Truccate o no le elezioni, finalmente il 20 di questo mese il mondo volta pagina.

Ne esce di scena uno e ne arriva un altro, come quando muore un Papa.

Lo strascico di “M” di chi se ne va è argomento per badogliani e maramaldi, invece la montagna di “M” che sommerge il nuovo venuto viene spalata e rimossa da sherpa e da illusionisti.

Impresa non facile, la loro, già dopo il 3 novembre scorso e prima dell’Epifania ancor meno, adesso per chi deve aprire la strada a Joe sembra davvero una “mission Impossible”.

Un conto è arrivare alla Casa Bianca per il rotto della cuffia e un conto è farcela -magari anche con 7 milioni di voti in più- però con un peccato originale che nessun battesimo potrà mai cancellare.

Vero o falso che sia si sente dire in giro che tra gli elettori ci sono stati defunti, minorenni e incapaci e che il numero dei votanti ha superato quello degli elettori e si leggono accuse di manipolazione delle macchine per il voto gestite da compagnie private straniere e la cosa più logica per chi non ha nulla da nascondere dovrebbe essere non nascondere nulla.

Invece la “campagna” di Joe ha mobilitato il mondo intero della comunicazione e dell’informazione per nascondere tutto questo e molto altro di più, per minimizzarlo quando era troppo evidente e -in caso di impossibilità- per sotterrarlo nel campo delle fake news.   

Significa per Joe entrare nel ranking delle “FIGURE di M STORICHE” subito dietro a Todor Zhivkov che il 27 febbraio 1966 è stato eletto in Bulgaria con il 100 % dei voti, a Ruhollah Khomeyni che il 30 marzo 1979 ha vinto il referendum sulla repubblica islamica con il 99,3 % dei voti, a Saddam Hussein che il 15 ottobre 2002 è stato rieletto con 11 milioni e 400 mila voti a 0 nelle più regolari elezioni della Storia dell’Iraq e a Kim Jong Un che è stato eletto il 10 marzo 2014 in Corea del Nord con il 100% dei voti validi.

Nessuno deve scandalizzarsi perché sto parlando di autorevoli Capi di Stato alcuni dei quali hanno fatto trattati e accordi con gli Stati Uniti su petrolio, missili e bombe atomiche e i loro eredi hanno tanto di account social liberi e indisturbati.

Mica parlo di un “suprematista bianco” (The Guardian) scacciato con ignominia anche dai social, del profeta infame dell’odio senza cervello, del propugnatore dell’orwellismo razziale (The New York Times), del teorico dell'antisemitismo sionista, di uno che sguazza nella cloaca senza fondo del fascismo (Washington Post), dell’autocrate fanatico che terrorizza milioni di musulmani, di messicani, di afroamericani e latinos, sia chiaro.

La chiudo lì sul “mostro” che se ne sta andando e vi risparmio il peggio testimoniato e scritto da autorevoli giornalisti, esperti di intelligence, funzionari e politici rispettabili e benpensanti e da personalità del politically correct che per quattro anni hanno strenuamente “resistito” alle persecuzioni nelle trincee e negli scantinati sotto attacco dell’Associated Press, nelle redazioni del “The Wall Street Journal”, del “The New York Times”, del “The Guardian”, del “Washington Post”, del “Philadelphia Daily News” e del “The Inquirer e nella forzata “clandestinità” di tante altre testate e riviste online come  Mother Jones”,  Forward”,  Slate”, “Salon”, “Vox”, “Alternet”, “Atlantic”, “Stern Magazine” e via elencando.

Vedere oggi sventolare sul più alto pennone della corazzata “Potëmkin 2021” la bandiera rossa del “GloboCap” (Global Capitalism) non ispirerebbe più Ėjzenštejn e neppure Walt Disney tanta è la M che Joe nasconde nelle sue stive.

Non sto parlando di fatti precisi e di cose concrete ma di sensazioni indefinite e impercettibili, che so? di impressioni spontanee, di umori istintivi, magari semplici stati d’animo però diffusi e potenti.

Uno, per esempio, è nella domanda: “Chi esclude che il vulnus di Capitol Hill sia soltanto il finale orchestrato per occultare un vulnus elettorale ancora più grande?”. 

Un altro caso è leggere che il Presidente degli Stati Uniti viene prima oscurato e poi messo a tacere da alcuni miliardari high tech che nel suo quadriennio di presidenza hanno moltiplicato in misura esponenziale la loro ricchezza mentre il collega cinese di Alibaba, più ricco di tutti loro messi insieme, è sparito dai radar reo di avere semplicemente osato alzare le ciglia sul Presidente Xi Jinping. 

C’è poi la faccia che 12 Stati e 11 Senatori hanno messo con la richiesta di fare chiarezza, non di ribaltare il risultato ma di chiarire l’accaduto perché (testualmente) “che i nostri funzionari eletti o i giornalisti lo credano o meno, quella profonda sfiducia nei nostri processi democratici non scomparirà magicamente, dovrebbe interessarci tutti, perché rappresenta una minaccia continua per la legittimità di eventuali amministrazioni successive.”

Richiesta cancellata da un tragicomico colpo di spugna, quello del cosiddetto “assalto al Campidoglio” subito paragonato all’incendio del Reichstag ad opera dei nazisti mentre tutti (ma proprio TUTTI) fiutano al volo che si tratta di un evento hollywoodiano con la partecipazione di attori, figuranti e comparse folkloristiche e caricaturali munite di corna, pellicce, caschi e scudi come i decurioni al Colosseo e gli opliti al Partenone.

Valore simbolico del set, scelta del momento catartico, Polizia di nomina democratica sia quella del Campidoglio (Pelosi) e sia quella di Washington (Bowser) che sposta le barriere e apre la strada ai manifestanti anziché usare il bastone, lanciare fumogeni, lacrimogeni e granate esplosive e sparare proiettili di gomma, tutto lo fa capire, specie ricordando sul medesimo set l’opposta sceneggiata violenta e repressiva di qualche settimana prima a Lafayette Square per demonizzare Trump con la Bibbia davanti alla storica Chiesa di St. John's.

Ma la peggior figura di M è ancora un’altra, aver lasciato che il cinepanettone di estrema destra scatenasse la cronica schizofrenia dell’estremismo di sinistra e questo, di nuovo, ormai lo fiutano tutti (ma proprio TUTTI).

Cito il XXV° Emendamento per rimuovere Trump dall'incarico perchè “mentalmente instabile” in base a una perizia psichiatrica sollecitata a un “repubblicano” con laurea in storia e diritto da una fanatica “democratica” ottantenne che ha letto come messaggio in codice nazista l’invito del Presidente ai manifestanti (testualmente) a “tornare a casa” e ad agire “con pace e amore”.  

Cito le mozioni per espellere dall’assemblea qualsiasi membro “repubblicano” del Congresso che abbia messo in dubbio il risultato delle elezioni presidenziali e cito Joe che parla giorni dopo, a freddo e a reti unificate di “caos che rasenta la sedizione” anziché metterci una pietra sopra e che giudica “un bene” che il suo predecessore votato da 71.000.000 di americani non presenzi alla cerimonia del passaggio delle consegne.

Ci sarebbe molto altro da aggiungere ma il podio è conquistato da Joe grazie a queste figure di M che consegnano il suo personaggio alla Storia e all’aneddotica e che gli spalancano le porte del mondo della satira e della barzellettistica.