Metafore per rendere l’idea.

 

Nella bottega del Quirinale da un pezzo di legno rinvenuto nel bosco di Rignano sull’Arno il falegname Geppetto ha ottenuto un burattino di nome Matteo e soprannome Pinocchio.

 

La storia è nota, l’ha raccontata Collodi, ma alle volte le favole rivivono in versione grottesca e con un finale del tutto diverso.

 

Così, non appena uscito dalla Balena Bianca Pinocchio si è imbattuto nella Fata Leopolda che lo ha accompagnato prima al Nazareno e poi a Palazzo Chigi, finché non è incappato in alcune disavventure elettorali che lo hanno travolto e abbandonato malconcio sui banchi del senato dove martedì 5 giugno 2018 il gatto Giggino e la volpe felpata accompagnavano a sotterrare il suo curriculum nel Campo dei Miracoli uno sconosciuto passante incontrato per strada.

 

Venuto il suo turno, il senatore Pinocchio si è ricordato dei cinque zecchini d’oro che il Mangiafuoco di Arcore gli aveva consigliato per curare mamma Etruria e le sue sorelle e si è sentito in dovere di fare altrettanto con lo sconosciuto di nome Giuseppe finito nelle grinfie  del gatto e della volpe mettendolo in guardia dalle loro trame.

 

Così gli ha snocciolato una raffica di avvertimenti senza accorgersi che man mano che parlava gli si allungava il naso.

 

Il primo: “Guardi, Giuseppe, che il Contratto di Governo è stato scritto dal gatto e dalla volpe con l'inchiostro simpatico ed è garantito da un assegno a vuoto” dimenticandosi le bugie e i protesti che lui si era lasciato alle spalle quando stava al Governo.

 

Il secondo: “Guardi, Giuseppe, che nella XVII legislatura il gatto e la volpe definivano voltagabbana chiunque tradiva l'alleanza che lo aveva eletto mentre adesso nella XVIII legislatura lo definiscono cittadino che aiuta il Governo a superare la fase di crisi”, dimenticandosi dei voltagabbana comprati da lui e da Mangiafuoco  a pacchetti per continuare a stare in sella, da Verdini ad Alfano, Casini e molti  altri.

 

Il terzo: “Guardi, Giuseppe, che il gatto e la volpe chiamano contratto quello che nella XVII legislatura chiamavano inciucio” dimenticandosi di aggiungere che loro due il contratto lo hanno firmato di giorno e alla luce del sole mentre lui aveva sottoscritto quello con Silvio Mangiafuoco di nascosto e in una notte senza luna.

 

Il quarto: “Guardi, Giuseppe, che il gatto e la volpe chiedono il contributo di solidarietà ai ricchi per  poi restituirglielo con gli interessi riducendo le aliquote della flat tax e così prendono in giro i cittadini e lo stesso si verifica con il reddito di cittadinanza” dimenticandosi degli 80 euro che lui aveva dato con una mano e che si era ripreso con l’altra.

 

Il quinto: “Guardi, Giuseppe, che la volpe è entrata nel 1992 in Parlamento agitando un cappio mentre il gatto nel 2013 ci è entrato agitando più banalmente un apriscatole per il tonno, e che entrambi utilizzano tecniche di aggressione verbale, in particolare sui social network, che lasciano perplessi” dimenticandosi della potenza di fuoco mediatica a palle incatenate da lui sviluppata a copertura delle sue imprese a Palazzo Chigi e dintorni.

 

Il sesto: “Guardi, Giuseppe, che quei due la cornificano perchè mentre lei è qui la volpe a Bruxelles amoreggia con Marine Le Pen e il gatto flirta con Farage” dimenticando le sue avances libertine con la Merkel, Obama il bombardiere, Erdogan e la Clinton e la fuitina in Sardegna di Silvio Mangiafuoco per Putin.

 

Il settimo: “Guardi, Giuseppe, che la volpe ha detto che la pacchia è finita a chi attraversa il deserto, rischia di morire in mare e vede nei lager occasioni di stupro e violenza” dimenticandosi di aggiungere la parte che lui ha avuto in tutto questo assieme a Sarkozy, Obama e la Clinton.

 

L’ottavo: “Guardi, Giuseppe, che il gatto Luigi sostiene di essere lo Stato come affermava il suo omonimo Luigi XIV” dimenticandosi che per lui lo Stato era talmente suo che voleva smontarlo come il Lego, pezzo per pezzo a colpi di referendum.

 

Il nono: “Guardi, Giuseppe, che il gatto vuol chiudere l'ILVA e poi a 20.000 persone invece di dargli un lavoro vuol dargli un reddito di cittadinanza”, dimenticandosi di quello che ha fatto lui con Alumina e l’attività estrattiva nel Sulcis Iglesiente.

 

Il decimo: “Guardi, Giuseppe, che la volpe sta provocando una crisi diplomatica con la Tunisia accusata di esportare nel nostro Paese galeotti proprio mentre abbiamo bisogno di un'Italia forte nel Mediterraneo e non possiamo permetterci di animare polemiche e di creare un clima incendiario” dimenticandosi degli accordi bilaterali da lui firmati con i quali i Paesi del Maghreb smaltiscono a casa nostra le scorie di armistizi, di amnistie e condoni e di misure svuotacarceri.

 

A questo punto il naso era talmente lungo che ha attraversato l’emiciclo e ha raggiunto la presidenza dove in veste di Fata Turchina sedeva Elisabetta Alberti Casellati che rideva.

 

“Perché ridete?”, gli domandò Pinocchio, tutto confuso e impensierito di quel suo naso che cresceva a occhiate.

 

“Rido della bugia che hai detto, gli rispose la Fata.”

 

“Come mai sapete che ho detto una bugia?” replicò Pinocchio.

 

 “Le bugie, senatore mio, si riconoscono subito! perché ve ne sono di due specie: vi sono le bugie che hanno le gambe corte, e le bugie che hanno il naso lungo: le tue per l'appunto sono di quelle che hanno il naso lungo”, gli spiegò la Presidente e subito dopo diede la parola al senatore Pillon, del branco delle volpi.