Per me oggi 25 aprile 2020 la liberazione potrebbe essere da un atroce dubbio: “In Italia chi è che ha fatto il Grande Starnuto?

 

Lo so, è roba pesante, però la esterno lo stesso non solo per mia personale liberazione ma anche in omaggio dell’altrui resistenza!

 

Oggi a resistere all’attacco di SARSCoV2 è il “Villaggio globale” e lo fa con l’arma del web, il suo arsenale immunitario.

 

La guerriglia in rete è affidata alle batterie di fuoco disseminate sul Pianeta composte da piattaforme virali “open source” -pubbliche e private- ognuna delle quali gestisce un database interattivo che immagazzina i genomi infettati dal virus e ne pubblica real-time il primer sequenziato e completo man mano che gli arriva.

 

Dopo di che disegna sotto i nostri occhi la crescita quotidiana dell’albero filogenetico della pandemia, con radici, tronco e rami e descrive graficamente sul mappamondo la traiettoria di ogni singolo contagio. 

 

Tutte (o quasi) queste piattaforme sono gratuite, solo un paio di loro ha alle spalle una attività industriale, commerciale o di servizi mentre la gran parte è finanziata da filantropi o da istituzioni “onlus” con multiformi finalità, scientifiche, universitarie, umanitarie, ambientali e culturali.

 

L’interfaccia di queste “firing batteries” sul web sono i social dove gran parte di chi li usa non si limita a veicolare i dati sensibili prelevati dai database ma li commenta, li elabora e mette a confronto i propri risultati con quelli degli altri, anche semplicemente per ragioni didattiche o di hobby.

 

Altro che torte, tette & cosce, cagnolini e fake news!

 

Sull’altra faccia dei social è normale, invece, imbattersi in uno scienziato che commenta una sequenza genomica, o in un dottorando che posta l’abstract di uno studio di siero-prevalenza o nell’autore di un best seller scientifico che svela il segreto per succhiare a un pipistrello due gocce di sangue a sua insaputa.

 

Così questa mattina, 25 aprile 2020, mentre vagabondavo sulla faccia “seriosa” di un social mi è capitata sotto gli occhi una conversazione sul database NEXTSTRAIN e mi sono sentito patriotticamente come un clandestino a bordo con soli 4 genomi italiani presenti, (2 dei cinesi dello Spallanzani e 2 di Codogno) a fronte di 192.994 contagi e di 25.969 decessi nel mio Paese.

 

NEXTSTRAIN per chi non lo sapesse è la piattaforma online di scienziati americani, tedeschi e svizzeri che per prima ha consegnato al mondo civile i dati epigenetici sequenziati completi a lunghezza intera del genoma del “paziente uno Wuhan/IPBCAMS-WH-01/2019” da lei ricevuti dall’“Institute of Pathogen Biology”, dalla “Chinese Academy of Medical Sciences” e dal “Peking Union Medical College”.

 

Sto parlando, per intenderci, del genoma appartenente a un “Host: Human; Sex: Male; Age: 65” (“Homo sapiens; maschio; età 65”) proveniente da “Location: Wuhan” iscritto e offerto all’attenzione dell’Orbe terracqueo al n°. 1 della “Collection date 2019-12-24”, cioè (attenzione!) alla vigilia del Santo Natale 2019.

 

Poi nei successivi quattro mesi del 2020, lo sappiamo, a questa e a tutte le altre “firing batteries” del “Villaggio globale” sono arrivati a migliaia da tutto il mondo i genomi infettati, un enorme materiale che ognuna di loro ha elaborato dopo averlo selezionato e progressivamente campionato seguendo le otto mutazioni che via via si sono verificate su un asse virale con 29.899 basi nucleotidiche, quindi molto corto e abbastanza semplice. 

 

E’ questo il lenzuolo resistenziale sul quale proietto l’atroce dubbio del quale vorrei liberarmi.

 

Lo identifico nella domanda presa pari-pari dal social e datata 26 marzo 2020: “Mi scuso per l'off-topic, ma ho una domanda sul tracciamento dei contagi e non so dove metterla. Qui su “nextstrain/status/1237314360856449025s=20” …si dice che NEXTSTRAIN ha solo 4 sequenze di SARSCoV2 italiane. Perché gli sono state comunicate soltanto queste? Vorrei chiedere perché e se si può rimediare”.

