Giunto al termine della mia vita di peccatore, mentre declino canuto insieme al mondo, mi accingo a lasciare su questa pergamena testimonianza degli eventi mirabili e tremendi a cui mi accadde di assistere in gioventù, sul finire dell'anno del Signore 1994. Che Dio mi conceda la grazia di essere testimone trasparente e cronista fedele di quanto allora avvenne in un luogo remoto a ovest della penisola italiana, in un abbazia di cui è pietoso e saggio tacere anche il nome.”   (Bruno Giri)

 

 

 

Nell’Associazione “Facce di bronzo” il diploma di socio sostenitore spetta di diritto a tre distinti ordini di attori con parte in commedia: 1) “politici” e amministratori comunali, 2) CDA della società 3) vertici aziendali interni.

 

La loro responsabilità non è politica, quella compete ai soci onorari per non aver messo le scialuppe in mare, ma è amministrativa e tecnica per avere peggiorato le condizioni di navigazione di una barca comunque fatalmente condannata al naufragio.

 

Il periodo di riferimento è il decennio tra il 2002 e il 2012, la commedia si intitola “Illusione e delusione” e si svolge in due atti con prologo e epilogo.

 

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Il prologo comincia il 30 novembre 2001 quando Carmelo Bonsignore l’ultimo commissario prefettizio mette il giocattolo nelle mani degli amministratori comunali di Sanremo, prende la porta e se ne va, insalutato ospite.

 

La scena è ambientata a Palazzo Bellevue dove il sipario si alza su Claudio Bagnoli, sindacalista di Confagricoltura prestato alla politica e deus ex machina del passaggio delle consegne.

 

Anche lui come tutti gli altri non ha fiutato il vento, però da una angolatura diversa perché ormai la frittata era fatta.

 

A Roma nella cabina di regia di via dell’Umiltà e in Parlamento Claudio Scajola e Gabriele Boscetto (soci onorari) erano in altre faccende affaccendati e non avevano trovato il tempo per studiare un qualche salvagente o paracadute per le case da gioco legali sotto forma di normativa-ponte, transitoria o di salvaguardia e così adesso la situazione andava affrontata per quel che era.

 

Ricordo, a tal proposito, che Boscetto ancora nel 2005 segnalava in Consiglio comunale come rischi per il casinò di Sanremo non la liberalizzazione delle centinaia di migliaia di slot e la concorrenza delle “dieci sorelle” concessionarie dell’Azienda Monopoli ma la discussione sulla legge organica sull’azzardo e “l'istituzione di almeno 6 nuovi Casinò” !!!

 

Per farsi un’idea precisa della gravità della situazione più di un lungo discorso serve l’apologo della ditta Borsalino.

 

Era come se nei 75 anni tra il 1927 e il 2002 in Italia vi fosse stato l’obbligo di mettersi il cappello e poi d’improvviso il portarlo fosse diventato una facoltà fino a quando nessuno se lo metterà più in testa perché adesso la moda imperante sarà andare a spasso a capo scoperto.

 

L’8 giugno 1998, quando c’era ancora l’obbligo di portare il Borsalino, Bagnoli era stato incaricato di preparare la Convenzione tra Comune e Società in un testo da mettere giù a più mani destinato ad essere discusso e ridiscusso per tre anni e finalmente sottoscritto il 29 novembre 2001.

 

La Convenzione, secondo l’apologo, avrebbe dovuto scrivere il futuro della ditta Borsalino, cioè -fuor di metafora- il destino del Casinò di Sanremo, immaginato dai caporioni locali del Popolo delle Libertà con alla testa Bissolotti come risposta alla gravissima e irreversibile crisi di sistema che si profilava all’orizzonte.

 

I nostri eroi avevano categoricamente escluso ogni altra soluzione alternativa come, per esempio, quella di ripensare il business partendo dalle fondamenta.

 

Un’ipotesi che -anche senza essere Marchionne buonanima- qualsiasi manager avrebbe quanto meno preso in considerazione e che in quel momento poteva essere avviata ristrutturando progressivamente l’azienda per riportarla ai parametri normali e riconvertendo la produzione, diversificandola e riallocandola, con l’obbiettivo finale di arrivare alla sua dismissione, affidata a privati imprenditori senza escludere lo “spezzatino”.

