Odio Menenio Agrippa e il suo apologo a beneficio della “Mano Pubblica” che porta alla bocca il nutrimento destinato al ventre e mi spiego con un esempio di casa mia, Sanremo in provincia di Imperia.

Nel 2011 a cavallo di due Governi (Berlusconi IV° e Monti) e di due Guardasigilli (Nitto Palma e Paola Severino) tra luglio, agosto e settembre entravano in vigore un paio di decreti-legge contenenti disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo e, tra le tante cose, anche di delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari.

La “spending review” grazie alla soppressione di 48 tribunali sub-provinciali sui 57 esistenti avrebbe dovuto essere di € 25 mln e di € 16 mln grazie alla soppressione di tutte le 160 sezioni distaccate, con un risparmio complessivo di € 41 mln circa.

Poi alla fine della fiera i Tribunali soppressi sono stati 28 su 30 tra i quali, appunto, Sanremo e per tutti a distanza di una decina d’anni il risparmio per la “Mano Pubblica” non c’è stato mentre per il ventre degli operatori e utenti privati l’aggravio dei costi sta diventando sempre più pesante.

La cosa che mi fa incazzare di più è il paraocchi dei cosiddetti “tecnici” al Governo, si chiamino Monti o Conte o Draghi o Severino (nella squadra di Monti) o Cancellieri (in quella di Letta), non cambia molto.

Prima di allora che si trattasse di una “cagata pazzesca” (P. Villaggio, cit.) lo aveva previsto, calcoli alla mano, uno studio sulle conseguenze dell’accorpamento delle quattro Sezioni distaccate del Tribunale di Trento, quelle di Borgo Valsugana, di Cavalese, di Cles e di Tione di Trento ma tutti i Guardasigilli che si sono susseguiti hanno proseguito indisturbati e indifferenti nello smantellamento guardando al riequilibrio del proprio “budget” in Bilancio e ignorando quello del Ministero vicino e soprattutto, come dicevo, ignorando la bocca e il ventre, quelli degli operatori e degli utenti privati.

Quanto alla “Mano pubblica”, occorre ricordare che a giugno e ad agosto del medesimo 2011 erano entrati in vigore un paio di decreti delegati di riforma contabile dei Comuni con i quali la contabilità finanziaria autorizzatoria veniva allargata a quella economico patrimoniale e quasi tutte le sedi giudiziarie, attenzione! il Palazzo di Giustizia era di proprietà del Comune al quale il Ministero di via Arenula pagava l’affitto che per diversi anni dopo la chiusura ha continuato a pagare col permanere per anni dell’occupazione con i faldoni e con gli arredi da traslocare.

Sanremo in questo è stata sbrigativa, si è venduto il palazzo a un privato che ci ha fatto una RSA per anziani abbienti, ma è una eccezione nel gran casino degli altri 187 casi tra Tribunali e Sezioni distaccate.

Pensando al gran casino delle carceri annesse ai Tribunali soppressi, tipo quello di Sanremo in Valle Armea, vien da dire che se Atene piange Sparta non ride.

Non ride, per esempio, il mio Pinerolo (sono nato a Cumiana nel circondario giudiziario di sua competenza) dove il Comune si era indebitato da poco per rimettere a nuovo il Palazzo di Giustizia, e neppure a Chiavari, l’altra sede soppressa, dove per la nuova sede inaugurata solo qualche anno prima si erano investiti 4 mln di euro.

Per non parlare degli immobili, tipo quello dell’ex Tribunale di Saluzzo, ristrutturati con mutui ventennali stipulati dal Ministero di Grazia e Giustizia e poi accollati ai Comuni, con oneri comprensivi di manutenzione, riscaldamento centralizzato, TARI e TASI e quasi sempre adibiti a magazzini giudiziari per i quali lo stesso Ministero continua a pagare affitto.

Nella variegata casistica non manca il permanere di un barlume di utilizzo “giudiziario” del Palazzo di Giustizia, come ad esempio il tentativo nel Foggiano di adibire a Sezioni Lavoro gli uffici dell’ex Tribunale di Lucera e quelli delle quattro Sezioni distaccate di Ange, San Severo, Apricena e Lodi Garganico oppure in Basilicata la richiesta di annettere a Potenza l’ex Tribunale di Melfi dove dall’Unità d’Italia ad oggi è custodito l’archivio e il casellario giudiziario comune a entrambe le sedi.

Non mancano casi di analoghe destinazioni a uffici, ma molto parziali e con degrado e abbandono della rimanente parte del fabbricato, tipo quello del Giudice di pace di Montepulciano dopo la soppressione del Tribunale e l’accorpamento alla sede di Siena o tipo lo stesso a Mistretta in provincia di Messina o Ariano Irpino o Alba.

In qualche caso i Comuni sono riusciti a collocare negli immobili attività pubbliche o di interesse pubblico come i Servizi sociali, o l’Agenzia delle Entrate, o lo Sportello di prossimità o il Centro per l’impiego o la sede INAIL o di una scuola o ultimamente l’hub vaccinale.

Ma, come dicevo, la maggior parte dei casi vede gli ex Palazzi di Giustizia restituiti ai Comuni ma chiusi, sigillati, inutilizzati, e molti di loro in abbandono e degrado per carenza di fondi nei loro bilanci a integrare l’affitto pagato dal Ministero per la conservazione di archivi e arredi.

Quanto al ventre dei privati, operatori e loro clienti, non mancano le reazioni come quelle degli avvocati a Sala Consilina, Sant’Angelo dei Lombardi, Vigevano, Modica e altre zone dove un testimone deve fare a sue spese anche 100-120 km per raggiungere il Tribunale e spesso deve anche sobbarcarsi le spese di albergo.

Col “Caso Palamara” il presidente Mattarella bis nel suo discorso alle Camere ha messo al primo posto dell’agenda di Governo la riforma della Giustizia e subito dopo Draghi e la Guardasigilli Cartabia l’hanno fatta approvare dal Consiglio dei Ministri mentre la Corte Costituzionale si metteva avanti con i lavori autorizzando cinque dei sei referendum sulla “Giustizia dove chi sbaglia paga”.

Peccato che il sesto referendum che voleva far pagare i Giudici non sia stato ammesso.

Cose grosse.

Io mi limito a quelle piccole, come appunto una stupidissima “riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari”.

Roba da mezzemaniche da indirizzare e controllare e che invece di portare a una banalissima razionalizzazione tecnica dell’offerta del servizio giudiziario è finita a puttane con aggravio della spesa pubblica, sperpero di risorse economiche e umane e pesante intralcio delle attività private coinvolte.

Se tanto mi dà tanto, per quelle grosse stiamo freschi.