Qui ho fatto la gavetta col pennello e il secchio della colla ad attaccare i manifesti, a stampare circolari al ciclostile e a distribuire “santini” ai passanti (i gazebo non c’erano).
Intanto studiavo nel liceo Cassini, dopo la laurea a Torino ho lavorato al Casinò con l’ultimo gestore privato, poi sono stato l’ultimo direttore delle imposte a villa Zirio, per una ventina d’anni consigliere e assessore, adesso temo di essere rimasto l’ultimo amministratore democristiano superstite che non ha mai voltato gabbana.
Membro storico del Comitato provinciale DC sono stato promosso giovanissimo in Direzione e come espressione della corrente minoritaria di destra il mio curriculum non mai superato la carica di vice-segretario provinciale che ho ricoperto per decenni al punto da meritarmi il soprannome di “Vicario”.
In queste vesti ho girato in lungo e in largo, l’intera Provincia, spesso a dirimere beghe interne e questo peregrinare è stato per me una esperienza politica, amministrativa e umana veramente straordinaria.
Membro del Comitato e della Direzione regionale DC fin dalla loro istituzione agli inizi Anni Settanta in via Caffaro ho visto transitare tutti i protagonisti della politica ligure, ma soprattutto la mia corrente di destra, in vico Falamonica, mi ha spalancato orizzonti politici straordinari con Lucifredi, Zoppi, Bodrito.
Intanto per oltre vent’anni sono stato sul pezzo come dirigente regionale di diversi settori sia della Giunta regionale e sia del Consiglio, fino alla pensione, conoscendo i fasti e i nefasti della politica ligure dell’epoca dall’interno della pancia della Regione.
Come dirigente politico alla periferia dell’Impero DC ho frequentato saltuariamente a Roma i luoghi del Potere a contatto con i Sommi Sacerdoti dell’epoca e ogni volta ne ho ricavato esperienza e materia di riflessione, nel bene (molto) e nel male (molto meno di quanto se ne diceva).
Paragonare quel mondo, beffardamente definito “della Prima Repubblica”, con il mondo politico attuale stringe il cuore, come osservare le capriole dei pigmei dopo aver conosciuto le formidabili imprese dei giganti.
Zio Zuck su Fb tutte le mattine, appena desto, mi propone “On This Day”, la rubrica dei miei post pubblicati lo stesso giorno-data del calendario ma negli anni precedenti.
Oggi 7 aprile 2024 mi mostra un post del 7 aprile 2023, cinque anni fa come fosse oggi.
“Ogni tanto qualcuno, credendo di farmi un complimento, mi confonde con Benedetto Croce o con Giovanni Gentile e scrive che sono una memoria “storica”, mentre io ho soltanto buona memoria dei “kazzi miei”, di quando si sono scontrati con i “kazzi altrui”, punto e basta.
Da dirigente politico i “kazzi miei” erano quelli del mio Partito, la Democrazia Cristiana, e da amministratore pubblico erano quelli di Sanremo, la mia Patria di adozione.
Detto questo, e visto che ho citato “Don Benedetto”, aggiungo che a Sanremo la sua dottrina sulla “Circolarità della Storia” ha tempi brevi, una quarantina d’anni.
In quell’arco di tempo le categorie dello spirito si avvicendano e passano da fantasia a intelletto, da intuizione a pensiero, da conoscenza ad azione, e infine da volontà che vola basso cioè che punta a fini particolari a volontà che invece vola alto, cioè che guarda a un fine universale, dopo di che il cerchio si chiude e ritorna in campo la fantasia.
Per non contraddirmi non evocherò le stagioni “storiche” del bello, del vero, dell’utile e del buono.
Mi porterebbero fuori strada dietro figure “memorabili” come quelle di Manfredi, Parise, Revelli e Napolitano che hanno percorso i tre quarti della parabola lasciando vuoto e deserto nella Seconda Repubblica l’ultimo quarto.
Meglio limitarmi alla constatazione che con l’entrata in vigore del PUC il 9 maggio e con le elezioni amministrative del 26 successivo a Sanremo il ciclo si è chiuso e ne è iniziato uno nuovo un po’ come lo slogan dei 100 di Tommasini.
