Sono 3 mesi ad oggi, 24 maggio 2022, che l’Operazione Speciale è cominciata e sull’argomento si è detto, fatto e scritto di tutto, d’ora in poi sarà solo riciclo di parole usate. Non però per la spugna che ho nel cervello al posto dell’ippocampo.

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Strizzandola esce di tutto, come dalla memoria remota di un computer e qualche volta, quando la piscina di Siloe si svuota, esce fuori il povero cieco dalla nascita al quale Gesù ha donato la vista ma anche chi, un Oligarca, ha fatto il bagno nudo e “ce l’ha piccolo”.

Nessuno lo avrebbe previsto, perché solo una decina di anni fa l’uomo in questione “ce l’aveva enorme”, più di Rocco Siffredi, era il più ricco dell’Ucraina, al 93esimo posto nella graduatoria di quelli più ricchi al mondo e era il primo datore di lavoro privato in un Paese dove minatore e metalmeccanico sono sinonimo di servo della gleba industriale.  Era”, adesso non più, perché il suo impero industriale in Ucraina è crollato con la distruzione delle due acciaierie di Mariupol dopo che nel 2014 altri pezzi importanti erano finiti nelle mani dei secessionisti filo-russi.

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Avercelo piccolo” oppure enorme per me, abituato a giudicare le persone dalla cintola in sù, vuol dire poco o nulla, e mi limito a ricordare che, da semplice minatore, l’Uomo è stato miracolato e colpito da improvviso benessere dopo che il boss "Alik il Greco", Oligarca figlio della perestrojka, il 15 ottobre 1995 era saltato in aria nello stadio dello Shakhtar Donetsk di cui era presidente.

Morto un Oligarca se ne fa un altro, come per i Papi, e così il nostro ha dovuto subentrargli nello sport e negli affari e poi aggiungo che solo un anno dopo gli è pure toccato piangere e riempire il vuoto lasciato da un secondo Oligarca, assassinato all'aeroporto di Donetsk il 3 novembre 1996 da uomini in divisa.

Ma, ripeto, non è assolutamente questo il punto.

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Mi sono ricordato invece della sua capriola nel 2014 quando ha dato fuoco alla miccia nel Donbass mettendosi contro i separatisti russofili e schierandosi a fianco dei neo-nazisti che li volevano morti.

Migliaia di minatori e metalmeccanici suoi dipendenti-elettori-tifosi all’assalto di sei centri industriali nevralgici, respinti dai rivoltosi in cinque località e vincitori nel sesto, a Mariupol, sede delle due acciaierie del suo Gruppo.

Lì per lì avevo pensato ad Agnelli ai tempi del fascismo, quando la FIAT ha dovuto cavalcare l’onda e pensavo facesse la stessa cosa anche lui con quei quattro gatti di neo-nazisti da carnevale i quali, con l’appoggio della NATO e di Obama, avevano egemonizzato il golpe da operetta del Maidan a Kiev.

Invece, il nostro Oligarca si è sentito attore protagonista occulto della rivoluzione verso una nuova Ucraina, realizzata con l’aiuto del suo socio in affari, un altro potentissimo Oligarca, al secondo posto nella graduatoria dei Paperoni, oltre tutto deputato e capo Partito, filantropo e cavaliere dell’Ordine del Santo Sepolcro.

Ma si era illuso, ben presto ha dovuto accorgersi che non è stata un’autentica rivoluzione e quand’anche fosse non era lui dietro le quinte a guidarla, ma un altro Oligarca che d’intesa con CIA, NATO e EU aveva piazzato al governo il suo uomo, un personaggio artificiale sapientemente costruito in laboratorio.

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Al massimo era stato un pareggio provvisorio non una partita vinta, il suo impero industriale reggeva ma con la spada di Damocle sulla testa e in una permanente precarietà.

Due repubblichette nei coglioni, Crimea russa, porti del Mar Nero traballanti e soprattutto la Russia se l’era legata al dito per la capriola del 2014 che aveva voltato le spalle al pozzo sovietico dei miracoli dal quale era iniziata e col quale era proseguita la sua irresistibile ascesa al cielo, come del resto è accaduto per tutti gli altri Oligarchi figli della perestrojka, compresi quelli russi, in Patria o dispersi nel mondo.

