Dio mi perdoni ma quando ho letto il tweet di Kelly Loeffler il mio pensiero è andato a un pulpito più autorevole, al pulpito del successore di Pietro.

Lei è la candidata repubblicana nelle elezioni del 5 gennaio prossimo in Georgia contro il reverendo Raphael Warnock democratico “estremista radical-liberal” suo rivale nel ballottaggio per un seggio al Senato U.S.A. che sarà determinante ai fini della conquista della maggioranza nella camera alta del Campidoglio.

Il pastore di colore della Ebenezer Baptist Church -la storica comunità cristiana evangelica di Atlanta- è stato accusato da Kelly di predicare dal pulpito che fu dei pacifisti Luther King padre e figlio usando la Bibbia per seminare odio e per giustificare la violenza parafrasando nei suoi sermoni la parola di Cristo: "You cannot serve God and the military" che mette uno contro l’altro i Black Lives Matter, prediletti da Dio, e i poliziotti a Lui invisi.

L’ho pensato perché il “Great Reset” dopo il quale “nulla potrà più essere come prima” include anche la religione nella sua infausta profezia, riposiziona Cesare nei confronti di Dio e lascia aperto il giudizio di Cristo sul vicario del suo Apostolo su questa terra.

Pericolo condiviso da tutte le confessioni religiose, per esempio dall’Archbishop Viganò, ex Nunzio Apostolico del Vaticano negli Stati Uniti, che da un pulpito cattolico lo ha spiegato a Trump nell’imminenza delle elezioni presidenziali del 3 novembre 2020 con una “incredible letter” a lui indirizzata che è un autentico anatema dell’Aldiquà laico di Biden ed ecclesiale di Jorge Mario Bergoglio.

Altrettanto apocalittico però rassegnato al fatale tramonto di tutte le religioni è il celeberrimo reverendo Andrew Brunson anche lui pastore americano ma bianco e bipartisan, che per 25 anni aveva predicato dal pulpito della Chiesa Evangelica Presbiteriana di Izmir in Turchia prima di essere arrestato nel 2016 per coinvolgimento nel tentato golpe a Erdogan.

Ricordiamo tutti il braccio di ferro diplomatico per liberarlo, in un primo momento con lo status di ostaggio in cambio del predicatore islamico esule in Pennsylvania accusato da Erdogan di avere ideato il golpe, poi con lo status di prigioniero da scambiare con un banchiere turco in prigione negli Stati Uniti per violazione del blocco petrolifero iraniano e infine vinto nel 2018 da Trump con la liberazione in cambio della copertura dei sauditi nel “caso Khashoggi” a Istanbul e del ritiro delle sanzioni che avevano mandato a picco la lira turca nei confronti del dollaro.

L’ultimo sermone del reverendo Andrew Brunson diffuso domenica scorsa da remoto è politicamente molto importante per tanti motivi.

Ne cito solo quattro: primo perché prescinde da chi il 20 gennaio 2021 giurerà alla Casa Bianca, secondo perché non è legato alle elezioni ma procede dal rientro in Patria dopo 25 anni trascorsi all’estero, terzo perché si limita a parlare di “intense pushback” senza arrivare alla persecuzione vera e propria e quarto perché lancia l’allarme sulla generale impreparazione, non a difendersi dalla ostilità atea, ma dal “Great Reset” mondiale aconfessionale che azzera tutte indistintamente le religioni intese come categorie dello spirito e ne iscrive i dogmi di fede tra le fake news.

La “Patria della Libertà” ne ha viste altre di libertà sotto attacco ma mai quella di religione, ha ricordato Brunson, grazie ai suoi Padri fondatori e ai grandi leader che si sono succeduti, tutti “devoti che hanno onorato Dio” non ostante gli errori commessi e peccati fatti.

 

Oggi, invece” ha concluso “moltissimi leader nella nostra società e nelle corporazioni, nei media, nell’intrattenimento, nella politica e nelle università, non onorano Dio. Addirittura, lo sfidano apertamente.”

La sfida a Dio viene lanciata attraverso la “strategia dell’annullamento” che inizia con l’antipatia culturale verso le varie Chiese e confessioni, prosegue con il “platforming” che ne censura e ne imbavaglia la comunicazione e si conclude con i lockdown diffusi e ricorrenti che interferiscono nella pratica religiosa e la bloccano.

Vedere il pastore evangelista Franklin Graham che porta in giudizio per indebita ingerenza nella libertà religiosa Tom Wolf, Governatore democratico della Pennsylvania, per aver determinato d’autorità nel suo Stato quale deve essere il numero di fedeli nelle Chiese oppure il pastore di Los Angeles John Mac Arthur che chiede il riconoscimento legale del servizio religioso come “essenziale” mi ricorda analoghe vicende di casa nostra, per esempio il blocco del Natale del Governo Conte II°, violazioni della libertà religiosa che da noi passano sistematicamente sotto il silenzio e col consenso tacito del successore di Pietro.

Il mio dubbio è che Jorge Mario Bergoglio abbia ottenuto vendetta invece di perdono per le Crociate, per i genocidi in nome della Fede e per la benedizione dei “Conquistadores” e dei dittatori di ogni epoca e luogo e che sia il “Great Reset” aconfessionale a consumarla a freddo mentre prepara il medesimo destino anche alle altre due religioni monoteiste per portare i Governi teocratici che le sostengono al reciproco annientamento.

Ecco perché i sermoni di Atlanta e quelli nostrani mi fanno pensare “Da che pulpito arriva la predica!”.