Su di noi arriva dall’etere una pioggia martellante di annunci messianici di una palingenesi in arrivo e alla fine il buon Bertold mi allunga un ombrello con la parafrasi della sua più famosa citazione: “Sventurato il pianeta che ha bisogno di Messia!”

Su questo nostro pianeta, in Europa, e dalle nostre parti, di Messia ne abbiamo uno, precisamente nel Cantone svizzero dei Grigioni, dove un Gran Sacerdote virtuale si trasfigura a cadenza annuale, sul suo citofono c’è scritto “World Economic Forum” e come piedistallo invece del Monte Tabor ha la montagna di Davos dalla quale, osannato dalle élites più ricche del mondo, annuncia “Urbi et Orbi” il destino economico prossimo venturo di Madre Terra.

Col passare del tempo la cosa è stata percepita dall’opinione pubblica come la solenne liturgia propiziatoria di un nuovo culto pagano, il “messianismo globalista” e l’appuntamento sulle Alpi elvetiche come la versione elegante ed esclusiva della festa del “Solstizio d’Autunno” del calendario solare dei Celti.

Tutto è filato liscio fino a quando nel 2016 non è arrivato Trump a scombussolare il quadro e poi la pandemia a completare l’opera.

In questi quattro anni i discepoli del Messia globalista hanno combattuto mille battaglie contro Donald l’Apostata, tutte ispirate da un doppio fine, la eliminazione del tycoon che aveva tradito la propria appartenenza alla stirpe dei Paperoni e la cancellazione dei suoi seguaci dalla faccia della Terra.

Non è il caso di rivivere quelle battaglie, le ricordiamo benissimo, fanno parte della storia recente di una “IIIa Guerra Mondiale” combattuta sotto terra e destinata a non finire con la resa dei vinti ma che proseguirà alla luce del sole subito dopo il 20 gennaio 2021, giorno dell’armistizio dedicato questa volta alla consacrazione di un fantasma e alla proclamazione formale del suo effimero successo.  

Infatti, anche se volesse farlo, Donald l’Apostata non potrebbe ammettere la propria sconfitta perché dalle tenebre sotterranee non è uscito un Messia in carne ed ossa vittorioso e pronto ad essere incoronato ma una entità metafisica che di volta in volta si materializza in un simbolo e in una liturgia e che, appunto, adesso lo fa con l’ologramma chiamato Joe Biden e con la sua cerimonia elettorale democratica.

In altre circostanze è toccato ad altri ologrammi e altre liturgie, Greta e l’anatema green dell’Apocalisse climatico lanciato all’ONU, Jorge Bergoglio e la teologia della liberazione predicata “ex Cathedra”, Soros e l’apoteosi dei fasti e nefasti del mercato finanziario, Bill Gates e il solidarismo sanitario peloso verso il Terzo Mondo, Ghebreyesus e il sincretismo sanitario filo-cinese della pandemia, Steve Jobs e il tecno-ottimismo “pro domo sua” e così via.

Però questa volta negli Stati Uniti il prezzo che il Messia Globalista deve pagare per lo sfratto di Trump dalla Casa Bianca è molto alto e direi addirittura micidiale perché consiste nel suo outing identitario, un disvelamento imposto dallo scontro in campo aperto e all’ultimo voto che lo ha costretto a scoprire le carte e a smascherare il bluff.

Così finalmente veniamo a sapere che a nome, nell’interesse e per conto del nostro pianeta e dell’intera popolazione planetaria, parla ed agisce non un Messia ma una minuscola setta di accoliti ciascuno dei quali dotato di una precisa identità, fisica o giuridica, ma tutti ugualmente con una propria sconfinata potenza economica e finanziaria alle spalle.

La politica in ambedue le contrapposte versioni, democratica o totalitaria, è semplicemente uno dei tanti modi di manifestarsi del potere dei globalisti, inizia con la conquista elettorale del consenso e si conclude con la sottomissione plebiscitaria per acclamazione.

In partenza serve soltanto un optional, l’empatia, ingrediente trasversale e comune a tutti i regimi e il compito di crearla viene affidato agli strumenti della comunicazione di massa.

Nella prima fase il regime politico sarà “democratico” nella seconda diventerà “popolare”, magari con appendici ideologiche o religiose tipo “comunista” in Cina oppure “islamica” in Iran o anche personali tipo “chavista” in Venezuela.

Sull’agenda del club globalista, invece, c’è molto meno uniformità a causa del progredire asimmetrico dello stato avanzamento dei lavori e in alcuni casi, come con Trump al suo arrivo nel 2016, l’ideale patto di sangue della setta va in apparente standby e entra in clandestinità con la copertura della laicità della ricerca scientifica e tecnologica e della neutralità politica del business delle produzione e dello scambio in un regime di libera concorrenza.

Negli ultimi quattro anni, infatti, Trump è stato presente su entrambi i fronti della clandestinità con Ordini Esecutivi contro le interferenze cinesi, con sanzioni e dazi, tagliando i fondi alla ricerca senza frontiere e smascherando le bugie nucleare e climatica che nascondevano il disegno globalista di cancellare le sovranità nazionali con l’introduzione di uno stato di sorveglianza e di blocco totalitario.   

Poi nell’ultimo anno a rompergli le uova nel paniere è arrivata la pandemia.

Ma la medaglia ha un’altra faccia, quella della frenetica accelerazione impressa dal virus all’agenda globalista che sotto il “patchwork” della politica adesso si vede costretta ad aggiungere al bavaglio, alla museruola e al guinzaglio dell’economia anche il condizionamento e il ricatto della tirannia sanitaria attraverso l’arma del vaccino in mano alle multinazionali farmaceutiche di proprietà della cooperativa globalista.

Però è un’arma a doppio taglio da usare in fretta e furia in queste settimane per immunizzare il gregge consumista e produttivo sotto la spada di Damocle dei suoi comportamenti futuri una volta esorcizzato il panico e azzerati i consumi.

La globalizzazione benedetta dai Messia stramiliardari ed evangelizzata dai loro missionari è davvero irreversibile?

Davvero il patriottismo, il nazionalismo, il sovranismo identitario di Trump e di quelli come lui sparsi sul pianeta sono stati cancellati dalla faccia della Terra?

Questa è la vera incognita della “IIIa Guerra Mondiale” combattuta tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri.

Una forbice che la gratuità vaccinale e le iniziative umanitarie, ecologiche green e ambientaliste finanziate dalle Fondazioni benefiche globaliste non riuscirà certamente chiudere.

La sua conseguenza in campo economico e finanziario, la stagflazione, una volta innescata produce miseria, fame e disoccupazione e così arriva a distruggere il patto sociale, e il messianismo globalista ne è stato l’amplificatore, ecco perchè merita la maledizione di Brecht: “Sventurato il pianeta che ha bisogno di Messia!”