Accadde oggi 20 luglio 2021, un anno fa

1 anno fa Bruno Giri

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Ieri mattina, caffè, tg e la notizia che Draghi aveva ricevuto Conte sulla giustizia.

Un colloquio sull’altra faccia della luna e soprattutto al buio, ho subito pensato, perché per forza i due devono aver spento la luce come si addice al lato oscuro del contratto sociale, un incontro nella terra di nessuno, quella delle forche e dei patiboli, dove trovano sfogo i peggiori istinti animali dell’uomo-bestia e delle tribù subumane.

Da tanto tempo ormai in Italia lo Stato-Leviatano ha abbandonato a sé stessi tribunale e galera, li ha consegnati alla deriva ancestrale dell’homo homini lupus”, qui Cesare Beccaria è soltanto un lontano ricordo.

Lo Stato Onnipotente, ricordo, lo ha fatto la prima volta quarant’anni fa, dopo aver tenuto duro   nel braccio di ferro con le B.R. tra i due fronti, quello della trattativa e quello della fermezza.

Il no sulle scarcerazioni dei brigatisti era costato l’assassinio di Aldo Moro, la tortura carceraria investigativa, modello Guantanamo, era costata la vita ai magistrati Riccardo Palma, Girolamo Minervini e Girolamo Tartaglione che si erano succeduti nella carica di Direttore generale degli Istituti di Prevenzione e Pena e dopo di loro al Generale dei Carabinieri Enrico Galvaligi, “colpevole” di aver represso la rivolta B.R. nel carcere di Trani.

Alla fine lo Stato ha ceduto e la resa è avvenuta con la chiusura del carcere dell’Asinara chiesta dai B.R. come condizione per non ammazzare il magistrato Giovanni D’Urso, capo dell’ufficio detenuti del Ministero sequestrato il 12 dicembre 1980 e liberato il 15 gennaio 1981.

Poi toccherà anche alla criminalità organizzata finita a Badu ’e Carros al 41 bis, con uno stillicidio di assassinii dei duri e intransigenti servitori dello Stato sul fronte della fermezza e con la resa nella tenebra della trattativa “Stato-Mafia” sul fronte opposto.

Arrendersi ha significato per lo Stato fare leggi sotto dettatura e a scoppio ritardato, come quella che ha liberato Brusca e che ha mandato ai domiciliari centinaia di detenuti come lui con la circolare Basentini-Bonafede bloccata non appena qualcuno ha acceso la luce.

Ormai sulla giustizia l’interruttore “fermezza-trattativa” ha spento la luce su tutto questo e la riaccende soltanto in occasione di qualche show propagandistico dell’una o dell’altra parte.

Tipo, quarant’anni fa, quello col quale le B.R. conquistarono visibilità mondiale dopo la telefonata al “Messaggero” che dettava le condizioni per non uccidere un ostaggio, cioè la pubblicazione del bollettino “Opuscolo 11” sulla situazione delle carceri scritto da Curcio e intitolato “Campagna D’Urso”, che denunciava qualcosa di simile a ciò che oggi a Santa Maria Capua Vetere sta scandalizzando l’universo.

L’unica differenza rispetto ad allora è che ad accendere i riflettori non ci sono più Sciascia e Pannella ma i banchieri europei, gente che non scherza.

Ecco perché sono convinto che ieri al buio Draghi deve aver avvertito Conte che lo show giustizialista di Grillo e Bonafede, sotto i riflettori di Travaglio e di Davigo è finito, che bisogna spegnere le luci e col favore delle tenebre riprendersi senza clamore almeno un po’ della terra di nessuno.

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Mio commento: il giustizialismo è la versione legale, democratica e popolare del crimine organizzato, la malattia della giustizia e il suo virus è il populismo rozzo, becero, gretto e ignorante.