Accadde oggi 18 giugno 2019, 3 anni fa.

Bruno Giri alla tastiera.

“Viene spontaneo chiedersi le ragioni del mio accanimento nel criticare la classe dirigente del Ponente e in particolare di Sanremo.

La risposta è semplice, perché non sceglie mai e non perché non sa scegliere e sbaglia le scelte.

È una categoria di persone che dovrebbero indirizzare l’apparato burocratico, controllare che si muova nella giusta direzione e che raggiunga i risultati scelti.

Invece appena elette queste persone approvano un pezzo di carta sul quale sono annotate le linee di mandato e poi nei cinque anni successivi si limitano a rincorrere la loro ombra nel segno dell’emergenza perenne senza mai scegliere dove veramente andare e almeno provare ad andarci davvero.

Se la non-scelta della rotta riguardasse unicamente Palazzo Bellevue e i suoi inquilini non me ne preoccuperei perché ne sono uscito 26 anni fa, ma purtroppo nella palude ci finisce l’economia dell’intera zona e questo per me non è accettabile.

Una porzione importante dell’economia della zona, per esempio, è l’industria dei forestieri, il turismo, che ha tante facce quante sono le attività che mettono al centro gli arrivi, i consumi e gli investimenti dei non residenti.

In passato la classe dirigente ha scelto all’insegna del principio che caga più un bue di cento rondini e il Ponente ha visto grand’hotel, ville e castelli, casinò e attrezzature per lo svago dell’aristocrazia di sangue e di censo.

Poi la società aperta e la globalizzazione hanno cambiato il mondo, i buoi non sono più venuti a cagare nel Ponente e le loro stalle sono rimaste vuote, cadono a pezzi e nessuno le compra.

Il bivio che la classe dirigente ha di fronte è tra due strade ognuna delle quali implica una visione “politica” del futuro con un orizzonte di qualche decina d’anni, equiparabili a un secolo del passato perché adesso tutto si svolge molto più velocemente.

Visione “politica” non vuol dire che possiamo fermare il vento con le nostre mani ma che bisogna capire in che direzione tira.

Questa classe dirigente che il 26 maggio scorso è uscita vittoriosa o sconfitta nella guerra elettorale tra bande non si è neppure posto il problema, ne ha addirittura rimosso l’esistenza, tanto gli arrivi dei forestieri e degli investitori il buon Dio ce li riserverà in eterno.

Però turismo non vuol più dire un albergo accogliente, un locale raffinato, una boutique esclusiva, uno evento artistico, sportivo o spettacolare di grande risonanza e i pochi eventi sopravvissuti sono finiti in mani private e la loro sopravvivenza dipende dalla volubilità delle mode, dall’audience e dal reddito che producono.

Il turismo finisce così col confondersi con l’accoglienza e con l’intrattenimento degli “indifferenziati” che non sono residenti senza essere del tutto forestieri, ospiti delle seconde case o pendolari del week end o viaggiatori di passaggio aggregati in comitive a basso costo e tutto compreso, senza contare le migrazioni bisettimanali dei francesi.

Per intercettarli e appagarli basta poco e purtroppo neppure su quel poco la classe dirigente fa una scelta, per esempio sulla raccolta dei rifiuti, sugli sversamenti delle fogne e sulla insicurezza delle persone.

Sanremo e il Ponente avrebbero bisogno di una classe dirigente che sceglie, nel bene e nel male è indifferente purchè scelga, e poi realizzi ciò che ha scelto.

Invece sono persone che delegano a burocrati precari la gestione del declino della nostra comunità.

Tutto lì.