 

Invece i “politici” locali e gli amministratori comunali dell’epoca (Bagnoli era assessore delegato alla specifica incombenza ma col saio del monaco amanuense) hanno preferito la rimozione della realtà, illusi che la pacchia durasse all’infinito, garantita dal trend ascendente del gettito lordo che era cresciuto di una ventina di milioni nel triennio precedente e drogata nel triennio successivo da incassi in ulteriore crescita grazie al doping “colpo di frusta” delle slot machines (nella prospettiva di potenziarla con l’apertura di una succursale al Palafiori), fino a raggiungere il picco record dei 102 milioni e mezzo nel 2004.

 

Le cifre dell’epoca parlavano: a Sanremo ogni 100 euro 72 provenivano dalle slot, Sanremo e gli altri tre casinò insieme ne avevano 2000 in tutto e con quelle dovevano fronteggiare una concorrenza di 200.000 slot e più, oltre tutto in mano a dieci multinazionali onnipotenti e spalmate sull’intero territorio, isole comprese.

 

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Dopo questo prologo la commedia della rimozione della realtà descrive al primo atto l’assalto alla diligenza con gli attori che si alternano nella parte degli indiani a cavallo.

 

Al secondo atto lo scenario muta radicalmente e il copione diventa quello del gioco del cerino acceso perché la diligenza è vuota e sta per finire nel burrone.

 

L’epilogo vede tutte le varie facce di bronzo uscire di scena alla chetichella senza distinzione di Partito, Parrocchia, Obbedienza e Loggia, lista civica e cordata di appartenenza.

 

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Atto Primo: nel 2004 il PDS, Borea e lo Smilzo a cavallo dei mustang e con asce di guerra, archi e frecce irrompono trionfalmente a Palazzo Bellevue e già a ottobre vanno all’assalto della diligenza del PDL a chiedere lo scalpo dell’equipaggio a bordo: Casale, Offman, Bagnoli, Mastorakis (subentrato a Vesco) e Martinelli.

 

I nuovi arrivati in Comune dopo nemmeno un anno attribuiranno ai cinque le conseguenze della bufera (peraltro inizialmente sottovalutate dall’AD Martinelli), una batosta che con la stessa intensità si era abbattuta su tutte e quattro le case da gioco e con questo pretesto a settembre del 2005 tireranno un calcio in culo al quintetto Pdl e al suo posto faranno salire sulla diligenza Stilli, Audetto, Montarsolo, Calvi e Donetti.

 

Il calcio sarà restituito, ma nei denti, il 22 novembre 2006 quando Stilli scenderà dalla diligenza perché i nuovi indiani a cavallo con alla testa Battistotti e Di Meco lo avevano accusato essersi prestato al “mercato delle vacche” dove il prezzo consisteva nell’incarico dato a un consigliere comunale “presunto voltagabbana” di occuparsi di spettacoli teatrali.

 

Così l’anno successivo, esattamente a Ferragosto 2007, salirà sulla diligenza, sempre benedetto dal PDS, da Borea e dallo Smilzo, un quintetto “delle Meraviglie” con Di Ponziano, Maiga, Biamonti, Del Beccaro e Donetti un quintetto che alla data del 28 febbraio 2011 (quando Di Ponziano toglierà il disturbo) sarà riuscito a perdere per strada in meno di quattro anni la bellezza di 28 milioni di euro in conseguenza del disastroso crollo dei proventi lordi passati da 92 e 64 milioni di euro.

 

Il PDS, lo Smilzo, il Mago Zoc (e soprattutto Borea che nel 2005 in Consiglio comunale aveva dato delmenagramo” a Martinelli perché lo aveva avvisato della bufera in arrivo), nel gioco dello scaricabarile non potevano evidentemente scaricare le colpe sugli amministratori della società nominati da loro e presentati come tanti Batman.

