Le vicende di una lunga esistenza mi hanno condotto a bazzicare in età giovanile Abano, Montegrotto, Arquà, Monselice e i Colli Euganei.

 

Un ricordo di quella esperienza mi è rimasto impresso nella mente, la sollecitudine pratica e concreta dei Comuni e delle associazioni di categoria locali nel leggere le momentanee criticità di singole aziende alberghiere cittadine per le cause più diverse e, nei limiti del possibile e del lecito, nel farsene carico, criticità che nel caso specifico riguardavano allora, se non erro, il conte Giannino Citterio.

 

E’, quella, una zona turistica termale con radici storiche antiche che risalgono addirittura al Petrarca, dunque con un pedigree ben più importante di quello di Sanremo e del suo comprensorio climatico, e che già in quei tempi lontani, sto parlando di mezzo secolo fa, aveva molto da insegnarci.

 

La prima tra le tante cose che mi avevano colpito era stato l’atteggiamento   maniacale e condiviso, pubblico e privato, di premurosa attenzione all’offerta turistica nel suo insieme, che guarda alla foresta e non al singolo albero, senza mai dimenticare, però, che la foresta è fatta da tanti singoli alberi i quali alle volte per sopravvivere possono avere necessità di una mano tesa.

 

Al mio ritorno a Sanremo troverò, viceversa, l’indifferenza più assoluta verso temi come questo, sul fronte pubblico da parte del Comune, dell’Azienda Autonoma di Soggiorno, dell’Ente Provinciale Turismo e sul fronte privato delle associazioni albergatori, divise su tutto a causa degli scismi e delle guerre intestine tra fazioni e categorie contrapposte.

 

Sarà questa nei decenni successivi la cornice del quadro che ritrae la strage alberghiera cittadina che non tocca unicamente le “case” storiche e di prestigio ma anche le aziende relativamente recenti operanti in edifici anonimi e impersonali.  

 

Acqua passata.

 

In seguito con la Seconda Repubblica cambierà il mondo e quindi anche l’offerta turistica, il protezionismo dell’azzardo finirà, la vecchia clientela elitaria dirotterà su altri lidi spinta dal bisogno di privacy e di sicurezza e oggi quella nuova obbedisce a mode, ritmi e liturgie collettive che male si adattano al contesto ambientale sanremese.   

 

La necessità di una strategia intelligente di riconversione dell’apparato turistico ricettivo e di intrattenimento è stato il primo vagito della Seconda Repubblica e ben lo aveva compreso a metà Anni Novanta, il sindaco leghista Davide Oddo quando, succedendo a Canessa e al Commissario Priore che in precedenza avevano entrambi fallito il bersaglio, per la terza e ultima volta tenterà, per esempio, di privatizzare la casa da gioco.

 

Poi, dopo di lui, saliranno sul ring matuziano a darsele di santa ragione il centrodestra di Bottini e Zoccarato (dieci anni) e il centrosinistra di Borea e Biancheri (sette anni) con tre anni di break prefettizi necessari per seppellire i morti e per soccorrere i feriti, e tra colpi bassi e inciuci anche soltanto il sedersi intorno a un tavolo e riflettere per l’intero infausto ventennio è stata considerata una pazza idea.

 

Il guaio è che adesso tutto questo sembra non aver insegnato nulla a nessuno, e mi limito a citare l’esempio che oggi abbiamo sotto gli occhi, quello dell’Astoria che prendo dalla cronaca di fine anno.

 

Qui alla Foce in corso Matuzia va all’asta ciò che resta dell’albergo Astoria West End un 4 stelle da 225 posti letto. Azienda chiusa nel 2004 per riconvertirsi, in tutto o in parte, attraverso il passaggio dal tradizionale “Grand-Hotel-mausoleo” strutturato ai modelli di residenza turistica alberghiera adatti alle nuove mode “mordi e fuggi” dei week-end e dei ponti. Modelli che stanno diffondendosi ovunque, nei comprensori concorrenti, sciistici, escursionistici, climatici, balneari e specialmente, museali, religiosi e nelle grandi città d’arte per tacere di quelli esteri con i voli low-cost e le offerte last minute.

 

Invece sul ring matuziano da 15 anni si scontrano sull’Astoria il centrodestra che combatte i mulini a vento delle fantomatiche “seconde case” ormai “res extra-commercium” e il centrosinistra nemico della speculazione edilizia padronale e del plusvalore immobiliare generati dall’orgia capitalistica sfrenata e priva di regole.

 

Risultato: il 18 marzo 2016 il Tribunale di Cuneo ha dichiara il fallimento dell’impresa che dopo aver sventrato l’edificio ha inteso smentire il proverbio e tra i due litiganti non ha goduto, mentre il 20 aprile dell’anno dopo sarà quello di Torino a dichiarare il game over della società proprietaria.

 

E’ l’ultimo anello di una catena sempre più corta, rimasta con una quarantina di alberghi e poco più di tremila posti letto, meno della metà dell’inizio millennio.

 

In compenso si allunga la lista dei cantieri, alcuni storici, come quelli dell’Astoria e del Parco Hotel, altri di questi giorni come il Bononia, altri surgelati e mai decongelati come il Savoia, altri in sonno come l’Ambrosiano e il Colombo, e altri, infine, mai nati come Portosole.  

 

Sintesi: detesto personalizzare, ma una volta tanto devo farlo tirando in ballo i due candidati sindaco opposti nel 2014. Uno, il vincitore, oggi su questa strage di alberghi dichiara ad ogni Festival ai partecipanti che devono andare a dormire a Montecarlo: “Sanremo ha bisogno di alberghi a 5 stelle!” e nomina assessore al turismo il direttore dell’unico che abbiamo. L’altro, lo sconfitto è diventato assessore regionale alla promozione turistica e al Marketing territoriale e promuove e sviluppa sull’intero arco ligure e nell’entroterra le tendenze moderne in atto in Italia e in Europa.

 

Reduci entrambi da quelle scazzottate di quindici anni fa, uno insegue il passato e l’altro il futuro, come in Italia, del resto.