politica è imbarbarita?

Accendo la tv e nell’areopago addobbato a festa per la tradizionale conferenza stampa di fine anno chi trovo?

Giuseppi lo Stagirita” intento a tessere l’elogio di “Licurgo Bonafede” per la saggezza della sua legge contro i cavilli dei causidici.

L’oratore passa quindi a lodare “Pericle Di Maio” che ha pacificato la Libia, e poi a fare il panegirico e a spargere miele e ambrosia su “Leonida Lamorgese” che ha dimezzato gli sbarchi alle Termopili di Lampedusa e infine a cingere d’alloro il capo di “Euclide Gualtieri” che ha tagliato le tasse.

Subito dopo lo “Stagirita” fa cadere manciate di incenso sul braciere in onore di “Pitagora Patuanelli” che ha salvato ILVA e ALITALIA e rilanciato gli investimenti e conclude la cerimonia con l’alalà di guerra contro “Epaminonda Salvini”, il tebano che insidia la democrazia, e col peana propiziatorio all’indirizzo di “Platone Mattarella” e un pizzico di cicuta nel bicchiere di “Socrate Mortadella”.               

A quel punto in me scatta in automatico il “Riflesso McLuhan”, un allerta-psico lanciato alla mente da recettori ultra sensibili lungo le giuste sinapsi per bloccare la sindrome psico-televisiva che ti sequestra dolcemente il cervello e te lo seda iniettandogli ormoni consolatori e tranquillizzanti.

Grazie al feedback riesco a recuperare l’equilibrio ed ecco apparirmi una immagine che emerge dall’abisso della memoria, il “Funambolo” di Paul Klee, “Der seiltänzer”.

E appendo idealmente l’acquerello nel salotto di un “Giuseppi il Funambolo”, un ometto che si sente superuomo e che mi ricorda le parole di Nietzsche sui funamboli. 

Ma Zarathustra guardò, meravigliando, il popolo. Poi disse: «L’uomo è una corda, tesa tra il bruto e il superuomo, una corda tesa su di una voragine. Pericoloso l’andar da una parte all’altra, pericoloso il trovarsi a mezza strada, pericoloso il guardar a sé, pericoloso il tremare, pericoloso l’arrestarsi.

Ciò che è grande nell’uomo, è l’essere egli un ponte e non già una meta: ciò che è da pregiare nell’uomo, è l’essere egli una transizione ed una distruzione.”

Mentre danzava sul cavo tv “Giuseppi il Funambolo” aveva avvertito che il suo rivale a Palazzo Chigi, Salvini, era insidioso per il modo in cui esercitava la leadership.

Vuol dire che quando cadrà al suolo e morente ammetterà di essere poco più di una bestia che ha imparato a danzare, si sentirà rispondere da “Salvini Zarathustra”: “No, tu hai fatto del pericolo il tuo mestiere e meriti che io ti seppellisca con le mie mani”.

 

Perché Zarathustra è un profeta e i profeti sanno perdonare.