Due mondi, due mentalità e due élites politiche, Facebook con un post commemorativo riporta alla memoria le annotazioni sul mio taccuino di guerra dell’anno scorso nella trincea elettorale dell’Emilia Romagna.

Emigrazione nelle Americhe e guerra coloniale in Libia dl 1911 a fronte del mercato di carne umana e delle bombe sulla Libia di oggi.

Mio Dio! come siamo caduti in basso! E in Emilia Romagna otto giorni dopo il 26 gennaio 2020 molti lo capiranno ma non abbastanza per voltar pagina.

Ecco il post.

“Accadde oggi, 18 gennaio 2021, un anno fa quando Bruno Giri stava leggendo “Tripoli live”.

Il flashback della campagna elettorale in Romagna alla vigilia della “Conferenza di Berlino” di domani domenica 19 gennaio sulla Libia si apre con Giovanni Pascoli, poeta di San Mevar al quale ha regalato il suo cognome, San Mauro Pascoli in provincia di Forlì Cesena.

Il bardo romagnolo della “Grande Proletaria si è mossa” alla conquista della Libia nella vittoriosa guerra coloniale contro l’Impero Ottomano del 1911.

Con una prima “petite difference”: allora sulla poltrona di Giuseppi stava seduto Giovanni Giolitti e al posto di “Giggino ‘o Dipplomatico” c’era Antonino Paternò Castello, sesto marchese di San Giuliano.

Un’altra differenza invece riguarda la Grande Proletaria prima di muoversi quando i suoi figli migravano all’estero e poi dopo che l’Italia si era mossa e non migravano più e a rievocarla è stato il poeta forlivese nella sua orazione civile pronunciata il 26 novembre 1911 nel Teatro dei Differenti di Barga con queste parole. 

Prima Ella mandava altrove i suoi lavoratori che in Patria erano troppi e dovevano lavorare per troppo poco. Li mandava oltre Alpi e oltre mare a tagliare istmi, a forare monti, ad alzar terrapieni, a gettar moli, a scavar carbone, a scentar selve, a dissodare campi, a iniziare culture, a erigere edifizi, ad animare officine, a raccoglier sale, a scalpellar pietre; a fare tutto ciò che è più difficile e faticoso, e tutto ciò che è più umile e perciò più difficile ancora: ad aprire vie nell’inaccessibile, a costruire città, dove era la selva vergine, a piantar pometi, agrumeti, vigneti, dove era il deserto; e a pulire scarpe al canto della strada.”

Adesso che in Italia i migranti fanno il percorso inverso, arrivano e non partono più, salvo i famosi “centomila cervelli in fuga”, il flashback elettorale prosegue con un altro forlivese, Giuliano Poletti, Ministro del lavoro di Renzi, che ha legato la sua immagine politica alla cena con Buzzi, patron della cooperativa “29 GIUGNO”, che partecipava alla pacchia dopo aver scoperto che "gli immigrati rendono più della droga".

Poletti l’orazione civica l’ha pronunciata un lunedì 19 dicembre 2016 al ristorante self service “Pesce Azzurro” di Fano con queste parole.

Centomila giovani se ne sono andati dall’Italia? Sì, ma non è che qui sono rimasti 60 milioni di pistola. Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”.

Parole in linea con la tradizione del PD in materia, partendo dai bamboccioni, choosy e sfigati di Padoa Schioppa per arrivare alla prolusione civica pronunciata alla Scuola Superiore Sant'Anna dal PREMIER RENZI IN PARTENZA PER LA FAMOSA CENA DAGLI OBAMA e che si è chiusa con queste parole.

Non continuiamo con la retorica della fuga dei cervelli. Il punto centrale è che bisogna trovare il modo di essere attrattivi e aprirsi alla competizione internazionale”, questo a patto che non si tratti dei nostri figli, e poi gli altri si accomodino pure fuori dalle palle.

E anche lì Poletti ha lasciato un altro segno con suo figlio e col giornale da lui diretto, che in tre anni ha portato a casa mezzo milione di contributo pubblico per l’editoria e col codazzo di battute ironiche e scherzose sulla laurea e sul soprannome allusivo di mister copia-incolla.

Domenica 26 gennaio c’è da scommettere che molti elettori romagnoli faranno un ulteriore flashback riassuntivo dei precedenti in particolare sul significato politico del loro voto, una volta che anche nella loro Regione il regime dopo 70 anni è arrivato al capolinea e Pascoli direbbe che “La Grande Proletaria non si muove più” e che bisogna correre ai ripari con una forte scossa.”

Post scriptum: Quanti in questo anno trascorso si sono fatti un’idea diversa della maggioranza rossogialla e ittica sia in Emilia Romagna e sia a Roma? Quanti cominciano ad aprire gli occhi?