Sul famoso MEME DIFFAMATORIO mi ero ripromesso di andarmi a vedere i fatti.
Eccoli.
Il 14 settembre 2013 chiude il Tribunale di Sanremo e l’immobile ritorna nella disponibilità del Comune di Sanremo il quale il 2 settembre 2014 a soli due mesi dall’insediamento a Palazzo Bellevue della nuova maggioranza di centro sinistra, lo infila nel Piano delle Alienazioni e Valorizzazioni Immobiliari che il Mago Zoc aveva varato dodici giorni dopo, esattamente il 26 settembre 2013, ma senza mettercelo, e lo Smilzo appena arrivato giustifica la fretta di includerlo con la necessità di coprire i fabbisogni del Patto di Stabilità.
Il casino fatto dagli avvocati costretti a spostarsi a Imperia ha coperto due aspetti di quella fretta, 1) la sua effettiva necessità; e 2) la motivazione di quella scelta discrezionale operata nell’ambito di un patrimonio immobiliare comunale molto più vasto di quanto dicano le tabelle che ogni anno il Dirigente comunale responsabile è tenuto ad aggiornare e ad allegare alla Relazione annuale.
Sul punto 1) sappiamo che le norme da applicare all’equilibrio finanziario 2014 sono quelle della legge di stabilità 2012 (12 novembre 2011, n. 183) e precisamente gli articoli 30, 31 e 32 che partono dal prodotto della moltiplicazione per il 14,8 % della somma degli impegni per spesa corrente media del periodo 2007/2009 per poi applicarlo al parametro del patto di stabilità interno comunale, rappresentato dal saldo finanziario tra entrate finali e spese finali al netto delle riscossioni e concessioni di crediti, calcolato in termini di competenza mista , cioè per la parte corrente valgono gli accertamenti e gli impegni mentre per la parte in conto capitale si considerano gli incassi e i pagamenti.
Al passaggio delle consegne lo Smilzo è subentrato in una gestione finanziaria 2014 dai fondamentali solidi, in linea con i risultati degli esercizi precedenti a partire dal 2010, di cui l’ultimo (2013) che aveva fatto registrare non lo zero tra entrate e spese ma addirittura una eccedenza di quasi due milioni di euro rispetto all’obbiettivo del Patto di stabilità interno comunale e un avanzo complessivo di € 40.606.175,04 dei quali € 21.516.400,71 non vincolati.
E poi non è che in luglio e agosto impegni e pagamenti piovano a catinelle in quantità tale da sfondare il tetto di spesa.
Sul punto 2) sappiamo che le norme da applicare in tema di alienazioni risalgono alla legge di stabilizzazione della finanza pubblica del 2008 e sappiamo anche che in Liguria la relativa procedura è scritta nella Finanziaria regionale 2012.
Palazzo Bellevue nel 2010 ha esordito senza risultato con l’offerta di 13 immobili, ma poi negli anni successivi il programma delle alienazioni ha avuto miglior fortuna attraverso il complesso di una ventina di procedimenti che hanno interessato 43 immobili di cui 23 aggiudicati con un introito complessivo di € 9.573.814,00.
Residuava allo Smilzo la possibilità di una offerta al ribasso su una ventina di immobili invenduti del Piano delle alienazioni ereditato da Mago Zoc e comunque i “pochi, maledetti e subito” da incassare per rispettare il Patto interno potevano essere tranquillamente coperti come aveva fatto il Mago Zoc l’anno prima con l’anticipo di una parte del contributo RAI per il Festival.
A questi rilievi di carattere finanziario e contabile si aggiunge una considerazione sulla scelta “proprio” dell’ex Tribunale tra decine e decine di immobili da fare oggetto di variante urbanistica al P.R.G. con cambio di destinazione d’uso sottesa alla loro valorizzazione.
Come, tanto per fare un esempio, il caso di Villa Angerer per la quale risale agli Anni Ottanta una proposta presentata da privati che, oltre al restauro dell’edificio liberty oggi in degrado, prevedeva la realizzazione di un parcheggio interrato sotto il parco con ripristino della vegetazione esistente.
