I più credono che la manomorta sia quella del maniaco che sul tram palpeggia le rotondità femminili.

 

Va spiegato, invece, che il termine ha natura nobile e antica risalente alla società medievale longobarda, sia ecclesiastica che laica, quando il patrimonio immobiliare degli enti civili o ecclesiastici era perpetuo perché in tutto o in parte non poteva essere alienato né lasciato in eredità e andava quindi esente dalle relative gabelle.

 

Oggi la manomorta non è sparita, quanto meno nei suoi effetti economici, anche se giuridicamente è stata abolita e fiscalmente circoscritta ai soli immobili ecclesiastici.

 

Ne sanno qualcosa i passanti che da decenni transitano davanti a cancelli sbarrati e lungo recinzioni e muraglioni rivestiti di parietaria e si chiedono di chi siano tanti mausolei assaliti da rampicanti e a parchi con una vegetazione inselvatichita e fuori controllo.

 

È lo spettacolo della manomorta moderna, zavorra di una società e sensore dello stato di salute della sua economia.

 

Oggi il feudatario è scomparso ma il vassallo è rimasto, paralizzato dall’indifferenza e dall’inerzia di chi dovrebbe intervenire, cioè la politica e la pubblica amministrazione.

 

La politica dovrebbe porsi domande sul fenomeno, risalire alle cause e contribuire, se possibile, a rimuoverle, mentre la pubblica amministrazione dovrebbe applicare la legge con intelligente lungimiranza e non con ottusa miopia.

 

Le forze che generano la manomorta possono essere di segno opposto, centrifughe e centripete.

 

Le prime, cioè le forze centrifughe, agiscono quando la proprietà si fraziona, in genere per eredità, e gli interessati si disperdono e spesso, col succedersi delle generazioni, diventano irreperibili.

 

E’ il caso più frequente ma non l’unico, perché lo stesso fenomeno si verifica sempre più spesso, ad esempio, nei lavori pubblici con i reliquati delle espropriazioni e in urbanistica con le aree cedute con le convenzioni urbanistiche e lasciate in completo abbandono.

 

Le seconde, invece, cioè le forze centripete, agiscono quando la proprietà -non sempre pubblica- evapora e si cristallizza, perché è diventata inutile, obsoleta, dismessa e in disuso, balena spiaggiata in putrefazione.

 

La mentalità sabauda mi dice che il compito di un buon politico non dovrebbe essere quello di tagliare nastri ma di sbloccare manomorte e che dovere di un buon amministratore compiere ogni sforzo per riuscirvi.

 

Su FB ho aperto un album sulle incompiute e molte di esse sono manomorte pubbliche e private, spiaggiate da decenni nell’indifferenza di politici e di amministratori di tutte le risme.

 

Il declino comincia da lì.