Battersene il belin a Sanremo è la traduzione in dialetto dell’espressione fare orecchie da mercante.

 

Nell’una e nell’altra versione, per me è invece la password che apre finestre su fenomeni cittadini altrimenti incomprensibili.

 

La volatilità del consenso alla scomparsa della DC è uno di quelli più difficili da capire.

 

Come ha fatto la Lega del sindaco Davide Oddo a sparire anche dai banchi del Consiglio comunale?

 

Perché i fasti della Forza Italia di Giovenale Bottini hanno lasciato solo sbiadite reminiscenze?

 

Che spiegazione hanno i flop di Borea, Zoccarato e presto di Biancheri, meteore civiche e manageriali?

 

Dove è finito lo zoccolo duro della sinistra?

 

La risposta è sempre la medesima: “Se ne sono battuti il belin”.

 

Ognuno a modo suo, naturalmente, secondo le convenienze del momento e le opportunità, ma lo hanno fatto energicamente.

 

Oggi, a sei mesi dal rinnovo delle cariche comunali, la password è utile a disegnare l’identikit di chi seguiterà a farlo nel prossimo quinquennio.

 

Il personaggio in questione non sarà certamente un politico con tessera in tasca perché i Partiti a Sanremo non ci sono più, sostituiti da curve sud e nord organizzate in comitati in base a simpatie, convenienze e allergie reciproche.

 

Vincerà tra i due chi nel prossimo semestre sarà riuscito a convincere il maggior numero di elettori a farsi stare sui coglioni il proprio rivale, in tutti i modi e con tutti i mezzi, battendosene il belin delle necessità reali dei sanremesi.

 

Nella scala gerarchica fascista anche a Sanremo il fiduciario veniva nominato dal Partito sulla fiducia ma poi doveva conquistarsi quella della base, cioè dei sanremesi, altrimenti veniva sostituito.

 

Tutte le realizzazioni grandi e piccole del deprecato ventennio sono avvenute con questo sistema, attento alle esigenze collettive e non alla necessità propria di gratificarsi e mantenersi in sella.

 

Oggigiorno qual è l’esigenza più impellente e urgente per la Sanremo dei prossimi cinque anni e della quale il personaggio vincente continuerà certamente a fregarsene?

 

La risposta è sotto gli occhi di tutti perché la città da decenni ha un disperato bisogno di manutenzione dell’esistente, pubblico e privato.

 

Il decoro e l’igiene, i confort di chi ci vive, lavora o soggiorna, l’arredo urbano, i servizi, le opportunità di svago e di un intrattenimento sostenibile, la sicurezza, i prezzi onesti e ragionevoli, la qualità dell’offerta turistica e commerciale rientrano in questo concetto, ma non solo.

 

La città ha bisogno impellente e urgente di non vedere più, una buona volta, le tante idiozie che subisce da decenni, l’ecomostro di Portosole, l’auditorium Alfano, l’imbuto dell’Aurelia bis, il Savoia sempre chiuso, l’Astoria in abbandono, l’ex Sati imbalsamata, il cimitero foce in degrado, la Pigna tenuta su con le stampelle rincorrendo l’emergenza.

 

Poi avremo anche sfiorato, ma non ancora raggiunto, il tetto legale del 60% della raccolta differenziata, ma a che prezzo per il decoro, l’igiene e l’immagine?

 

Tutte cose di cui non si parla, ignorate dal teatrino sanremese della politica, che oggi sforna come rendering quelli che in passato erano i plastici, e che mostra i muscoli nelle adunate e nelle apericene dei propri ultras, mentre la città osserva rassegnata.