Non trovo giusto che la quasi totalità dei miei concittadini siano tagliati fuori da notizie molto importanti che li toccano personalmente ma che vengono presentate in modo per loro incomprensibile.
Il caso del PUC è esemplare, ma certamente non unico, perché “parlare difficile” è la tecnica usata dagli addetti ai lavori per evitare critiche suggerite dal buonsenso.
In questi giorni se ne parla perché a palazzo Bellevue, sede del comune di Sanremo, il “Club dei 16” ha alzato la mano quando il Cerimoniere che dirigeva i lavori di una riunione di 31 invitati ha chiesto di farlo a chi era d’accordo su una massa di carte incomprensibili a quasi tutti.
Era il PUC, che significa piano urbanistico comunale.
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Sul PUC circolano idee sbagliate tipo queste:
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E’ come il tasto “CANC” che cancella tutto e parte da zero, idea falsa perché il piano regolatore è eterno e trascorso un lungo periodo di tempo viene soltanto adeguato alle novità e corretto nelle sue previsioni future.
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E’ come la Santa Messa officiata dal prete secondo una liturgia che riproduce il messaggio di Cristo, idea falsa perché il piano regolatore è soltanto un documento di sintesi, tipo la “Carta di identità” che non si identifica con la persona ma ne descrive alcuni caratteri necessari ad identificarla e periodicamente viene rinnovata.
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Serve per permettere (o vietare o limitare) la costruzione di nuovi edifici residenziali a scopo speculativo, idea sbagliata perché nel piano regolatore la parte di territorio comunale destinato alla espansione edilizia è molto piccola e resa ancora più piccola dalla fetta portata via dalla “edilizia pubblica” (case popolari), mentre la gran parte del territorio comunale è vincolato ai servizi pubblici oppure è destinato ad attività produttive come l’agricoltura, le spiagge, gli alberghi e l’artigianato.
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Quello che c’è scritto e disegnato si realizza, idea del cazzo perché anche soltanto per piantare un chiodo bisogna comprarlo, avere il martello ed essere proprietari della tavola di legno dove piantarlo, cioè, in parole povere, ci vogliono le palanche, sia che il chiodo lo pianti la Pubblica Amministrazione e sia che lo piantino i privati.
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Il PUC è come l’esorcista che scaccia dal territorio il Demonio della speculazione e vi fa entrare l’Angelo della “Buona edilizia”, idea assolutamente idiota perché i margini di guadagno degli speculatori sono scomparsi, divorati da: 1° oneri di urbanizzazione; 2° cessione gratuita al Comune delle aree necessarie (parcheggi, strade, fognature, eccetera); 3° costo di costruzione (che non è il costo dei materiali e della manodopera ma è un ulteriore balzello da versare al Comune); 4° quota ERP (cioè il 20 % della superficie agibile costruita che devi REGALARE al Comune).
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Il PUC fotografa la realtà e dice come deve evolvere, idea più stupida di tutte per due precisi motivi, il primo perché la realtà di una Città non è una fotografia ma la sequenza di un lungometraggio che scorre sul video e il secondo perché l’interconnessione tra realtà e PUC è a senso unico e non puoi cambiare canale.
Potrei continuare a lungo, ma già adesso sulla base di queste prime 6 considerazioni si intuisce che, probabilmente, l’affermazione di “cambiare Sanremo” attraverso il PUC sul quale l’altra sera il “Club dei 16” ha alzato la manina appartiene alla categoria che Crozza fa rientrare nella produzione della “IN.COOL.8”.
Vedremo nelle puntate successive se la nostra era una semplice intuizione oppure se corrisponde alla realtà …………..
Ultimo aggiornamento (Domenica 18 Ottobre 2015 10:31)