 

La risposta è stata: “Stiamo ricevendo domande su casi mancanti COVID-19 caricati tramite @GISAID e condivisi pubblicamente su NEXTSTRAIN. Usiamo solo campioni di dati sequenziati a lunghezza intera di SARSCoV2 in cui è stato prelevato il materiale genetico. Non tutti i campioni che riceviamo sono sequenziati. Un Paese può avere molti casi di COVID-19, ma può non avere sequenziato nessuno di essi, se il tuo Paese non è su NEXTSTRAIN, o ha meno dati di quanto ti aspetti, semplicemente non abbiamo ancora sequenze, ma speriamo di averne presto, un po' presto.”

 

Da quella domanda ad oggi 25 aprile è già trascorso un mese e così questa mattina sono andato a controllare e ho constatato che i genomi da 4 erano diventati 51, una cifra meno scandalosa, mi sono detto, visto che lo spazio di visualizzazione della piattaforma è di ~ 3000 genomi per ovvii motivi di prestazione e di leggibilità.

 

Ma il mio atroce dubbio è rimasto, anzi si è rafforzato quando ho controllato da dove provenivano le new entry e ho visto più della metà dall’Abbruzzo, qualcuna dal Friuli, dalle Marche, e una o due ciascuna da Verona, da Roma (Istituto Superiore di Sanità) e da Milano (“San Raffaele” e “Sacco” ma quest’ultima però riguardante l’environnement e non l’human).

 

Agli inizi l’atroce dubbio sulla paternità del “Grande Starnuto” era il seguente.

 

“Se il 24 dicembre 2019 su NEXTSTRAIN  c’era già il genoma completo del paziente n. 1 e se il 29 gennaio 2020 l’Italia da “Location: Rome” aveva già comunicato alla piattaforma il genoma proveniente dalla Cina (“Exposure History: China”) che apparteneva a una cinese “Host: Human; Sex: Female; Age: 66” (“Homo sapiens; femmina; età 66”) e se in quei 35 giorni di campagna elettorale amministrativa le piazze del nord Italia e di Roma erano piene zeppe di sardine, non è che qualcuno anche lui arrivato magari ancora prima dalla Cina abbia starnutito in mezzo a loro?”

 

L’atroce dubbio sul “Grande Starnuto” si è rafforzato con la “Collection date 2020-02-20”, quando tra i tanti arrivi da tutto il mondo finalmente la piattaforma NEXTSTRAIN aveva ricevuto dall’Italia il 20 febbraio il secondo genoma, mittente la dottoressa Paola Stefanelli, Primo Ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma, però i dati epigenetici sequenziati completi a lunghezza intera erano di un “Host: Human, Sex: Male, Age: 38 Admin Division: Lombardy”, cioè del “paziente 1” di Codogno in Lombardia.

 

E’ vero, infatti, che il 26 gennaio la campagna elettorale è terminata, però nel mese successivo i locali pubblici erano ugualmente gremiti di sardine per i festeggiamenti e poi (fino alla vicenda Toscani-Benetton sul “Ponte Morandi”) per i piani di rilancio in vista della prossima sessione primaverile in Regioni importanti come il Veneto, la Puglia, la Liguria, la Campania e la Toscana.

 

Finché oggi i 51 genomi italiani ingigantiscono quel dubbio se li si mette a confronto, per esempio, dei 281 del Belgio, dei 160 della Francia, dei 164 del Lussemburgo, dei 106 della Spagna o dei 201 dell’Inghilterra.

 

Non per “quantità” ma per “qualità” dei genomi che mancano nella costruzione dell’albero filogenetico italiano, quelli delle Regioni del Centro-Nord Italia che fanno registrare i quattro quinti dei contagi e dei decessi.

 

Nel 1968 in Italia l’epidemia proveniente da Hong Kong attribuiva la paternità del “Grande Starnuto” a Mao Tze Tung dicendo che quando lui starnutiva il mondo si ammalava.

 

Oggi, 52 anni dopo, fuori dall’Italia assistiamo al rimpallo tra Xi Jinping e Trump per il disconoscimento di COVID-19 ma a casa nostra la certezza su chi ha fatto il “Grande Starnuto” è vicina.

 

Ci arriveremo quando finalmente saranno noti sulle “firing batteries” i genomi oggi chiusi in cassaforte e i rami dell’albero filogenetico italiano si copriranno delle foglie mancanti.

 

Ma fino a quel giorno, purtroppo, l’atroce dubbio rimane e la liberazione è rimandata a data da destinarsi.