Ogni giorno che passa la vicenda dei “Furbetti del cartellino” prende sempre più i contorni del paradosso giuridico che contraddice una “communis opinio” che è attualissima e non costringe ad andare troppo indietro nel tempo e risalire, magari, al “Privilegium Fori” e al Sillabo.
La giustizia sportiva che con la firma della clausola compromissoria vieta al tesserato di adire quella ordinaria, per esempio, la conoscono tutti i tifosi perché tra i “furbetti del botteghino” accusati di bagarinaggio improprio è finito anche il presidente dei gobbi e perché la mamma dei “furbetti dell’aiutino” è sempre incinta.
I dipendenti comunali non sono chierici soggetti soltanto al giudizio temporale del proprio vescovo e neppure commercianti fiorentini o iscritti a una Corporazione delle Arti e mestieri che per dirimere le loro beghe bussano al Tribunale della Mercatanzia al numero 10 di piazza della Signoria sotto la Statua di Cosimo I° de’ Medici.
Però anche per loro non è vero che tutti i cittadini sono uguali -se non davanti alla legge astratta- certo nella sua applicazione quotidiana.
La divisione medievale della società in classi è rimasta intatta con una giustizia amministrata in nome di un popolo cangiante a seconda che sia grasso, minuto o magro come al tempo dei Ciompi e i “Furbetti del cartellino” rientrano, purtroppo per loro, in quest’ultima categoria.
Prendiamo come cartina di tornasole un episodio a caso, che so? per esempio l’assenza ingiustificata dal posto di lavoro oppure la timbratura del cartellino per interposta persona e ce ne rendiamo immediatamente conto.
In ogni sistema organizzato, compresi quelli criminali, esiste un foro disciplinare interno che prevede e punisce la violazione delle regole compiuta dai propri consociati e dunque ce n’è uno anche per i dipendenti comunali in genere e per quelli di Sanremo nello specifico.
Non è, come dicevo, un “Privilegium Fori”, ma un “Beneficium” sia per chi giudica e sia per chi è giudicato, in termini di immediatezza della pena per il primo e di “last warning” prima del licenziamento e della denuncia penale per il secondo.
Un po’ come il cartellino giallo che raffredda in campo i bollenti spiriti e li induce a rispettare le regole altrimenti subito dopo arriva quello rosso e per loro il “game over”.
Non essendoci la VAR a Sanremo il popolo grasso l’ha fatta franca, quello minuto ha ricevuto il cartellino giallo mentre a quello magro hanno addirittura negato la giurisdizione domestica e il beneficio del “Foro interno” e lo hanno consegnato al braccio secolare per la gogna e per il rogo in un “Auto da Fè” che sarebbe piaciuto a Torquemada.
C’è da prevedere che i giustizialisti assatanati col sangue agli occhi e le vecchie bagasce con la divisa delle suffragette dell’Esercito della Salvezza chiederanno di iscrivere l’evento tra le manifestazioni turistiche del Calendario 2017-18 e che per la prima volta nei poster pubblicitari compaia in mutande un panciuto e maturo signore e non una procace pupa senza secchiello.