Quattro anni ad oggi, venerdì 9 luglio 2021, postavo alcune riflessioni estemporanee sulle dinamiche dell’economia nella mia zona, con speciale riferimento alla manomortafinanziaria” che, nel confiscare all’economia reale i beni immobili, ha sostituito quella “ecclesiastica” abolita dalla legge “Siccardi” del Ferragosto di 154 anni.

La transizione da un sistema all’altro lascia sempre testimonianze del passato sotto la voce: “archeologia”, che può essere industriale, agricola, turistica, eccetera.

Però nel mio caso più che una transizione mi è sembrata una retrocessione civile e sociale ancor prima che economica.

Ecco il mio post.  

 

Sotto la banca la capra campa, senza la banca la capra crepa.

 

E’ la nuova versione dello scioglilingua che da secoli appassiona epistemologi, semiologi e soprattutto gli enigmisti sul significato da dare al fatto che la sopravvivenza di un ovino sia legata all’asana yoga.

 

A queste categorie di studiosi nel Ponente ligure si aggiunge ora quella dei sociologi che nell’icona cornuta vedono l’economia locale, intubata e sotto alimentazione parenterale bancaria.

 

Qui il vaso di Pandora è andato in frantumi agli inizi del terzo millennio senza che da allora qualcuno se ne rendesse conto e rimettesse insieme i cocci.

 

Non solo, ma tutti a brindare all’imminente arrivo della mitica età dell’oro.

 

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Vista controluce la storia non è di lana caprina ma chiara e trasparente, come avrebbero dovuto essere, e non sono stati, i conti delle banche man mano che l’accanimento terapeutico ingigantiva la massa dei crediti che si sono progressivamente deteriorati nella corsa suicida verso quel miraggio.

 

Al casinò la chiamano martingala e si pratica quando il giocatore raddoppia la posta dopo aver perso la puntata precedente.

 

Una “cagata pazzesca” perché per entrare nel range delle vincite sicure, cioè dentro lo scarto mediano della legge dei grandi numeri, bisognerebbe raddoppiare la posta fino alla dodicesima potenza.

 

Ma il numerario, ci ricorda la B.C.E., non è infinito e quando il carburante viene a mancare la martingala si blocca e al pettine con l’etichetta di “n.p.l.”, acronimo di “non- performing loans”, arriva il nodo dei crediti in sofferenza.

 

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Nell’Imperiese la progressiva liquefazione del gruppo immobiliare più importante fa notizia, ma è soltanto il sintomo vistoso ma poco significativo di un malessere diffuso che è essenzialmente di carattere bancario.

 

Si chiudono gli sportelli, si rinegoziano i n.p.l., si riposizionano le esposizioni e la convalescenza dell’economia locale viene alla luce anche nelle tragiche sue dimensioni contabili.

 

All’insegna del boom immobiliare le banche avevano finanziato con moneta sonante operazioni di rastrellamento di aziende floricole decotte e dismesse, beni improduttivi post-industriali o reliquati della manomorta ecclesiastica nella prospettiva di una loro valorizzazione esponenziale.

 

Nei conti bancari la garanzia di quei crediti man mano cresceva, invece di diminuire e la martingala copriva operazioni attive irreali e bugiarde.

 

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In chiave politica retrospettiva la cosa si presta a diverse letture, interpretazioni e, al limite, strumentalizzazioni.

 

Centinaia di aziende hanno subito ferree ingiunzioni di ridimensionamento o addirittura di immediato rientro dall’esposizione bancaria mentre la martingala al rialzo copriva le operazioni spericolate dei potenti.

 

Intanto si moltiplicavano i fallimenti, le chiusure e ogni tanto compariva, pudicamente, un trafiletto sul suicidio di un piccolo imprenditore o artigiano o commerciante.

 

Sul versante pubblico, burocratico e amministrativo, la sordità è identica, come le ragnatele si intercettano i moscerini e si fanno passare gli avvoltoi.

 

La salsa nella quale tutto questo viene servito all’opinione pubblica è quella della globalizzazione, della palingenesi che scuote i mercati mondiali e delle sfide epocali che attendono il pianeta, a partire dalle migrazioni al clima, dalle economie emergenti fino ai nuovi poveri.

 

Una salsa che non giustifica e non spiega perché nell’Imperiese la capra crepa non appena si stacca il cordone ombelicale della banca.

 

 

 

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Sempre in chiave politica, ma guardando avanti, è drammatica l’incapacità del sistema amministrativo e burocratico nel leggere in termini concreti e operativi la tragedia della sventurata capra.

 

Certo, le rigidità e i vincoli sono tanti ma uno spazio di autonomia e di sopravvivenza rimarrebbe se la mano pubblica non ci mettesse del suo per far crepare la capra.

 

Da sempliciotto sintetizzo questo terribile deficit di intelligenza nell’incapacità di mettersi nei panni altrui.

 

In quelli dell’imprenditore che ha inseguito un sogno irrealizzabile e che non vorrebbe essere svegliato da un curatore fallimentare ma da un medico amorevole che lo accompagni in una realtà ridimensionata che anestetizzi le sofferenze bancarie.

 

In quelli del fondo immobiliare anonimo che ha ormai ammortato e compensato le perdite dell’investimento e che lascia in abbandono un mini-latifondo strategico in attesa di tempi migliori.

 

In quelli del proprietario catastale di una estensione di gerbidi che non coltiverà né affitterà mai sui quali ci starebbe bene una villa mono o bi-familiare con giardino, parcheggio e orto e che invece, essendo inserita dalla Trimurti amministratori-burocrati-tecnici comunali in un ambito di protezione ambientale a vocazione agricola, è destinata a trasformarsi in una giungla inestricabile di roveti.

 

I casi sono decine, forse centinaia, e toccano l’intero sistema economico locale con le lodevolissime eccezioni dell’entroterra che ha la fortuna di contare su amministratori e burocrati che non hanno bisogno di mettersi nei panni altrui, perché sono quelli che indossano tutti i giorni.

 

Qui nelle vallate la capra senza la banca non crepa, anzi è lei con le entrate del turismo a far campare la banca.

 

Quando si dice, alle volte gli scioglilingua sono più saggi dei proverbi.”

 

Post scriptum: Quattro anni dopo qualcosa è cambiato, ma in peggio perché la Fenice immobiliare non vuol saperne di risorgere dalle proprie ceneri.

Le due miracolose panacee della Politica, quella della rigenerazione urbana e rurale e quella del recupero degli “immobili non utilizzati da 5 anni”, non funzionano, lasciano sorda la Borsa, assente il Mercato e impotente la Politica e uccidono l’Impresa.

La Messa di Requiem è della Consulta che il 17 giugno scorso con la sentenza n. 124 l’ha cantata al morto per negargli l’accesso al Paradiso e condannarlo all’Inferno nel girone degli iconoclasti dell’urbanistica che sventrano Centri Storici, stuprano i Centri Urbani, risuscitano gli ecomostri e deturpano il Paesaggio.

A ereditare è la Proprietà e l’Impresa, col cerino in mano, e questa volta temo che non ci sarà beneficio di inventario per nessuno, Banche e Fondi Sovrani compresi, e che tutti si bruceranno le dita.