È dal 2 maggio 2022 che nel mondo non si fa altro che parlare dell’intervista di Lavrov e delle frasi sugli ebrei con cui il Ministro russo ha messo il dito nella piaga della “Seconda Guerra di identità ebraica” tra israeliani sionisti e ebrei anti-sionisti.
La prima guerra si è conclusa il 15 maggio del 1948 con la vittoria dei sionisti all’ONU e con la nascita dello Stato di Israele però senza la resa incondizionata degli anti-sionisti e la rinunzia alla loro dottrina sull’ebraismo.
Prima di Lavrov il dissenso tra le parti contrapposte era teologico e religioso e solo astrattamente esistenziale: riguardava l’applicazione dei precetti della Torah con le comunità chassidim e gli haredim ultra-ortodossi intransigenti da una parte e dall’altra parte i praticanti molto meno rigorosi fino all’indifferenza e alla laicità.
In Israele tra i vinti anti-sionisti si è arrivati addirittura a “sopportare” gli estremisti che dicono di vivere nella Terra Promessa e non in uno Stato per il quale rifiutano di fare il servizio militare e contro il quale manifestano simpatia verso posizioni ostili ad esso come quelle dei Palestinesi e di Teheran.
Cito come esempio l’adesione alla Giornata mondiale di Al Quds dichiarata il 16 agosto 1979 come parte integrante del Ramadan 1399 dell’Egira contro tutti gli oppressori e nello specifico contro l’apartheid praticato nello Stato di Israele.
Ovviamente però nella pratica uno Stato per sopravvivere non può convivere con un Anti-Stato al proprio interno e per agire in ambito internazionale deve offrire di sé una immagine severa e coerente con i canoni universalmente condivisi, come la sovranità sul territorio e il consenso del suo popolo.
Vi provvede il sionismo religioso, un mix intermedio dalle mille sfumature sia dalla parte politica statuale e sia dalla parte strettamente religiosa e su questo compromesso Lavrov ha messo il dito, anzi lo stivale.
Il casus belli è l’identità ebraica di Zelenski che per l’intervistatore escluderebbe la presenza del nazismo in Ucraina, dove quand’anche esistesse sarebbe comunque irrisoria in un Paese di 40 milioni di abitanti e per giunta speculare in Russia al “Gruppo Wagner”.
Lavrov, dando per scontato che Zelenski sia un ebreo biologico, ha fatto suo il pensiero di uno dei leader dell’anti-sionismo contemporaneo, il rabbino Yisroel Meir Hirsh, il quale ha testualmente affermato che “quando qualcosa viene fatto dagli Ebrei, ciò non lo rende Ebreo, poiché “ebraico” è definito da ciò che la Torah comanda, mentre trasformare la nostra identità ebraica in uno Stato o opprimere altre persone è proibito dal giudaismo e non può essere considerato “ebreo”.
Concetto ripreso dal Ministro russo con la frase: “Il saggio popolo ebraico dice che gli antisemiti più ardenti sono di solito ebrei. “Ogni famiglia ha la sua pecora nera”, come si usa dire.”
A rigore, in questo caso specifico l’ebreo Zelenski e tutti i suoi predecessori dal 2014 in su dovrebbero essere visti come un gregge di pecore nere anche dagli israeliani sionisti di Bennett per le ragioni elencate nel seguito della risposta di Lavrov e che riguardano il pilastro dello Stato di Israele: la “Soluzione Finale” nazista alla base della sua metamorfosi dal Mandato britannico della Palestina all’ONU.
Ragioni concrete, non occultabili e univoche come la soppressione della Festa della Vittoria sul nazismo e la distruzione dei monumenti ai suoi eroi, oppure come la celebrazione con statue, strade e nomine onorifiche postume di nazisti ucraini che combatterono nelle Waffen-SS galiziane dalla parte di Hitler, per non parlate della ostentazione di simbologia conforme a questo atteggiamento.
Invece Bennett pretende e ottiene le scuse russe per chiudere la guerra diplomatica su Hitler ebreo biologico come Zelenski ma col risultato di inasprire la “Seconda Guerra di identità ebraica” che mette in gioco la medesima ragion d’essere dello Stato di Israele.
Su questo punto e alla luce della crescita demografica e ideologica dell'antisionismo religioso e dei suoi sviluppi messianici nel mondo sono in molti e non soltanto la setta degli haredim ultra-ortodossi di Israele che pensano di poterla perdere.
Come ad esempio il decano dell’Accademia di Studi Ebraici di Gerusalemme Rabbi Baruch Horovitz che vede nella politica di espansione dello Stato di Israele un pericolo maggiore rispetto alla stessa ostilità araba e palestinese e arriva a parafrasare l’accumulazione capitalistica di Marx e afferma che così Israele “si sta scavando la fossa”.