Sovente in politica i freni inibitori si allentano ma a Sanremo hanno ceduto del tutto, almeno a giudicare dai fatti.

 

Passi che un assessore comunale eserciti la professione nel territorio di sua competenza e in una materia “sensibile” come l’edilizia, passi che in tali condizioni firmi e presenti (quindi anche a sé stesso) un progetto e passi che intervenga personalmente a illustrarlo in Conferenza dei Servizi, uno può sempre chiudere un occhio, per carità! però tutto deve essere a posto, come è giusto pretendere da qualsiasi altro professionista non “politico”.

 

Invece per prima la Regione ha detto che la pratica poteva non essere a posto e in caso di conferma ha invitato il Consiglio comunale ad annullare in autotutela la sua delibera con la quale aveva dato parere favorevole al progetto dell’assessore.

 

Ipotesi peraltro assolutamente pleonastica perché nella Relazione illustrativa del progetto (protocollo n. 54025 dell’11 agosto 2016 e quindi successiva al 2 settembre 2015 data di presentazione della domanda) il progettista-assessore dichiarava che “il proprietario del volume da demolire” è il signor X Y, persona diversa dal proprietario delle aree sulle quali ricostruirlo, con la precisazione “che sottoscriverà gli elaborati progettuali per assenso” in base al noto principio arabo “tu dare a me dieci dollari e io dare a te cammello”.

 

Nulla di male, una semplice svista che si corregge ripresentando gli stessi elaborati ma questa volta regolarizzando il titolo di proprietà del manufatto da demolire e partendo cronologicamente dai box nel Gran Premio del “Piano Casa” di Sanremo con 108 partecipanti sulla griglia di partenza.

 

Ma alle volte chi cade da cavallo dicendo di voler scendere nasconde qualcosa e io ho voluto controllare se quel “qualcosa” c’era e forse l’ho trovato.

 

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Intanto il presunto “edificio” o “capannone” incongruo da demolire, oltre a non essere di proprietà del proponente alla data di presentazione del progetto (2 settembre 2015 n. 51801 di protocollo generale) non è neppure un “fabbricato” vero e proprio ma una serra floricola riciclata.

 

Originariamente installata in argine sinistro del torrente Armea, in zona urbanistica a servizi pubblici e in fascia rossa di esondabilità “a rischio molto elevato”, nel 1998 infatti è stata alluvionata e quindi riparata e abusivamente adibita a magazzino.

 

Abuso sanato nel settembre 2010 con una decisione surreale, che si direbbe scritta da Apollinaire o da Breton, che della “serra metallica fissa” ha regolarizzato unicamente il cambio di destinazione d’uso, da agricolo a “deposito adibito ad uso industriale artigianale” ed infatti non ha potuto essere registrata a Catasto Edilizio Urbano ma soltanto a quello Terreni e la sua esistenza e consistenza risultano esclusivamente da un “elaborato grafico indicativo non in scala” allegato al provvedimento di sanatoria.

 

Come precedente non c’è male, d’ora in poi a Sanremo potranno invocarlo i proprietari del 1.000.000 di metri quadrati di serre fisse con strutture in metallo e basi in c.a. dismesse che invece di smantellarle “virtuosamente” in cambio di una caritatevole premialità potrebbero pretendere anche loro di convertirle in 3.000.000 di metri cubi di edifici residenziali.

 

Il paradosso si spiega col fatto che l’abuso non consiste nel cambio di destinazione (come indicato nel provvedimento n. 4417 del 10 gennaio 2006) ma nella costruzione abusiva di una serra metallica fissa con basi in c.a. che, a differenza di quelle mobili, avrebbe dovuto invece essere assentita con regolare titolo edilizio abilitativo.

 

Con l’aggravante che l’art. 33 (Opere non suscettibili di sanatoria) della legge n. 47/1985 sul condono escludeva la possibilità di regolarizzare l’abuso quando avviene come in questo caso, in violazione di “a) vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi …. ambientali, idrogeologici” e la serra, come sappiamo, è in zona rossa di inedificabilità assoluta del Piano di Bacino.

 

 

 

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Ma le perplessità maggiori sulla pratica dell’assessore comunale riguardano le aree sulle quali “atterra” il credito volumetrico “decollato” dalla valle Armea.

 

Le ragioni sono tante e proverò a citare solo quelle più evidenti.

 

La prima riguarda la legge regionale del “Piano Casa” che richiede la destinazione residenziale mentre, come sappiamo, le zone Bc del Piano Regolatore non la prevedono affatto e prevedono esclusivamente la realizzazione di nuovi edifici ma a destinazione produttiva turistico-ricettiva convenzionata su un lotto minimo di un ettaro.

 

Aggiungo che l’espediente di variare il Piano Regolatore sul regime delle zone Bc “in attuazione di legge speciale” (Legge regionale sul “Piano Casa”) si traduce in realtà in un aggiustamento della Legge in questione la quale, al contrario, prevede la destinazione residenziale come requisito “a priori” e non “a posteriori”, perché altrimenti la discrezionalità amministrativa condurrebbe alla indiscriminata e incontrollata riallocazione della funzione abitativa sull’intero territorio comunale.

 

Quanto al Piano Urbanistico Comunale (P.U.C.) in itinere opera la salvaguardia del Parere regionale 16 marzo 2018 (che 13 giorni prima della delibera del Consiglio comunale n. 25 che ha dato parere favorevole al progetto dell’assessore), ne ha stravolto l’intera pianificazione e nello specifico l’assetto insediativo del Distretto di Trasformazione Residenziale di Ponente (DTR 14) nel quale detto progetto è inserito oltre ad aver cancellato la procedura di variante prevista dagli articoli 26 e 27 delle Norme Generali con riferimento al “Piano Casa” e confermato quella della deroga ai Piani Urbanistici Comunali ma alle condizioni e nei limiti di legge.

 

  

 

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Ci sarebbe ancora molto altro da aggiungere ma credo di aver reso l’idea del cedimento dei freni inibitori non dell’assessore-progettista (che personalmente mi è pure simpatico anche perché proviene dalle fila di A.N.) ma della politica a Sanremo.

 

Mi ha spinto a farlo l’avviso di pubblicazione dal 29 agosto al 27 settembre 2018 della delibera n. 25 del Giovedì Santo 2018 (“Ultima Cena”) quando 16 consiglieri presenti su 31 hanno mantenuto il numero legale, uno di maggioranza si è astenuto facendo scendere i votanti a 15 e un altro di opposizione ha votato, ovviamente, contro.

 

Un avviso sfacciato e arrogante che leggo come presa per il culo della Regione che suggerisce l’annullamento della delibera in autotutela, della Città che meriterebbe qualcosa di meglio e di tutti quelli che non hanno udinza in Paradiso mentre su questa terra chi dovrebbe intervenire  non lo fa, fino a quando, un giorno o l’altro, va a finire che qualcuno va a sbattere.