 

Così con un triplo salto all’indietro si sono inventati il peccato originale del povero Bagnoli e di Casale, rei di essere partiti in Convenzione dal 63,5 % dei proventi lordi attribuiti come canone al Comune e di avere costretto quest’ultimo ogni anno a ridurre tale percentuale (che scenderà fino al 16 % attuale, Ndr) e ad accrescere specularmente quella trattenuta dalla Società (che salirà fino all’84 % attuale, Ndr)

 

Loro due, quindi, erano responsabili di aver mandato in rosso per sette anni consecutivi i conti della società con perdita dell’intero capitale sociale e ricapitalizzazione e di conseguenza colpevoli di avere legato le mani e tarpato le ali ai vari Batman.

 

Tra parentesi, come annotavo,  con l’ulteriore aggravarsi delle conseguenze della burrasca che si è abbattuta su tutte indistintamente le case da gioco, (fenomeno che le facce di bronzo onorarie avevano ignorato e quelle dei soci sostenitori avevano rimosso), i proventi lordi a Sanremo sono scesi nel 2017 di ulteriori 18 milioni e hanno raggiunto al ribasso la quota 46.613.594,79 euro; e le percentuali di riparto si sono invertite perchè l’84 % che va alla società (39.461.502,69 euro) e il 16 % al Comune (7.152.092,10 euro, somma che al netto di imposte e tasse si riduce a miseri 2.849.057,94 euro).

 

Chiusa questa parentesi (che, a rigore, riguarda i soci ordinari dell’Associazione “Facce di bronzo” che verranno dopo il 2012) e tornando alle dimissioni di Di Ponziano, a questo punto per sostituirlo il Mago Zoc ad aprile del 2011 ha mandato Di Meco come presidente di una Società sull’orlo del fallimento.

 

Per evitarlo è stato necessario che il Comune trasferisse alla Società ulteriori 5.617.436,00 euro a titolo di ricapitalizzazione e di copertura dei disavanzi degli esercizi precedenti, tappando i buchi ereditati dai soci sostenitori dell’Associazione “Facce di bronzo” che li avevano preceduti.

 

Con questo bonifico è calato il sipario su primo atto della commedia, quello della illusione che la pacchia fosse eterna e bastasse salire sulla diligenza.

 

 

 

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Atto secondo: il gioco del cerino acceso inizia con Tinelli nel 1998 quando lancia l’SOS citando i parametri della legge organica del gioco d’azzardo in discussione in Parlamento per spiegare perché nessun privato si era più presentato per gestire l’azienda e quali erano state le cause che l’avevano mandata fuori mercato e non più appaltabile.

 

Causa principale ma non unica il personale in esubero e male utilizzato che pesava negativamente sul bilancio della società e soprattutto sulla produzione. 

 

Bisogna riconoscere che già negli ultimi anni della gestione ATA qualche piccola crepa nella diga di quei parametri si era aperta grazie al doppio grimaldello “politico-sindacale” e con la scusa dei “craps” e dei giochi “americani” lavorati.

 

Ma il crollo si è verificato poco dopo con il passaggio alla gestione pubblica, ancora con Paolo Soma a capo del personale e poi soprattutto con Claudio Pisani sotto le ondate di “immigrati” da Tripoli, Umago, Portorose e Kenia senza dimenticare le stabilizzazioni della Legge “Sullo”, e poi via via con Caronia e Correnti i corsi e ricorsi storici dei concorsi-burletta e di “formazione & lavoro”, ultimo dei quali quello del “Pastore” finito in vacca.

 

Questo per dire, a proposito di vacche, che fino a quando erano state grasse la moneta del “posto al casinò” aveva avuto corso legale sul loro mercato, come dimostra, per esempio, il caso del succitato Caronia, quadro periferico del sindacato UIL, eletto in consiglio comunale nel novembre 1995 nella lista “La Primavera” di Lanza e di Tinelli e assunto quell’anno in qualità di dirigente e arrivato fino al vertice  amministrativo dell’azienda nei tredici anni successivi per poi trasmigrare nel 2009 nella Repubblica di San Marino a dirigere il Casinò del Titano.

 

Fatta questa premessa, nel 2004 PDS, Borea, lo Smilzo erano saliti sulla diligenza   e vi avevano trovato il boom degli incassi (102.632.491,00 euro con un incremento di 4.543.140 euro rispetto all’anno precedente), il boom del gettito delle slot machines (72.700.000 euro con una incidenza del 70,84 % sui proventi lordi) e il boom del personale, forte di 510 unità ma fresco di rinnovo contrattuale.