Viceversa il Tribunale ospita uffici, è davanti a Palazzo Bellevue e a poche decine di metri di distanza dalla stazione ferroviaria e dal parcheggio interrato sottoutilizzato e in parziale abbandono e la spesa annua di € 648.411,59 per locazioni passive nel 2014 si sarebbe ulteriormente ridotta con il mantenimento dell’edificio a destinazione servizi comunali.
In sostanza, lo Smilzo era appena arrivato in Comune e c’era davvero tutta questa necessità di vendere, di farlo in fretta e di vendere “proprio” quell’immobile?
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Comunque sia, per quanto possa apparire immotivata e inopportuna, la decisione di vendere il Tribunale risulta pienamente legale dal momento che avviene nell’esercizio di un potere discrezionale che la legge accorda al Comune per superare una prioritaria emergenza di carattere finanziario e quindi con l’obbiettivo di rendere appetibile sul mercato immobiliare un determinato bene valorizzandolo anche in deroga e in variante a principi normalmente inderogabili e dirimenti.
E’ così che la Regione, assessore Cascino, il 28 novembre 2014 approva anche lei la variante al P.R.G. e la vendita per “effettive ragioni di interesse pubblico relative all’esigenza di reperire risorse da destinare a coprire i fabbisogni del Patto di Stabilità”, risorse corrispondenti a un “valore presunto [dell’immobile suddetto che] è stato stimato pari a € 16.000.000” come si legge nella deliberazione della Giunta regionale n.1486 pubblicata sul sito web il 4 dicembre 2014.
In effetti il 5 settembre 2014 i tecnici comunali hanno ricevuto l’ordine di stimare il valore dell’immobile e lo hanno fatto con una perizia di 19 pagine che applica il metodo di trasformazione edilizia normalmente seguito nei casi di recupero e che consiste, in parole povere, nella differenza tra il valore di mercato del bene trasformato e il costo della trasformazione nel quale è compreso un equo utile per l’investitore.
I tecnici comunali hanno stimato in 6.000 €/mq il valore di mercato dell’immobile trasformato, in 3.000 €/mq quello dei box auto, in 765 €/mq quello dei giardini e in 10.000 € il prezzo unitario delle cantine.
Poiché sono possibili sia la sostituzione e sia la ristrutturazione la perizia comunale nel primo caso ha calcolato il costo di trasformazione in € 19.983.711 e il valore di mercato del bene trasformato in € 36.354.000 per cui la differenza corrispondente al prezzo dell’immobile a basa d’asta risulterebbe di € 16.370.289 mentre nel secondo caso il costo scende a € 12.169.980,66 e il valore di mercato del bene trasformato a € 27.792.000 per cui la differenza corrispondente al prezzo dell’immobile a basa d’asta diventa di 15.622.019.34.
La stima si è conclusa su un valore a base d’asta di 14.000.000 di euro.
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Sul valore di 14.000.000 di euro a base d’asta il Comune alle ore 15,30 del giorno 20 luglio 2015 ha pertanto bandito una prima gara pubblica che è andata deserta.
A questo punto l’art. 6 comma 8 del “Regolamento per l’alienazione del Patrimonio immobiliare comunale”, approvato con delibere C.C. n. 44 del 20 luglio 2010 e n. 58 del 4 settembre 2011, entrambe esecutive ai sensi di legge, stabilisce che in caso di incanti deserti la base d’asta può essere successivamente ridotta, pur a perizia invariata, sino al 20% cioè, in questo caso, fino a 11.200.000 euro.
In applicazione di detta norma sono stati fatti altri tre infruttuosi tentativi, precisamente il 20 luglio, il 14 settembre e il 26 ottobre 2015 ognuno in ulteriore ribasso rispetto al precedente fino ad arrivare a 11.200.000 euro cioè al 20% in meno della base d’asta iniziale di 14.000.000 di euro.
