L’agiografia laica ha un nuovo Santo patrono d’Italia, Draghi, e la cosa da un lato mi consola se penso a Giuseppi, ma dall’altro mi preoccupa se penso all’olocausto delle Banche popolari ad opera dei “nazi-banchieri” del “bail-in”.

La Popolare di Bari, la più grande Banca del sud Italia è la Aushwitz di questo genocidio infame che ha falcidiato i piccoli risparmiatori meridionali.

Ne scrivevo piangendo un anno fa e oggi Facebook me lo ricorda, proprio quando un Santo Banchiere sta entrando a Palazzo Chigi.

Ecco il mio amaro post.

“Accadde oggi, 10 febbraio 2020, un anno fa: Bruno Giri sta guardando “Rappresaglia” un film del 1956.

“Sabato scorso a Brescia all’Assemblea annuale degli operatori dei mercati finanziari nella partita tra Bankitalia e i “Soci Denigratori” della “Popolare di Bari”, Visco ha giocato in difesa nel ruolo simultaneo di accusato, di accusatore e di Giudice, dove però tutti e tre i personaggi che interpretava hanno sbagliato processo e parte lesa.

Nel suo soliloquio surreale da accusato si è scelto le accuse, da accusatore le ha innocuizzate e da Giudice si è assolto come se il presunto suo dolo di “connivenza” o la presunta sua colpa di “condiscendenza” a favore dei nove indagati per falso in bilancio dalla Procura di Bari fossero la coda decidua di quella inchiesta penale. 

Ma non è affatto così, Visco sembra il Commendatore, convitato di pietra del “Don Giovanni”, vittima del bail-in dello “sciupa banche” Renzi e seppellito dal ministro dell’economia Padoan nelle vesti del suo servo Pasquariello, perché il processo è un altro con altri accusati e soprattutto con altre parti lese tra le quali la stessa immagine di Bankitalia. 

Una frase di Visco al proposito è illuminante, eccola: “Come ho più volte sottolineato, con l'entrata in vigore della nuova cornice regolamentare europea, [leggi bail-in, n.d.r.] in assenza di investitori interessati ad acquisire il compendio aziendale [leggi bail-out, n.d.r.] l'unica strada praticabile in caso di crisi è quella della liquidazione "atomistica", con distruzione di valore e rischi di contagio”.

La crisi, però, non è esplosa all’improvviso sabato mattina ma appartiene ormai alla storia economica moderna, è un suo capitolo come la “Great depression” del 1929, la “Great Recession” del 2007 e i tanti altri inconvenienti strutturali del sistema.

Fino al 2013 l’olocausto dei piccoli risparmiatori delle banche popolari sarebbe stato un crimine politico ai danni della povera gente e per scongiurarlo gli Stati membri intervenivano con risorse proprie per riportare in equilibrio il valore dell’attivo e una misericordiosa Commissione europea concedeva di volta in volta una deroga al divieto degli aiuti di Stato motivandola con l’emergenza di una crisi economica straordinaria.

La stessa Corte di Giustizia del Lussemburgo sul caso delle cinque banche sottocapitalizzate della Slovenia aveva riconosciuto la piena legittimità di questo genere di pronto soccorso.

Un 118 “ad Statum” che è andato avanti finché a Bruxelles non è intervenuta una legge razziale, la Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, che ha omogeneizzato le situazioni nazionali di crisi che per loro natura, invece, hanno cause, dimensioni e caratteristiche differenti una dall’altra.

Si tratta di un tritacarne normativo che ha condensato la crisi bancaria che imperversava in Europa in 133 considerazioni sapienziali e ne ha spalmato la cura su 132 articoli ai quali gli Stati Membri entro il 31 dicembre 2014 dovevano conformare le proprie disposizioni legislative, regolamentari e amministrative interne.

La “nuova cornice regolamentare europea” alla quale si riferisce Visco è questa e il suo razzismo però, era flessibile, nella “liquidazione "atomistica", con distruzione di valore e rischi di contagio” apriva un ventaglio di terapie ma non imponeva affatto una soluzione finale indiscriminata e neppure decimazioni selettive ad esaurimento.

A ogni livello di rischio dell’investimento effettuato corrisponde uno scalino nella gerarchia delle vittime sacrificali, prima in linea generale vengono colpiti gli azionisti, poi gli obbligazionisti, poi i creditori con titoli subordinati e infine i correntisti con depositi di importo superiore a 100mila euro.

Ma senza il loro genocidio, anzi con possibilità di un temperamento dell’impatto sociale e di compensazioni e mitigazioni dettate da criteri di equità e di ragionevolezza che ogni Stato membro era libero di introdurre sulla base delle cause, delle dimensioni e delle caratteristiche della propria situazione interna.  

L’Italia, come sappiamo, si è conformata alla “nuova cornice regolamentare europea” col decreto-legge “Salvabanche” di Renzi e Padoan che all’articolo 1 stabiliva: “Nelle banche popolari il diritto al rimborso delle azioni nel caso di recesso…… e' limitato secondo quanto previsto dalla Banca d’Italia, anche in deroga a norme di legge.”

E sappiamo che la Banca d’Italia ha dato esecuzione cinica, lineare e indiscriminata alla delega in bianco ricevuta aggiungendo alla sua circolare n. 285 del 17 dicembre 2013 (Disposizioni di vigilanza per le banche) il Capitolo 4, intitolato “Banche in forma cooperativa” che ha lasciato con un pugno di mosche in mano la piccola borghesia  soprattutto meridionale, un intero ceto popolare e medio, con centinaia di migliaia di pensionati, agricoltori, artigiani, piccoli commercianti che avevano messo in sicurezza i loro risparmi comprando azioni e obbligazioni della banca popolare del proprio territorio.

A guardarlo bene è stato come un rastrellamento condotto con la malvagità e la ferocia di una rappresaglia e adesso alle elezioni regionali per ognuna di queste vittime innocenti sentirsi bussare alla porta e ritrovarsi davanti i responsabili dell’eccidio è come se alle Fosse Ardeatine Priebke suonasse al citofono a chiedere il voto dopo aver cambiato divisa o stando ben nascosto dentro una scatoletta di sardine sott’odio.

Post scriptum: mi piace pensare oggi che Draghi, ex Governatore Bankitalia, se fosse stato ancora su quella poltrona avrebbe agito diversamente e non avrebbe aggiunto il Capitolo 4 al Regolamento, magari mettendo l’Istituto di via Nazionale contro Palazzo Chigi di Renzi & Padoan, però c’è un proverbio che dice: “Il lupo perde il pelo ma non il vizio!” e le Banche in Italia assomigliano più ai lupi che agli agnelli. **

**Però: in Umbria da dove proviene Draghi un altro Santo, Francesco, ammansiva i lupi.