Il ruolo dei simboli nella politica è fondamentale, anche quando è negativo, e in certi casi anche quando il simbolo che dovrebbe esserci non c’è, scompare.

Come un anno fa succedeva in Emilia Romagna, storicamente “rossa” e quindi PD per eredità testamentaria e come commentavo in un post che FB riporta alla luce. Eccolo

“Accadde oggi, 11 gennaio 2021, un anno fa: Bruno Giri sta leggendo “La Repubblica”.

Ieri, venerdì 10 gennaio, l’assenza del logo del PD sui manifesti di Bonaccini ha varcato i confini dell’Emilia Romagna ed è stata promossa a questione nazionale e nei telegiornali, sui social e nei talk show è riuscita ad oscurare perfino la figuraccia di Giuseppi e di “Giggino ‘o Dipplomatico” sulla crisi libica.

Le due antitetiche scuole di pensiero hanno concordato su un unico punto, la formidabile potenza del segno visivo, in risposta alla domanda: “Che peso specifico bisogna attribuire a questo vistoso spazio bianco nella scala di Moss elettorale regionale e di riflesso in quella italiana?”.

Invece sul significato del buco rosso che vi si nasconde sotto e sul messaggio che lancia al mondo le chiavi di lettura sono state diametralmente opposte e non poteva che essere così.

A sinistra la scuola psichedelica ha interpretato la “non presenza” come una simulazione visiva intenzionale per mettere l’elettore emiliano romagnolo di fronte all’immagine di una Regione “orfana” del PD e così nel suo subconscio far leva sulla dimensione surreale che accenda in lui una struggente tensione emotiva, un mix stroboscopico di rimorso per la sua vile diserzione, di nostalgia del “Paradiso perduto” e di rimpianto dei tempi di “Baffone” e dei suoi nipotini come oggi li definirebbe Gramsci.

A destra invece le avanguardie neoveriste si sono ispirate al positivismo salviniano di matrice contadina e al motto romagnolo “L'è sol e' cvérc che sà quel che bol int la pgnàta” e così hanno intervistato il coperchio per sapere cosa bolliva nella pignatta di Bonaccini.

La risposta non si è fatta attendere e già stamattina sabato 11 il segretario PD in una intervista su Repubblica rende esplicito il significato subliminale dello spazio bianco: “Vinciamo in Emilia Romagna e poi cambiamo tutto, vecchio Pd addio, dopo le Regionali un nuovo Partito. Dobbiamo aprirci alla società e ai movimenti che stanno riempiendo le piazze in queste settimane. Non voglio lanciare un'OPA sulle sardine, rispetto la loro autonomia: ma voglio offrire un approdo a chi non ce l'ha.”

Cioè, in parole povere, vuole mettersi in concorrenza con As do Mar, Riomare e Capitan Findus.

La cosa ricorda tanto il “Veni, vidi, vici” di Cesare, quello che aveva scommesso anche lui sull’Emilia Romagna varcando il Rubicone con un dado in mano e che è finito sotto il pugnale di Giunio Bruto, che oggi potrebbe chiamarsi Matteo Renzi.

La risposta di Salvini a tutto quello che “bol int la pgnàta” del PD è racchiusa in una frase: “Volerò, disse il bruco, e tutti risero, tranne le farfalle.”

Farfalle che sono gli elettori dell’Emilia Romagna, i quali per giunta hanno imparato da Grillo ad amare il rumore dei passi di chi si allontana alla ricerca di un altro futuro e lo scrivono anche sui muri.

Post scriptum: Sappiamo come è andata a finire il 26 gennaio 2020, le sardine hanno mangiato i bruchi, ma non le farfalle.