Dopo di che il 22 dicembre 2015 ha avuto luogo l’aggiudicazione dell’immobile alla società Piemmedue srl con sede legale a Sanremo in Via Roma 187 per un importo offerto di € 8.011.000,00 e quindi con una riduzione del 42, 78 % all’esito del confronto concorrenziale con l’offerta “segreta” di riferimento depositata presso un notaio da una società privata di gestione del risparmio partecipata per il 70 % dalla Cassa Depositi e Prestiti e ACRI - Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio S.p.A. e ad ABI - Associazione Bancaria Italiana per il 15 % ciascuna.
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Il MEME DIFFAMATORIO evidentemente ha ritenuto che lo sconto del 42, 78 % pari a € 5.989.000 sia stato un regalo fatto al compratore visto che il regolamento comunale fissa come limite massimo di ribasso della base d’asta il 20 % pari a € 2.800.000 rispetto al quale, nel nostro caso, 3.189.000 € costituiscono una eccedenza.
Questa, chiamiamola, “anomalia” traspare anche dalle “singolarità” con le quali, a livello burocratico, si è svolta l’istruttoria tecnica interna della pratica.
Proverò a indicare alcuni passaggi che -almeno a prima vista- potrebbero essere giudicati “singolari”.
1°. Non ostante la materia rientri nella piena, autonoma ed esclusiva competenza dirigenziale la Determinazione n. 2383 del 2 dicembre 2015 dalla quale ha inizio la fase decisionale e conclusiva del procedimento, è stata presa dietro “autorizzazione a da corso” ad essa data dalla Giunta Comunale, a coprire con la sua responsabilità “politica” la responsabilità “dirigenziale” del Dirigente responsabile dottor Sapia e questo è avvenuto attraverso una deliberazione ancora senza numero presa “in data odierna e immediatamente eseguibile” mentre la Determinazione, ad ulteriore cautela, è diventata esecutiva dopo la sua pubblicazione sull’Albo Pretorio on-line de Comune dall’11 al 26 dicembre 2015.
2°. La Determinazione in questione applica una procedura assolutamente estranea al contesto, perché la legge (D.L. 30 settembre 2005, n. 203 “Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria” articolo 11-quinquies. Dismissione di immobili) riguarda solo l’Agenzia delle Entrate, i beni demaniali che le appartengono e misure fiscali e amministrative per semplificarne e agevolarne la vendita.
3°. La Determinazione in questione al punto n, 2 del dispositivo approva il Bando di gara da pubblicare su 2 quotidiani a diffusione nazionale e indica modalità e condizioni quanto meno “singolari”, poiché la procedura autorizzata dalla Giunta al Dirigente e da questi autorizzata a sua volta al RUP (Responsabile Unico del Procedimento) consiste in un “confronto concorrenziale” che definire ASSURDO E SURREALE è riduttivo, come cercherò di spiegare al punto n. 4° che segue.
4°. Il “confronto concorrenziale”, si legge nel Bando, “si terrà con il metodo delle offerte segrete da confrontarsi con il prezzo offerto da Cassa Depositi e Prestiti Investimenti S.G.R. depositato c/o uno studio notarile e saranno prese in considerazione unicamente le offerte in aumento sul prezzo offerto da CDP – SGR.”
