Stamane anch’io come Santa Teresa d’Avila ho provato la vertigine dell’Infinito, lei cadeva nell’Estasi divina e io sono caduto nello stupore geometrico, lei per una Divinità infinitamente grande e io per un virus infinitamente piccolo.

La vertigine della mente è ben più forte di quella dei sensi, è come se l’intelletto interrompesse del tutto ogni sua attività e uscisse dal corpo, e io l’ho provato nel leggere che il volume del coronavirus rispetto al mio è nel medesimo rapporto geometrico di quello di un pollo rispetto alla sfera terrestre.

Misurato nel sistema metrico decimale il suo diametro è di circa 70 milionesimi di millimetro, con buona pace di chi pensa di intercettarlo con la mascherina fai-da-te.

In Italia sarebbe molto meglio, invece, che intercettassimo l’ipse dixit quotidiano dei Comitati tecnico-scientifici ufficiali e i tanti loro dogmi che il Sommo Decisore politico acriticamente accetta come verità di fede e senza peer-review per poi recepirli pari-pari nei suoi decreti che infligge manu militari ai sudditi acquiescenti.

Tanto per citare un caso interessante, ieri a Hong Kong hanno scoperto che il virus si replica velocemente anche nel tratto gastrointestinale, un po’ meno rapido nelle cellule enteroidi dell’intestino tenue e molto di più in quelle colonoidi del crasso.

Infinitamente piccolo com’è, lui può chiedere un passaggio al cibo che contamina oppure all’espettorato che proviene dal tratto respiratorio già infetto oppure, spiegano i microbiologi, può tranquillamente tuffarsi dal trampolino respiratorio nel flusso sanguigno intestinale.

Del resto qualche sospetto in merito deve averlo avuto la nostra Sara Giordana Rimoldi dell’Ospedale Sacco di Milano, responsabile della diagnostica, quando il 14 aprile scorso ha depositato sulle piattaforme filogenetiche mondiali GISAID e NEXTSTRAIN il genoma sequenziato del virus scoperto nella fogna di Milano, finora unico caso di pubblicazione a livello universale, almeno da quanto mi risulta.

Sono totalmente digiuno e analfabeta in materia, però due buchi neri in tutto questo li vedo.

Primo: si parla da mane a sera di tamponi e di test sierologici, però della necessità di controllare le feci dei pazienti Covid-19 guariti prima che rientrino in circolazione, e di un analogo controllo degli asintomatici, i Comitati tecnico-scientifici li avete sentiti parlare? Io no.

Secondo, ci è stato detto che nelle lacrime c’è il virus forse per consolare molti sopravvissuti ai quali sono rimasti solo gli occhi per piangere, però SARS-CoV-2 è presente anche nelle feci.

Metaforicamente ci siamo un po’ tutti, ma nella realtà sappiamo bene cos’è il batterio “escherichia coli”, per esempio quando al mare compaiono i cartelli con il divieto di balneazione.

E’ un batterio che si diffonde attraverso microscopiche frazioni di feci occulte e invisibili trasmesse da comportamenti antigienici e inappropriati: anche su questo punto, i Comitati tecnico-scientifici li avete sentiti dire qualcosa? Io no.

Altro insondabile buco nerissimo è il silenzio che circonda la ripresa delle attività di gruppo in spazi confinati e chiusi, un argomento che negli USA la coppia Trump-Fauci subordina al distanziamento fisico di 6 piedi, cioè di 2 metri.

Sappiamo che l’eccellenza scientifica mondiale mette in discussione questa condizione con un avvertimento: in un solo minuto di conversazione ad alta voce si immettono circa 1.000 microdroplet (goccioline) con dentro SARS-CoV-2 presenti nell'aria per più di 8 minuti.

Anche su questo punto i comitati tecnico-scientifici in Italia tacciono.

C’è infine l’incredibile e inaccettabile top secret che copre un impegno reticente, recalcitrante e inadempiuto del mio Paese, quello di aprirsi in modo trasparente e collaborativo alla comunità scientifica internazionale pubblicando e condividendo i dati genomici individuali della pandemia.

E’ un dovere morale e politico preciso che non va confuso con l’ottemperanza giuridica agli adempimenti statistici verso gli apparati burocratici ufficiali, come UE, OMS, ONU e compagnia bella.

