Sempre più spesso mi succede di pensare in dialetto sanremasco ricordando modi di dire del tutto alieni rispetto al mio natìo volgo torinese.
Oggi, leggendo l’ordinanza sindacale n.° 36 del 28 aprile 2017 relativa alla “chiusura del Cimitero Monumentale della Foce…in attesa delle verifiche tecniche” delle effettive condizioni in cui versano le sue strutture, se ne sono accavallate tre nella mia testa.
Tradotte in italiano: mi tocco se ci sono, più mi faccio il Segno della Croce e più cadono fulmini e infine più in là c’è “attappato” (intraducibile).
Non mi riferisco al firmatario Biancheri e all’estensore Sapia - autori di un “atto dovuto” - ma a tre altre persone, il cittadino Ferrari parte lesa, il cittadino Casabianca custode delle memorie patrie e l’assessore Faraldi che, “ratione materiae” avrebbe dovuto, deve e dovrà far eseguire le verifiche tecniche di cui sopra.
Al primo, che scrive esposti a raffica, intorno ai quali raccogliere gli indignados indispensabili per promuovere una class action, ricordo che compete ai singoli concessionari, e ai loro associati anche in eventuale regime condominiale forzoso, provvedere alla manutenzione ordinaria, straordinaria, messa in sicurezza e a regime igienico-ambientale i manufatti di loro proprietà eretti su suolo cimiteriale.
Al secondo, che periodicamente scatena terribili tempeste in un bicchiere d’acqua, ricordo la differenza che esiste tra un cimitero ordinario e un cimitero “monumentale”, esattamente come quella tra una bottega di libri e una biblioteca o tra l’esposizione di un antiquario e un museo, cioè tra una sommatoria di libri o di cose “antiche” e un "originale testimone del tempo", unico, vivente, organico ed indivisibile.
Il cimitero ordinario viene radiato e in sua vece ne viene aperto un altro perché è un servizio comunale obbligatorio, quello monumentale, invece, viene ucciso e con lui spariscono per sempre le sue testimonianze originarie.
Questo per dirgli che non servono i suoi “placebo” ma occorre un salvavita.
Al terzo, infine, vorrei ricordare alcuni atti amministrativi.
Comincio dal 21 maggio 1949 quando con atto n. 49 il Consiglio Comunale di Sanremo, nel quale sedevano sanremaschi illustri tra cui Asquasciati e Nilo Calvini, con l’approvazione della Prefettura di Imperia sentito il parere del Consiglio Provinciale di Sanità radiarono il cimitero Foce e stabilirono il divieto di ulteriori inumazioni, salvo la temporanea autorizzazione per i concessionari decaduti a tumulare ancora nelle sepolture private le salme dei loro congiunti in attesa del loro definitivo trasferimento in altro cimitero ordinario.
Poi vado all'8 novembre 1965 quando con atto n. 2590 la Giunta Municipale, di fronte al degrado, disponeva la notifica degli inviti-diffida ai concessionari di tombe in stato di abbandono ed a quelli di nazionalità straniera affinché si avvalessero dell’offerta a titolo gratuito (incluso il trasporto delle spoglie mortali) di proseguire la concessione nel nuovo Cimitero dell’Armea per il tempo che ancora mancava alla scadenza della concessione stessa oppure in perpetuità.
Proseguo al 1° aprile 1967 quando la Giunta Municipale con atto n. 884 fissava ancor meglio i criteri di massima e gli incentivi per il trasferimento.
Finché, il 29 maggio 1969 con atto n. 1493 la Giunta Municipale è stata costretta a vietare anche le tumulazioni provvisorie nelle tombe di famiglia dei concessionari assenti o recalcitranti o indifferenti.
Conclude la cronistoria il Consiglio Comunale del 22 aprile 1980, quando con atto n. 75 il Cimitero Foce che era stato radiato dai sanremaschi e soppresso, è stato eretto in Cimitero Monumentale, “per conservare la memoria di istituzioni, famiglie e uomini che bene abbiano meritato dalla Città di Sanremo e per custodirvi opere artistiche o di particolare valore culturale o storico”.
Cioè, “imbalsamato”, perché quanto a cimiteri ordinari il Comune ne ha una pluralità, in grado di accogliere tranquillamente le spoglie dei defunti sanremesi.
Questo per dire al cittadino Ferrari che la sua tomba di famiglia fino al 22 aprile 1980 avrebbe dovuto trasferirla in altro cimitero ordinario e dopo di allora adattarsi al regime di recupero, restauro, risanamento e valorizzazione (oggi di messa in sicurezza, purtroppo!!!!!!) derivante dalla erezione a Cimitero Monumentale.
Questo per dire al cittadino Casabianca che dopo 37 anni i cittadini, gli elettori, i contribuenti, gli imprenditori e i visitatori innamorati di Sanremo -ognuno per la sua parte- non hanno ancora capito che un bene monumentale quando muore porta con sé tutto il passato e che la Città, la sua immagine, la sua economia e la sua identità poggiano essenzialmente su di esso.
Questo per dire all’assessore Faraldi che al Cimitero Monumentale della Foce il problema non è l’amianto come a Palermo per Benigni-Johnny Stecchino non lo era il traffico.
Il problema è a Palazzo Bellevue, chiunque sia l’inquilino del primo piano, fino a quando la politica non si assume tutte intere le proprie responsabilità e non si fa, invece, dettare l’agenda dall’A.S.L., o peggio dai cittadini singoli o associati e non si trincera dietro comodi alibi tecnici e burocratici.
Comunque, grazie a questo dibattito viene alla luce un vero scandalo e questo è un bene perché nel Vangelo sta scritto:” Necesse est enim ut veniant scandala” (Matteo -18.7).
Ma è un altro Matteo, non ha fatto le primarie e dubito che piaccia a Faraldi che adesso va a finire che si incazza pure.