 

Poi di anno in anno, come abbiamo visto, il gelato è andato man mano squagliandosi nelle mani loro e in quelle del Mago Zoc, “apostrofe azzurra” tra i rossi Borea e Smilzo, e si è profilato all’orizzonte lo spauracchio del fallimento della società indebitata per 6.154.185 euro nel 2012 e soprattutto della decadenza della concessione dei giochi come succederà in futuro a Campione.

 

Saranno, come vedremo, Ghinamo, Giancaterino (poco dopo sostituito dalla Rodi) e Cambiaso a dover prendere il cerino acceso dalle mani di Di Meco, Maiga e Biamonti sotto forma di crisi aziendale e di procedura di licenziamento collettivo per 123 dipendenti in esubero strutturale, e quindi a correre il pericolo di bruciarsi le dita.

 

Come i nuovi arrivati ci siano riusciti lo vedremo al terzo capitolo della trilogia, qui si conclude il secondo atto, quello della delusione, che vede tramontare mestamente la generazione dei soci sostenitori che nel decennio 2002-2012 hanno mandato a bagasce un’azienda invece di accompagnarla con lungimiranza e buon senso verso una metamorfosi possibile.

 

Proprio quell’anno 2012 Daniel Audetto, esperto di marketing, ricorderà con queste parole quella lontana possibilità perduta.

 

Avevamo capito che, nonostante l’incasso di 100 milioni, il trend era negativo a causa delle sale-slot, e occorreva puntare sul casinò anche come polo turistico. Grazie alle mie amicizie avevo contattato Donald Trump che era d’accordo, ma non gli è mai arrivata la documentazione richiesta. Abbiamo capito che non avremmo potuto fare molto: la privatizzazione era osteggiata. Addio quindi anche alle crociere in arrivo dagli Usa. Peccato, perchè si sarebbe potuta creare una sinergia con Las Vegas e Atlantic City e anche con il casinò di Montecarlo, perchè l’allora vice presidente dell’SBM, Mario Piccinini, era d’accordo sull’utilizzo di fiches di Sanremo a Monaco e viceversa.

 

In fumo anche i contatti con il general manager di EUROBET, Nico Giovando, leader nel settore, che avrebbe anche messo una telecamera su una roulette per giocare da casa e quelli con il ministro del Turismo di Mosca, Gregoriev Antioufeev: i russi amano il gioco e Sanremo. Si era anche pensato ad un collegamento con l’aeroporto d’Albenga, allungando la pista per far arrivare i charter dalla Russia, ma Sanremo ha poi ceduto le sue quote azionarie”.

 

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Epilogo: sinceramente, avendo seguito da spettatore le vicende della casa da gioco per più di mezzo secolo, non credevo di leggere a giugno 2018 parole di soci sostenitori come quelle pubblicate su un quotidiano online e che non commento perché non ce n’è bisogno.

 

Anzi, un commento lo faccio sulla qualità del bronzo, davvero straordinaria.

 

Sotto il titolo “Sanremo: Donato Di Ponziano parla del futuro del Casinò: la parola d'ordine deve essere qualità" e il sottotitolo: “Lo scopo dell’incontro era quello di promuovere un confronto con coloro che operano all'interno del mondo dei casinò. L’obiettivo primario era ovviamente quello di offrire spunti utili allo sviluppo futuro della casa da gioco sanremese, da sempre una risorsa importante per la città.”

 

Per Donato Di Ponziano la parola d’ordine per il futuro del Casinò di Sanremo è: qualità. Il rappresentante dell’associazione culturale "Civiltà e Progresso", ha parlato della casa da gioco e delle sue prospettive. L’incontro ha visto la partecipazione degli esponenti dell’amministrazione come il sindaco Alberto Biancheri e l’assessore Marco Sarlo, oltre a loro erano presenti anche i rappresentanti del Casinò. In prima linea il consigliere e presidente di FEDERGIOCO Olmo Romeo.

 

Intorno a loro i rappresentanti dei sindacati della casa da gioco. 