Quale può essere il contributo che posso dare da “memoria storica” adesso che il mio Partito non c’è più e che ho appeso al chiodo le scarpette di amministratore?
Negli ultimi quindici anni ho risposto da “memoria storica” sui social e su carta stampata evocando i “kazzi” della mia Patria di adozione e cercando di aggiungere qualcosa di utile e di buono nel vuoto e nel deserto di pensiero e di azione di quel periodo.
Adesso, a fine ciclo, mi tocca di nuovo affrontare la fantasia, come nella primavera del 1980 quando il 27 maggio entrava il vigore il nuovo PRG (vecchio nome del PUC) e quando, due settimane dopo, si festeggiava il “plebiscito” di una Amministrazione destinata poco dopo ad essere travolta dall’arrembaggio mafioso alla bisca.
Altri tempi, adesso l’azzardo mantiene a malapena sé stesso, per il riciclaggio mafioso nuotare nel suo cash flow sarebbe come nascondersi dietro un dito, ben altre sono le lavatrici a sua disposizione e non certo a Sanremo.
Qui, grazie alla “commixtio nummorum”, il flottante affluisce limpido e cristallino e “non olet” più, quand’anche avesse puzzato in precedenza.
Annoto queste considerazioni perché, ora come allora, vedo all’orizzonte le sagome di galeoni all’arrembaggio non più della bisca ma della “roba” spinti dal vento della fantasia.
La trama è sempre la medesima, Sanremo manda a Genova il PUC preliminare, Genova lo approva con prescrizioni, Sanremo dice di accettarle ma poi “fatta la legge, trova l’inganno” per non applicarle.
Anche l’inganno è sempre il medesimo, cioè il testo definitivo del PUC che non c’è mai.
C’è solo e sempre quello preliminare del PUC adottato, pubblicato, controdedotto e destinatario di rilievi e prescrizioni vincolanti di Genova, ma quello definitivo, no, quello ufficiale non c’è mai.
Nel 1980 venne contrabbandato per ufficiale il rotocalco della casa editrice “Marco Sabatelli” di Savona nel testo ricevuto dalla Giunta “plebiscitaria” (Delibera G.M. 23 marzo 1981 n. 1222) e che celava abilmente l’inganno negli stralci planimetrici “settoriali” e nella planimetria generale a colori fuori testo.
Oggi con la tecnologia informatica e digitale non sarebbe più possibile, bisogna affidarsi ai due testi, quello accettato dal Comune (Delibera Consiglio n. 75 del 9 ottobre 2018) e quello “che non c’è” che risulterebbe dall’inserimento dei “rilievi e dalle prescrizioni” contenuti in 47 pagine, parte integrante e sostanziale della delibera di approvazione regionale del PUC (Delibera Giunta n. 347 del 30 aprile 2019).
E’ la legge però che prescrive di pubblicarli separati (articolo 38 comma 10 della Legge Urbanistica) e sul sito “trasparente” Biancheri li pubblica separati.
Ma solo la fantasia può aiutarci nell’ossimoro di una zona che il Consiglio regionale ha voluto col regime MA “Mantenimento” dove “pertanto” una manina consente di consolidarla con un eufemistico “palazzetto” di tre piani e mille posti.
Oppure nell’ossimoro dell’ottocentesco edificio ex Sacro Cuore ora “Pascoli” in corso Cavallotti salvato dalla Regione e accettato come tale da Biancheri però con un “pertanto” che dice che si può demolire poiché “le facciate in stile fondamentalmente Eclettico non bastano però a giustificare da sole la struttura urbana qualificata.”
Due piccole trame di una tela in allestimento che la fantasia tesse alla ripresa del nuovo ciclo storico perché, aveva ragione da vendere “Don Benedetto”, la storia si ripete sempre.
Post scriptum: L’eufemistico “palazzetto” di tre piani e mille posti a Pian di Poma, in zona MA “Mantenimento” diventata TR “Trasformazione” con una magìa regionale, dopo 5 anni è un buco nel rilevato artificiale di 50 anni fa e l’assalto al meraviglioso quadrilatero vincolato “Pascoli-Villa Ormond Inferiore” prosegue rosicchiato con piccole demolizioni di manufatti e altro.