Un Natale fa il mondo incantato della Nobiltà di censo e della grassa Borghesia era al tramonto e s’appressavano le prime ombre della notte rossogialla, vindice e giustizialista, con orde di sanculotti in Parlamento pronti ad issare sulle picche e sulle alabarde le teste degli affamatori del popolo.

Tempo di profeti inascoltati e derisi, e io lo fui il 25 dicembre 2019 -un anno fa- Santo Natale, I° dell’Era COVID con questo post che Facebook riporta oggi 25 dicembre 2020 alla mia memoria.

“Accadde oggi, un anno fa Bruno Giri.

Come Robespierre l’“Incorruttibile”, anche “Giggino ‘o Giaccobbino” dal 1° gennaio 2020 col blocco della prescrizione avrà la sua “Legge dei sospetti”, per colpire i controrivoluzionari nemici della “felicità e del bene comune”, per trascinarli sul patibolo con un verdetto sommario di primo grado del Tribunale rivoluzionario e senza poter confidare nella clemenza del tempo dopo aver inutilmente fatto appello al Comitato di Salute Pubblica e invocato la grazia alla Convenzione Nazionale.

Dai triunviri del “Grande Terrore”, Robespierre, Saint-Just e Couthon, ci aspettiamo adesso la moderna “Legge 22 pratile Anno II°” nella versione aggiornata dal Guardasigilli Bonafede che abolisca la difesa degli imputati, pericolosa cospirazione contro la Repubblica, che escluda le testimonianze orali e le deposizioni scritte a loro favore, che elimini l’interrogatorio preliminare degli accusati e che faccia marcire nelle patrie galere gli evasori fiscali senza POS e senza scontrino e i loro complici affamatori del popolo, come il famigerato Lavoisier, il padre della chimica e lo scopritore delle sue leggi universali, ghigliottinato retroattivamente  perché in passato aveva riscosso le tasse per conto di Luigi XVI°.

Ormai la strada è spianata e la prima vittima a destra è il girondino Salvini che “Giggino ‘o Giaccobbino” manderà a processo per sequestro di persona sulla nave Gregoretti e poi con svolta a sinistra sul versante opposto tocca anche agli “exagérés” di Renzi, il moderno Hèbert, finito tra le grinfie dei moderni Fouquier-Tinville.

Quello romano ha già inquisito suo Padre Tiziano, il ministro Lotti e i carabinieri Del Sette e Saltalamacchia per traffico di influenze illecite negli appalti CONSIP e poi quello fiorentino dopo avergli incarcerato i Genitori adesso punta il dito accusatore sulla Fondazione OPEN della Leopolda.

Ma la testa più importante da tagliare è ancora sul collo di Luciano Benetton che “Giggino ‘o Giaccobbino” considera come un Giano Bifronte, tra Jacques Necker, bancomat dell’Ancien Règime e Honorè Mirabeau, l’inventore del mercato delle vacche dell’articolo 67 della Costituzione che recita: “Ogni membro del parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.

Quando non era ancora “Giaccobbino” ma soltanto “Giggino ‘o Sanculotto” lui allo stadio San Paolo leggeva i fumetti ma poi una sera si è trovato in piazza Vincenzo Calenda nella galleria del teatro Trianon dove Voltaire reincarnato in Grillo faceva tappa nel suo “Tsunami Tour” a evangelizzare le genti.

E lì che anche lui ha visto la luce dell’illuminismo, accese da Jean-Jacques Rousseau nella moderna versione di Davide Casaleggio, il pensatore 2.0 che ha fatto proprio lo slogan: ”L’uomo è nato libero e ovunque si trova in catene” e lo ha applicato al “Club degli Arrabbiati” nella moderna versione del PD e radical-chic di Napolitano, Prodi, Monti, Letta e Renzi che teneva in catene l’Italia legata al carro della Santa Alleanza di Bruxelles dopo aver ghigliottinato con lo spread la Vandea di Berlusconi e la Gironda di Maroni e Tremonti.

Acqua passata, ingenuità giovanili, quando il discepolo si nutriva di moralità in politica, di elogio della natura contro i danni della civiltà e di rifondazione della società sulla base di un patto che mettesse in mano al popolo sovrano i pieni poteri rendendolo “suddito di sé stesso”.

La metamorfosi di “Giggino ‘o Giaccobbino” è stata questa: uscito dal bozzolo come “Giggino ‘o Sanculotto” è diventato il baco “Giggino ‘o Populista” e oggi è farfalla, una falena nera “testa di morto” che non vola più con le ali della immaginazione e della fantasia di Rousseau-Casaleggio ma con quelle di Voltaire Grillo.

Un cattivo maestro che si è prostituito al “Club degli Arrabbiati” e che invece di redimere il popolo lo ha drogato con il suo pensiero-chic, elitario e carico di disprezzo per i poveri.

Per Voltaire-Grillo la “libertà di pensiero”  deve  diventare “pensiero unico” e i colpi di Stato con il pallottoliere si ammantano di legittimazione popolare e una Giustizia forcaiola e manettara deve punire il dissenso dei “nemici del popolo che cercano di annientare la libertà pubblica sia con la forza che con l’astuzia” come recitavano i commi IV e V della “Legge 22 pratile Anno II°” ma anche in base al comma successivo, deve colpire quelli come il girondino Salvini che hanno “intrattenuto accordi segreti coi nemici della Repubblica”, tipo con Putin all’Hotel Metropol di Mosca.

Galante Garrone però sulla Giustizia ha avvertito che non le è sufficiente aver Giudici onesti e professionalmente preparati, perché “in certe situazioni storiche, per poter ricercare e affermare la verità, con onestà intellettuale, bisogna essere combattivi e coraggiosi”.

Per esempio come Gratteri e la sua inchiesta “Rinascita Scott”, uno tsunami che nei giorni scorsi ha infranto l’antico e storico patto di sangue del PCI-PDS-DS-PD con i PM che risale a metà del secolo scorso e ha sbriciolato un iceberg con un mondo sommerso di insospettabili coperti da doppio petto, toga, divisa cappuccio e grembiulino.

La mannaia è ancora nelle sue mani e lui dovrebbe calarla alla cieca sul collo di amici e di nemici però in Umbria il 27 ottobre 2019 è stato per “Giggino ‘o Giaccobbino” un primo avvertimento.

 

La sensazione sgradevole di quello che il 9 termidoro anno II° è stato per Robespierre l’“Incorruttibile”, quando è toccato a lui lasciarci la testa con il ritorno della politica moderata e favorevole alla nuova borghesia arricchita perché, come diceva la Maiolo davanti alla cesta con dentro le teste di Craxi e di Berlusconi “prima o poi tutti i Robespierre finiscono sotto la ghigliottina”.