 

Donato Di Ponziano, al termine dell’incontro ha confermato che “La qualità è la chiave che guarda a quanto succede nel Mondo ed alla massificazione del gioco presente sul territorio italiano. Una massificazione agevolata dal Governo e difficile da battere. Noi dobbiamo guardare alla qualità che rappresenta il know-how sviluppato in più di un secolo di esperienza. Se ci apriamo alla concorrenza del gioco in Internet ed alle Vlt siamo rovinati”.

Qual’è il futuro del Casinò matuziano?

“Io sono stato presidente della Casinò Spa ed ho guardato gli errori fatti. Il futuro esiste e dobbiamo aprirci con nuove realtà di business. Oltre ai bilanci che devono essere in positivo, dobbiamo dare un prodotto che il mercato chiede e sono certo che si può creare”.

 

Il presidente di FEDERGIOCO Olmo Romeo ha esaltato l’importanza di questo tipo di incontri: “E’ stato un incontro importante perché le occasioni in cui si può parlare di Casinò, magari anche con idee diverse, sono fondamentali. In qualità di presidente di FEDERGIOCO ed esponente del CDA di Sanremo, ho voluto portare la mia testimonianza nel periodo più difficile della storia. Il nostro competitor maggiore è lo Stato, che esercita il predominio sul gioco, diffusamente sul territorio in maniera incontrollata. In più ora c’è l’on line che sarà la nuova frontiera delle ludopatie a livello nazionale ed internazionale. Nel futuro del Casinò di Sanremo ci sono eventi, stagioni teatrali, momenti dedicati alle associazioni, in un grande contenitore per il turismo, sia sul mercato nazionale che internazionale”.

 

Lo scopo dell’incontro era quello di promuovere un confronto con coloro che operano all'interno del mondo dei casinò. L’obiettivo primario era ovviamente quello di offrire spunti utili allo sviluppo futuro della casa da gioco sanremese, da sempre una risorsa importante per la città. Il mondo dell’entertainment è un mercato all'interno del quale tutte le case da gioco più famose nel mondo sono impegnate a conquistare spazi sempre più significativi. Comprenderne le dinamiche operative, di gestione e gli spazi di sviluppo, appare oggi un elemento che può definirsi indispensabile per la crescita.

 

Anche Marco Sarlo, Assessore al Turismo, è convinto che in futuro il Casinò di Sanremo crescerà nuovamente: “Il Casinò è in una posizione centrale per lo sviluppo turistico della città, anche se sta passando un periodo di crisi come tutte le case da gioco nazionali. Credo che ci possano essere delle possibilità nel riposizionamento internazionale, con un nuovo flusso turistico che visiterà le nostre zone e che apprezza il gioco. Sono rimasto colpito dall’intervento dell’ex amministratore del Casinò di Venezia: una delle cose più importanti sono i conti in ordine. E la nostra casa da gioco, nonostante il calo degli incassi ha i conti che funzionano”.

 

Durante il suo discorso di Ponziano ha rimarcato: “...Qualità è significato di esperienza, contenuto umano e conoscenza, tutto quello che serve per uscire dalla massificazione. Vogliamo mettere la nostra qualità della nostra casa da gioco con le VLT e sale con VLT?! Noi abbiamo la qualità. Possiamo andare a giocare con carte che altri non hanno”.

 

“Che cos’è la qualità? La qualità è intrattenimento perché il nostro Casinò deve essere intrattenimento. Qualità per quello che so fare, per quello che posso rappresentare nell’immaginario, qualità anche nell’intrattenimento e non può passare solo attraverso il gioco. Intrattenere significa capire qual è il prodotto, rinnovare quello che sto vendendo e come lo confeziono. Se non perseguiamo obiettivo della qualità siamo persi”.

 

“Questo Casinò tanto odiato e poco amato ha avuto possibilità di creare ricchezza in questa città e tante possibilità ha ancora. Se i conti tornano rispetto all’anno precedente succede che si crede di essere virtuosi ma non è così, non basta. Questo è il messaggio. Noi come associazione saremo vicini a prescindere perché credo a preservare un’esperienza che mi è costata tanto ma che mi ha permesso di portare a casa tante bellissime cose”.

 

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