Quest’oggi, mercoledì 3 febbraio 2021, a mezzogiorno in punto, il Presidente Mattarella riceverà il “banchiere” Mario Draghi per incaricarlo della formazione di un Governo “di alto profilo” in grado di affrontare la crisi economico-finanziaria, sanitaria e sociale che colpisce l’Italia.
Draghi prima di guidare in Europa la BCE (Banca Centrale Europea) è stato Governatore della Banca d’Italia, istituzione che deve vigilare sulla corretta attività bancaria nazionale.
La singolare coincidenza tra un mio post sulla Banca Popolare di Bari (dove adesso Commissario Straordinario è –indovinate chi?- ma Arcuri, che diamine !, chi altri se non lui?) che stamattina Facebook mi ricorda e il prestigioso incarico di “salvare la Patria” conferito alla punta di diamante dei banchieri europei e nazionali da un lato mi consola e dall’altro mi preoccupa.
Mi consola perché Giuseppi si toglie dai coglioni e Draghi non c’entra con le colpe della Banca d’Italia e con i guasti del “bail-in” in Italia perché aveva lasciato la carica di Governatore il 31 ottobre 2011 e dall’altro mi preoccupa perché da tecnico somministra medicine amare, tipo patrimoniale, che sono all’opposto della flat-tax di Salvini.
Comunque sia e raccomandando l’anima al buon Dio, ecco il post di un anno fa.
“Accadde oggi, 3 febbraio 2020, un anno fa: Bruno Giri sta guardando “Star Trek Nemesis”.
Da piccoli ci divertivamo giocando a mosca cieca, poi da cinquant’anni i videogiochi hanno preso il suo posto.
Coi tablet adesso si divertono tutti tranne Crimi che ha spalancato un armadio pieno di scheletri e con gli occhi bendati insiste a giocare con loro a mosca cieca.
Eppure gli scheletri parlano e raccontano storie sulle quali un Giudice imparziale, il Tempo, ha impresso il timbro della Verità, basterebbe ascoltarli.
Perché non è sufficiente leggere le sentenze con le quali la Magistratura brucia l’incenso sull’altare della Legalità giudicando le malefatte con la Legge scritta sempre più distante dal comune sentimento di equità e di giustizia.
A Bari, per esempio, il Tribunale è il tempio di Temi, la Dea con la bilancia e la spada, ma fuori dall’aula da alcuni giorni c’è sua sorella Nemesi, e anche lei giudicherà una tra le tante storie di scheletri italiani che gridano vendetta.
E’ quella della Banca Popolare di Bari salita all’onore delle cronache pugliesi, nazionali e comunitarie a seguito dell’ordinanza del G.I.P. Francesco Pellecchia che ha incriminato per falso in bilancio l’ultimo board dell’Istituto.
Se ne sta occupando anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea del Lussemburgo investita da un ricorso del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, contro la Banca d’Italia e Palazzo Chigi per far sparire dalla faccia della terra le norme inique che hanno soppresso il sacrosanto diritto dei soci delle banche popolari di recedere e di essere rimborsati.
Il reato che a primavera in Puglia dovrà essere giudicato da Nemesi, la vendetta della Storia, è questo, lo ha commesso nel 2015 il governo PD del cambiamento di Renzi, Padoan e Orlando, e lo scheletro nell’armadio che “Giggino ‘o Statista” e Giuseppi hanno trovato nel giugno 2018, semmai, li chiamerà a rispondere soltanto per occultamento di cadavere.
Salvini almeno questa volta non viene processato, lui in quel periodo era troppo impegnato a sequestrare bastimenti.
I giallisti insegnano che non è tanto importante il delitto quanto, invece, ciò che c’è dietro e il G.I.P. Francesco Pellecchia in 402 pagine di ordinanza e in 21 capi di imputazione ne descrive la scena ma non il retroscena, perché è quello che deve giudicare il popolo al di fuori delle aule del Tribunale di Bari e i responsabili umani e morali dovranno risponderne alle elezioni di primavera.
Man mano che scorrono le pagine della ricostruzione giudiziaria degli avvenimenti fatta dal G.I.P. i giochetti dei quattro cantoni e dello scaricabarile non funzionano più.
Anzi fanno ulteriormente incazzare i 70.000 soci della più grande banca del Mezzogiorno senza contare gli obbligazionisti che di loro avevano già il sangue agli occhi per aver perso tutti i risparmi, i primi un miliardo e mezzo e i secondi 213 milioni per colpa di Bruxelles e di Roma.
E’ vero infatti che la Direttiva 2014/59/UE del famigerato “bail in” è un fico del cavagno di Juncker e del “Project Team” del suo vice Dombrovskis con dentro Jonathan Hopkin Hill barone di Oareford, Commissario europeo per i servizi finanziari, un inglese che prima di fare le valigie ha voluto farci l’ultimo regalino.
E’ altrettanto vero che in Italia il “bail in” c’è arrivato nel 2014 con Letta e con il suo Ministro dell’economia Saccomanni, una vita spesa in Banca d’Italia e nei santuari dell’alta finanza e conclusa da banchiere Unicredit, però in tema di responsabilità la discovery giudiziaria del G.I.P. Francesco Pellecchia dice molto di più di ciò che sta scritto nelle sue 402 pagine
In particolare su Renzi il quale assieme a Padoan e a Orlando subito dopo aver rasserenato Letta si è inventato sadicamente un percorso a ostacoli verso il risanamento delle banche riservando alle cooperative popolari con finalità mutualistiche e senza fini di lucro, come, appunto la Popolare di Bari, le peggiori condizioni acrobatiche ed estreme.
Lo ha fatto con il decreto-legge 24 gennaio 2015 n. 3 il maledetto decreto “Salva banche” scegliendo tra i vari optional offerti dalla Direttiva UE il regime di “bail in” più duro e feroce e lo ha inflitto proprio alle banche popolari, fregandosene del loro stato di salute e imponendo un tetto massimo di attivo oltre il quale scatta l’obbligo di mutare pelle, da cooperative a spa con tutto quello che ne è conseguito a livello di contratti.
Il mandante è stato l’onnipotente premier e segretario PD fiorentino ma il mandatario killer è stato il governatore della Banca d’Italia al quale il nuovo regime punitivo aveva messo in mano la mannaia delle disciplina regolamentare che adesso il Consiglio di Stato italiano chiede alla Corte di Giustizia Europea di cancellare.
Il giudizio europeo scavalca la stessa Corte costituzionale che il 15 maggio 2018 dovendo scegliere tra banchieri truffatori e cittadini truffati ha scelto i primi, e se il giudizio alla Corte europea dovesse risolversi a favore del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, renderebbe invece giustizia ai secondi.
Nell’attesa dell’esito giudiziario, il “popolo” del tribunale “popolare” di una banca “popolare” si trova cornuto più del bue, e anche mazziato.
Da chi qui in Puglia nei Palazzi del Potere e delle Istituzioni ha assistito a sua insaputa alle allucinanti avventure descritte e documentate dal G.I.P. in 402 pagine.
Senza battere ciglio, almeno lanciare un grido in cielo, che so? un flebile lamento, come se un paio di miliardi di euro potessero bruciare senza far fumo, e sotto i suoi occhi e attraverso le sue narici.
Certo i 21 reati contabili e finanziari contestati ai nove indagati sono gravi ma il vero reato è di chi li ha lasciati commettere facendo finta di non vedere e di esso risponderanno a primavera personaggi al di sopra di ogni sospetto.
Ad aspettarli al varco sono tanti e questa volta i pesci li prenderanno in faccia e non saranno dei Benetton.”