LE MEMORIE DI UNO SCHELETRO” di Bruno Giri

Capitolo I° RIVIERACQUA

[Manoscritto scoperto nell’armadio di Biancheri] oggi 24 marzo 2019

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“Vidi la luce come “RIVIERACQUA s.c.p.a.” nell’inverno dell’Anno di Grazia 2011, il 22 dicembre, tre giorni prima del Santo Natale.

A giugno vi era stato il referendum dell’acqua pubblica, il SI aveva ottenuto più del 70 % dei voti e dopo una gravidanza di soli sei mesi entrai nella grande famiglia delle società consortili “in house” controllate dai Comuni, loro soci, attraverso un monitoraggio finanziario e gestionale analogo a quello esercitato da ciascuno di loro al proprio interno.

I Comuni, miei soci, per rispettare la volontà popolare avrebbero dovuto cedermi nel triennio successivo tutte le aziende, gli impianti e il personale del servizio idrico integrato e io avrei dovuto applicare nell’intero ambito territoriale di mia competenza una tariffa unica che coprisse i soli miei costi e che si limitasse a realizzare l’equilibrio economico-finanziario di bilancio, senza riserve, accantonamenti, profitti o utili da ripartire.

Dal punto di vista tecnico non era uno scherzo, ricordo che l’ambito che mi era stato affidato si estendeva su otto bacini idrografici dai quali 1431 concessionari pompavano 7.771 litri d’acqua al secondo.

Di essi 6 pompavano quasi la metà (43 % cioè 3.350 litri al secondo) da grandi derivazioni, altri 2.042 litri (26 %) provenivano da 756 derivazioni superficiali, altri 1.581 litri (20 %) da 243 pozzi e infine 797 litri (10 %) da 426 sorgenti.

Quanto all’uso il 41 % era potabile e il 36 % irriguo mentre il resto, cioè l’idroelettrico (20 %) e la pescicoltura (1 %) veniva quasi tutto restituito, salvo l’igienico (1 %) e l’industriale (2 %).

Il ciclo integrato dell’acqua che avrei dovuto accollarmi utilizzava beni e opere realizzate o in corso di realizzazione per la captazione, l’adduzione, la distribuzione e la fognatura e trattamento del refluo e dei fanghi, tutti impianti di proprietà dei Comuni soci però in mano a gestori pubblici, privati e misti che operavano in forza dei più eterogenei contratti di concessione, diversi tra loro per durata, per segmento del ciclo idrico e per condizioni tariffarie.

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L’8 novembre 2012 senza neppure aspettare il 28 novembre successivo, quando stipulerò con la Provincia la Convenzione di affidamento della concessione del servizio, un terzetto di sicari, AIGA s.p.a. di Ventimiglia, AMAT s.p.a. di Imperia e la loro socia IREN s.p.a., mi tiravano le prime pugnalate con una raffica di ricorsi al TAR, tutti respinti nel 2014 con due sentenze che il 14 ottobre successivo saranno confermate dal Consiglio di Stato.

A fronte del boomerang dell’ingresso nella categoria dei “gestori cessati” abilitati alla sola operatività “tecnica”, però, intanto, un risultato i tre killer lo avevano portato a casa, visto che erano già trascorsi due dei tre anni entro i quali 27 dei 34 Comuni sopra i 1000 abitanti da loro serviti avrebbero dovuto trasferirmi la gestione del servizio integrato e loro invece avevano proseguito nella gestione dribblando gli allineamenti tariffari.

Ingenuamente mi consolavo col fatto che nel giugno 2014 il PD e i suoi compagni di merende avevano conquistato Ventimiglia, socia di AIGA s.p.a. al 51 % con Ioculano, Sanremo proprietaria di AMAIE s.p.a. al 100 % con Biancheri e Imperia socia di AMAT s.p.a. al 52 % con Capacci e sotto le loro bandiere e con le loro facce erano sempre in prima fila alle manifestazioni per l’acqua pubblica.