La storia degli otto anni dal 2014 al 2022 è come i tempi supplementari della partita, il primo tempo passato a preparare con CIA, NATO e EU la vittoria finale con un blitz militare per eliminare ribelli, intrusi e indipendentisti filo-russi e riprendersi il maltolto e il secondo tempo è iniziato il 24 febbraio quando la Russia se ne è accorta e ha preso le contromisure, si sta ancora giocando con le armi ma ormai siamo ai rigori da tirare fuori dall’Ucraina nelle porte della politica, che però è soltanto il paravento dell’Alta Finanza e del Potere dove il nostro Oligarca, accuratamente occultato, ci sguazza.

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Per ragioni strutturali il mondo dell’acciaio è diverso e speciale rispetto ai mondi degli altri materiali essenziali e strategici.

L’energia che lo alimenta spazia dal carbone velenoso alla elettricità “green”, la materia prima può essere un minerale inquinante oppure del rottame “circular economy”, il prodotto grezzo in barre e bramme è creato lontano dai laminatoi dispersi  a loro volta un po’ dappertutto nella rete dell’industria dei semilavorati, degli acciai speciali e dei materiali finiti.

Tutto questo, intrecciato con la logistica e spalmato sui tavoli dell’economia e della finanza internazionale, trasforma la catena di approvvigionamento delle materie prime e di distribuzione del prodotto in una solida ragnatela che neppure le guerre possono strappare.

Aggiungo che la civiltà industriale può sopravvivere senza cobalto e litio ma se rimane senza acciaio muore, l’umanità grazie all’acciaio al massimo retrocede all’età del ferro, però sopravvive.

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In questo mondo alieno e per evidenti ragioni logistiche legate al collegamento via mare, il 98 % del grezzo arrivava ai laminatoi europei, trasportato dall’Oligarca e dai suoi concorrenti russi e adesso questa quota di mercato lui l’ha persa del tutto con la perdita delle due acciaierie di Mariupol e la chiusura dello stabilimento refrattari per altoforni di Zaporizhia e i russi solo in parte a causa delle sanzioni.

La ricaduta diretta sui suoi laminatoi distribuiti in Europa, Regno Unito e Stati Uniti è che d’ora in poi da produttore e auto-fornitore del grezzo il nostro oligarca si presenta come compratore dalle acciaierie cinesi, indiane, indonesiane, vietnamite e brasiliane e a condizioni commerciali e logistiche impervie rispetto alla concorrenza.

In altri termini la filiera integrale “dalla miniera al prodotto finito” non solo è stata decapitata dalla Russia con le armi ma sta subendo l’amputazione delle gambe a causa dell’aumento dei costi e quindi dei prezzi che commercialmente l’ha resa border line.

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Un destino beffardo e crudele perché in teoria le bramme le avrebbe addirittura in casa, sono quelle indiane di Arcelor Mittal a Taranto e in Italia il nostro oligarca ha due grandi laminatoi, uno a Oppeano in provincia di  Verona e l’altro a San Giorgio di Nogaro in provincia di Udine, e un terzo è stato programmato nella zona industriale delle Noghere a Muggia in provincia di Trieste, ma poi abbandonato a favore della Croazia poco prima della guerra in Ucraina non ostante il suo inserimento nel PNRR con un contributo di 60 milioni a fondo perduto per la bonifica dell’area interessata.

Per noi italiani niente di grave, sia chiaro, da queste parti siamo primi al mondo nella tecnologia impiantistica, compresa quella “green” degli altoforni elettrici a energia solare come l’impianto ABS di Cargnacco in provincia di Udine.

Ne parlo, quindi, solo a titolo esemplificativo e da un osservatorio nazionale italiano, perché il nostro Oligarca ha le spalle larghe.

Ha saputo distribuire sulla ragnatela dell’acciaio le proprie attività che, come dicevo prima, partono dall'estrazione e lavorazione del minerale di ferro e del carbone attraversano la produzione di prodotti siderurgici grezzi, semilavorati e finiti e si concludono con una rete di vendita che copre tutti i principali mercati globali.

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 Perché questo lungo, interminabile pippone che avrà altre puntate?

Semplice: per il principio “Segui il danaro”.

La guerra, la politica, la diplomazia, la propaganda sono diversivi, quello che è in ballo con l’Operazione Speciale è il danaro.

Ecco il report di oggi.

L’Occidente Collettivo ruba beni dei russi all’estero e demolisce il baluardo di diritto naturale universalmente riconosciuto della inviolabilità della proprietà privata.

La Russia e le Repubbliche federate faranno altrettanto con l’Oligarca che nel 2014 ha fatto la capriola e acceso la miccia nel Donbass.

Tutto lì.