Tre anni fa ad oggi, l’11 luglio 2016 pubblicavo un post nel quale si ricostruiva a futura memoria la VERA STORIA della LOCATION di questa iniziativa imprenditoriale e l’anno scorso alla medesima data, riesumando il ricordo, ne commenterò la scelta con queste parole: “Perchè l'outlet in valle Armea è una puttanata: due anni fa ve lo spiegavo per filo e per segno. Ma Pinault evidentemente non lo ha letto.”

 

 

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Il mugugno aiuta la memoria e la memoria aiuta a capire.

 

L’ho scoperto sfogliando il Secolo XIX sotto un titolo-ossimoro che parla di legge illegittima e di torrente-assurdo che non esonda per delibera.

 

L’argomento è l’outlet che si intende aprire a tutti i costi in valle Armea combattendo contro un perfido leghista che fa di tutto per impedirlo.

 

Premetto di non amare i leghisti e di non avere preconcetti in merito all’iniziativa.

 

Il mio mugugno-amarcord è dunque libero e bipartisan e si limita a confermare l’antifona del parroco della Marina: “In Pater, Ave, Gloria pe i nostri marinai de Sanremu, gli autri che s’anéghe!”, ma questa volta, aimè, a parti invertite.

 

Il fatto è che l’outlet vogliono aprirlo i “furesti” ai piedi e sulle pendici di un colle che assomiglia al Podgora della grande guerra 1915-18, ma con maggior quantità di “corpo a corpo” in trincea e di assalti alla baionetta.

 

Perché certe cose, amici, bisogna conoscerle prima di mugugnare.

 

Dovete sapere, ad esempio, che le truppe dello shopping total-look di fascia alta che oggi intendono insediarsi nella vallata percorrono una antica carrabile tracciata nel 1922 dall’ingegnere comunale Lamborizio dopo che il 1° febbraio 1921 il popolo sovrano si era espresso con un referendum sul nuovo cimitero scegliendo tra valle Armea e Borgo Tinasso con 1396 voti contro 47 a favore della prima.

 

Poi nel ‘36 Gabrielli ha fatto il progetto esecutivo e alla fatidica ora zero del 1° agosto 1949 si è aperto solennemente il cimitero e inaugurata la carrozzabile.

 

Il tutto in applicazione della delibera n. 56 del 21 maggio di quell’anno presa da un Consiglio comunale che tra i suoi membri annoverava anche lo storico di Bussana professor Nilo Calvini.

 

A Sanremo, lo sappiamo bene, le strade nuove attirano le mosche come il miele e in aggiunta il piano regolatore “Morini” entrato in vigore il 18 gennaio 1960 di esca dolce ne conteneva un secchio e così a partire dal 6 luglio 1961 ai funerali si sono aggiunte per dieci anni le processioni di autocarri stracolmi di rumenta da smaltire nelle “Celle Beccari” finché la celebre ordinanza sindacale 11 marzo 1971 n. 1277 di Parise non trasferirà baracca e burattini un paio di chilometri più a monte a San Pietro.

 

Nei paraggi come d’incanto sono fiorite nel frattempo le più eterogenee attività, dal lavaggio della sabbia di mare proveniente dalle chiatte alla raccolta degli scarti della macellazione, dalla rottamazione alla concia dei pellami, dalla centrale del gas illuminante ai depositi di concimi e fitofarmaci.

 

Tutto questo mentre le intelligenze dell’epoca in campo floricolo si sbranavano per 12 lunghi anni sulla sede del mercato.

 

Sede che il Piano “Morini” collocava proprio lì in valle Armea e che invece loro volevano più centrale o nel Parco delle Carmelitane o a Mordibue in argine destro del torrente San Francesco.

 

Fino a quando il 6 aprile 1972 le baronie floricole, turistiche e edili dell’epoca si sono rese conto che il professor Morini non aveva poi tutti i torti e hanno dato l’okay alla “Variante n. 8” che confermava la scelta della valle Armea, compresa la zona dove oggi si vuole piazzare l’outlet.

 

Questa volta però, a non essere d’accordo era la Regione che approvava la variante n. 8 però a condizione di escludere la zona in questione.

 

Così il Consiglio comunale, di cui facevo parte, il 20 gennaio 1976 ha abbozzato, ritirando la variante n.8 e approvando quella n. 18 di adeguamento al diktat genovese.

 

A me, come a.d. della società promoter del mercato e con l’assistenza del professor Pericu è toccato in sorte, tra gli altri compiti, anche quello di mettere in piedi l’impianto urbanistico degli espropri, ancora sotto il vecchio regime della variante n. 18 del PRG “Morini”, e poi quello degli edifici, però sotto il nuovo regime di PRG che era entrato in vigore il 27 maggio 1980 con DPGR n. 667.

 

La famosa “Variante della Bassa Armea” rientra tra gli impegni di questo secondo tipo relativi alla zona industriale D1 che questa volta la volubile Regione ha allargato fino ad aggiungere tutte le pendici collinari sopra via Armea a ponente e via Frantoi Canai a levante.

 

Saltano fuori da questa inversione a U della Regione le minuscole zone satellite D1-1 della ex FIAT, D1-6 delle polveriere, D1-7 e D1-8 a monte della via Armea e in mezzo la grande zona F1 del mercato.

 

La Variante “Bassa Valle Armea” approvata con DPGR n. 976 del 27 agosto 1984 dopo lo scandalo-casinò e ancora col Commissario Prefettizio Bruno Pastorella è tutta lì.

 

Subordina gli interventi a due precise condizioni.

 

La prima è la soluzione del problema della viabilità delle quattro zone industriali sovrapposte di valle Armea che vanno dal mare fino all’autostrada e la seconda è la destinazione industriale e artigianale delle zone satellite con possibilità di insediamenti commerciali ma soltanto direttamente inservienti le attività industriali.

 

E non credo che operai e artigiani di questi tempi vestano Armani, Balenciaga, Burberry, Chapard, Coach, Dior, Pucci, Zegna, Fendi, Gucci, Hogan, Lanvin, Loro Piana, Moschino, Pomellato, Cavalli, Saint Laurent, Ferragamo, Tods, Valentino e compagnia bella.

 

Il diavolo sì, lui veste Prada.

 

Ecco perché mugugno, perché nell’Aldilà lui non abbia a imbattersi nel compianto ingegner Antonino Tetamo, progettista del Mercato e della “Variante della Bassa Valle Armea”.