I numeri parlano chiaro: li prendo dal sito web “NextStrain.org” coordinato da uno scienziato di Seattle che raccoglie e elabora i dati di laboratori accademici, indipendenti e governativi di tutto il mondo per tracciare visivamente la genomica del virus SARS-CoV-2 e che attualmente contiene le sequenze genetiche di ceppi provenienti da 75 Paesi in 6 Continenti diventando in pochi anni una formidabile risorsa online per gli scienziati, oltre tutto gratuita, open source e con la sicurezza massima.

Sabato 16 maggio 2020 l’Italia con i suoi 77 genomi è soltanto diciassettesima in una graduatoria dei Paesi conferenti che vede in testa gli USA con 1274 genomi seguiti da Belgio (305), Regno Unito (304), Cina (302), Francia (204), Olanda (201), India (197), Australia (168), Germania (128), Austria (127), Canada (121), Russia (119), Svezia (104), Arabia Saudita (102), Singapore (94) e Taiwan (84), in una posizione che si lascia alle spalle con minimo distacco la metà dei restanti 58 Paesi.

Potrebbe trattarsi di semplice reticenza, per amor di Dio! magari un po’ recalcitrante, se qualcuno però evitasse di ficcare il naso sulla provenienza di questi 77 genomi italiani, su chi si è fatto carico di prelevare il campione, di sequenziarlo e di trasmetterlo e soprattutto sulla loro rilevanza ai fini della ricostruzione scientifica della catena dei contagi in Italia.

Non dimentico infatti che la vulgata ufficiale basata su una manciata di genomi depositati dall’Italia su “NextStrain.org” è che il virus non sia italiano DOC ma che provenga dalla Germania.

Si tratta di una verità scientifica originata il 27 gennaio 2020 da un genoma tedesco preso da un cluster scoperto a Starnberg tra i dipendenti della ditta Webasto e sequenziato dall’Istituto di Microbiologia della Baviera, campione che il 20 febbraio 2020 (cioè  24 giorni dopo) avrebbe  raggiunto l’Ospedale di Codogno con un caso fortuitamente scoperto da una anestesista e che il 3 marzo sarebbe passato per quello dell’Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano con un altro caso e infine si sarebbe concluso il giorno successivo all’Ospedale Sacco di Milano con ulteriori altri tre casi sequenziati.

Dopo di che tenebra, mistero, silenzio scientifico filogenetico.

Troppo poco, direi, per soddisfare l’interesse di una Comunità scientifica internazionale che assegna all’Italia una posizione e un ruolo centrale di primaria importanza come crocevia non soltanto europeo nella diffusione della pandemia.

Per capirci, siamo al centro di un cluster di 13 campioni che hanno la medesima sequenza genetica determinata in Svizzera nel cantone di Zurigo, in Scozia, nella Germania meridionale, in Finlandia, in Nigeria, in Messico e in Brasile e poi trovata in nord America, New York, Washington e Florida.

Insomma, sono fermamente convinto che bisognerebbe filtrare anche questo ipse dixit tecnico-scientifico ufficiale perché è una versione che potrebbe voler nascondere qualcosa.

Il motivo è semplice e ancora una volta i numeri parlano chiaro: 57 dei 77 genomi provenienti dall’Italia e pubblicati da NEXTSTRAIN e da GISAID arrivano dall’Abbruzzo (51) e dal Friuli Venezia Giulia (6) sequenziati da Istituti zooprofilattici di due regioni che hanno avuto un ruolo tutto sommato marginale nella storia epidemiologica di SARS-CoV-2 nel nostro Paese.

Gli altri 20 genomi sono dei 2 cinesi e di 6 altri pazienti dello Spallanzani (8) più di altri 2 del Lazio, dei 5 della Lombardia che ricordavo prima, di 1 di Castel di Sangro, di 1 di Verona Bussolengo e infine di tre nostri connazionali prelevati su un natante e trasmessi dall’Austria.

Delle ecatombi nelle regioni Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Toscana, nulla, nemmeno un genoma, eppure hanno ospitato zone rosse nelle quali si è registrato il più alto livello di contagio non solo in Italia ma in Europa e nel mondo intero.

Ogni giorno l’esperienza della pandemia sconvolge e trasforma la nostra dimensione biologica apparente e non soltanto quella infinitamente piccola delle molecole.

Tutto questo, per il carattere “epocale” degli avvenimenti, tocca quasi inconsciamente soprattutto la sfera psicologica di ciascuno di noi e in me per esempio questo vacuus scientifico filogenetico non è un semplice metus ma provoca una autentica, forte e nuova vertigine mentale.

Non so in voi.