Dove l’assurdità è innanzi tutto confondere la Cassa Depositi e Prestiti, istituzione pubblica preunitaria e poi nazionale, già Direzione Generale del Ministero del Tesoro, con una società di gestione del risparmio di cui la Cassa detiene il 70 % delle azioni mentre il rimanente 30 % è di proprietà privata e con la quale la Cassa mantiene esclusivamente rapporti di “direzione e coordinamento”. E’ assurdo inoltre coprire col segreto notarile l’elemento di confronto, cioè l’offerta della società CDP – SGR. Quando la stessa era già stata presentata al Comune il 5 dicembre 2014 ed era stata indicata nella cifra di 7.000.000 di euro, offerta respinta il 14 dicembre 2014 successivo e che sarà ovviamente confermata pari-pari via email dalla società CDP – SGR. Un terzo elemento sconcertante riguarda la pubblicità del confronto dal momento che il Bando è datato giovedì 3 dicembre 2015 e i potenziali concorrenti dovevano “presentare un plico chiuso con ceralacca o nastro adesivo e controfirmato sui lembi entro le ore 13,00 del giorno 9 dicembre 2015”, arco temporale di 6 giorni di cui 2 festivi nel quale 2 quotidiani avrebbero dovuto pubblicare il Bando a livello nazionale. Un altro elemento assurdo è il fatto che il Bando definisce irrevocabile ma provvisoria l’offerta vincente fino a quando il Consiglio Comunale non l’avrà accettata. In casi come questo (in analogia a quanto avviene per le “offerte anomale” e per il “taglio delle ali” nelle gare di lavori pubblici) l’onere di provare la congruità dell’offerta spetta all’offerente, Il Bando, invece, demanda ancora una volta all’Organo “politico” una funzione squisitamente tecnica.
5°. Rendendosi conto di quest’ultima, madornale, assurdità e dell’impedimento per i consiglieri comunali di accettare a scatola chiusa e senza coprirsi le spalle con una perizia tecnica giurata, una riduzione del prezzo del 42, 78 % (da 14.000.000 a 8.011.000 euro) quando loro aveva stabilito il tetto massimo del 20 % , il Dirigente del Settore Patrimonio degradava implicitamente l’offerta irrevocabile a semplice “manifestazione di interesse” e con Determinazione Dirigenziale n. 2458 del 14 dicembre 2015 incaricava l’ingegnere Gianluigi Pancotti di valutarne la congruità.
Il tecnico incaricato depositava la “Relazione Tecnica” il 16 dicembre 2015 con la seguente conclusione non asseverata né giurata: “Le verifiche effettuate consentono di esprimere una valutazione positiva di congruità del valore offerto dal privato ….. in rapporto all’attuale andamento del mercato immobiliare e in relazione al valore stimato nell’ultima perizia redatta dagli uffici comunali.”
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Ho riassunto gli elementi che giudico più importanti agli effetti del famoso MEME DIFFAMATORIO di cui si è parlato sui giornali.
Certamente alcuni di questi elementi appaiono imbarazzanti come il 10 dicembre 2015 ore 17,23 il Dirigente del Territorio ingegnere Badii scriveva su una email “hackerata” ai colleghi del Patrimonio (Sapia) e dei Lavori Pubblici (Burastero) e per conoscenza al Gabinetto Sindaco, alla collega Ragioneria (Barillà) e al Segretario Generale (Orlando):
“Quindi i margini di revisione ci sono ma una revisione <interna> della perizia appare, ora che c’è il potenziale acquirente, inusuale e magari artificiosamente forzata dallo stato di necessità. Concordo con le due ipotesi prospettate da Danilo [Burastero, n.d.r.], suggerendo nel caso l’affidamento a un tecnico esperto del mercato locale (che ovviamente io non conosco) al quale chiedere chiaramente e in tempi ristrettissimi una stima sintetica in revisione del documento di stima di 14 mil. e soprattutto chiedere serenamente se a suo parere stiamo svendendo un bene pubblico o stiamo cogliendo l’unica occasione che il mercato può dare in questo momento.”
Infatti è imbarazzante lo scaricabarile tra burocrati che non vogliono smentirsi tra loro, amministratori che scendono in campo a coprire i burocrati con l’ombrello di una delibera e i soggetti terzi a tenere il lume (società CDP – SGR certamente a sua insaputa e l’ingegnere Pancotti con sapiente e cauta scelta dei vocaboli).
Insomma, il MEME può essere certo un pò irriverente ma non diffama, anzi, visto come sono andate le cose, bisognerebbe forse che gli desse uno sguardo anche qualcuno più bravo di me con la toga addosso.