L’altro giorno ricorreva il centenario del Congresso di Livorno e della fondazione del Partito Comunista uscito da una costola socialista.

Alla moviola della Storia ci tocca sorbire in questa circostanza comiche ricostruzioni, rivendicazioni bugiarde e ricordi inventati di sana pianta.

Combinazione vuole che proprio oggi Facebook mi riporti alla memoria un post dell’anno scorso che scrivevo in piena campagna elettorale nell’ombelico storico del neonato PCI.

Mi piace ripubblicarlo perché disegna in controluce la mia parabola mentale sul comunismo, da bambino sfollato in montagna per sfuggire ai bombardamenti anglo-americani fino a oggi.

Eccolo.

“Accadde oggi: 24 gennaio 202i, un anno fa quando Bruno Giri stava guardando “Destino Finale”.

In guerra, quando di notte le orecchie girevoli degli aerofoni segnalavano sulle montagne l’avvicinarsi dei bombardieri nemici, in città il gracchiare delle radio Marelli a valvole termoioniche lanciava il preallarme bilingue, suonavano sirene e scattava l’obbligo di oscuramento seguito dall’allarme e dalla discesa in cantina sulle panchine del rifugio antiaereo.

Poi i nemici sono diventati amici, atterreranno, sbarcheranno, risaliranno l’Italia e ci libereranno e subito dopo l’Emilia Romagna diventerà il ventricolo rosso che pompa sangue nel cuore del più potente partito comunista al di qua del muro di Berlino.

Sarà lei il modello di Paradiso Sovietico in salsa italiana che il Partito di via delle Botteghe Oscure da allora mostrerà con orgoglio ai Partiti fratelli del pianeta marxista-leninista.

Poi con Gorbačëv sparirà l’Unione Sovietica, cadrà il muro, si convertiranno al capitalismo i giganti del comunismo mondiale e lo stesso Partito guida nazionale cambierà più volte nome e simbolo.

Traslocherà dalle Botteghe Oscure, storica sede di “Rinascita” e negli ultimi tempi del PDS di Ochetto per sistemarsi a via Palermo col DS di Veltroni e approdare infine al largo del Nazareno, che sarà sputtanato in eterno dal patto scellerato di Renzi con Berlusconi.

Sono crollati Imperi, altri li hanno sostituiti, il mondo è ora un villaggio globale ma in Emilia Romagna la linea politica al Potere è sempre quella di allora, invecchiata, incartapecorita, inacidita, ondivaga, perderà pezzi e memoria, chiusa in sé stessa, però sempre uguale, a battere in longevità la Regina Elisabetta con Giuseppe Dozza che è entrato nel “Palâz” a Bologna sei anni prima che lei entrasse nella abazia di Westminster a Londra a mettersi la corona in testa.

Settantaquattro anni in politica sono una eternità, uno in più della dinastia mongola di Gengis Khan, e dopodomani 26 gennaio 2020 il romagnolo Mussolini alla fine di un’epoca annuncerebbe la seconda volta al mondo che “un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria”.

Un tempo giornate come questa si concludevano all’unanimità con plebisciti bulgari, poi col trascorrere dei decenni sono finite per acclamazione ma con ampia partecipazione di popolo e ultimamente nel 2014 Bonaccini ha vinto per inerzia con i due terzi di elettori che hanno disertato le urne.

Il futuro adesso è segnato, la Storia volta pagina.

Poi Salvini e la Borgonzoni ne facilitano il corso, certamente, loro offrono un seguito ragionevole al “rompete le righe!” e alla Caporetto, il loro è il grido di Munch di fronte al vuoto esistenziale lasciato dalla fine di un’epoca storica.

Però il destino non torna indietro, non lo farebbe neppure se, per assurdo, il regime rosso sopravvivesse a sé stesso per un voto in più, sarebbe il gesto dell’ultimo Prometeo comunista destinato anche lui a fare la stessa fine di quelli che lo hanno preceduto nella sfida.

Del resto nell’Olimpo dei grandi italiani a ricordare la forza del destino è stato un figlio di questa terra, il cigno di Busseto, Giuseppe Verdi, anzi il “paesano delle Roncole”.

Post scriptum: il regime rosso sopravvivrà a sé stesso grazie al viagra delle sardine di Toscani/Benetton e al trapianto dei fanta-populisti bisognosi di Grillo/Casaleggio, però una crepa si è aperta nella forma di parmigiano.