La mia illusione era confortata dal fatto che la primavera di quell’anno era entrata in vigore la legge Delrio di riforma delle Province e i numeri dei sindaci elettori del presidente di quella di Imperia diventata “Autorità di Ambito” erano a favore del PD che infatti eleggerà Natta e poi, ad adiuvandum manderà un altro suo uomo a presiedermi, Donzella, designato da Biancheri di Sanremo e una sua donna, Balestra, designata da Genduso di Taggia.

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Nei cinque anni successivi scoprirò che quelli che consideravo miei angeli custodi erano, invece, i mandanti del mio assassinio anche se a parole tentavano di nascondere la mano di soci maggioritari/totalitari dei sicari che mi aggredivano.

Lì per lì non avevo considerato, infatti, che Ioculano, Biancheri e Capacci erano titolari di un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività di quelle tre società, AIGA, AMAIE e AMAT solo formalmente distinte dai rispettivi Comuni di Ventimiglia, Sanremo e Imperia, ma che in concreto ne erano parte integrante.

Non dubito neppure adesso che la stessa insaputa avesse colpito anche il mio Presidente PD Donzella e la sua vice Balestra designata da Genduso, ma dubitando spesso si indovina.

Sta di fatto che in questi cinque anni a suon di ricorsi, sentenze, appelli e delibere della Provincia e dell’Autorità per l’Energia elettrica, il Gas e il Sistema idrico (A.R.E.R.A.) questi “gestori cessati” sono finiti nella merda, e dietro di loro l’Acquedotto di Savona s.p.a. che pesca nel Nervia e serve in tutto o in parte 11 Comuni della zona, l’Acquedotto comunale di Bordighera, quello di Taggia e l’ArcalGas Progetti che pesca nell’Argentina e in alcune sorgenti e serve Riva e Santo Stefano.

In questa guerra di tutti contro tutti per le tariffe applicate dal 2012 in poi nella vendita dell’acqua all’ingrosso e agli utenti finali, per gli astronomici arretrati, per i rimborsi ai Comuni del valore degli impianti e delle quote del servizio di depurazione, ma anche per l’aggiornamento delle pattuizioni antecedenti alla mia nascita, due soli ne sono rimasti in piedi, AMAIE, il burattino, e IREN, il burattinaio.

Mentre scrivo queste poche righe a futura memoria, sulla mia testa pende come una spada di Damocle il responso del Tribunale fallimentare sulla proposta di concordato che è nient’altro che una specie di accanimento terapeutico per non lasciare debiti ai miei eredi.

Ma comunque vada, io RIVIERACQUA sono già morta perché domattina 25 marzo 2019 alle ore 9 a Roma, alla Camera, va in discussione, dopo un anno intero di audizioni, la proposta di legge n. 52 “Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque” che all’articolo 4 istituisce in ogni bacino idrografico l’Autorità di distretto e il Consiglio di bacino al quale va ogni potere e competenza in materia di ciclo integrato delle acque senza finalità lucrative.

Io muoio come Sansone, perché i filistei come IREN s.p.a. in base all’articolo 10, comma 5, “se non decaduti, decadono al 31 dicembre 2020”.

E il bello è che la proposta di legge che ha per prima firmataria la grillina Daga ha tra le ultime, per ragioni alfabetiche la nostrana grillina Volpi che probabilmente ha firmato a sua insaputa, come succede da queste parti, visto che non se ne è mai parlato forse perché l’armadio è di Biancheri.    

Post scriptum: scrivevo queste cose il 24 marzo 2019 tre anni fa, col Conte I giallo-verde quando il d.d.l. Daga doveva uccidere il privato e invece il PD a settembre è entrato nel Conte II giallo-rosso e con lui e poi con il governo Draghi che ha fatto (o detto di fare) tutte le riforme immaginabili meno quella idrica HA UCCISO FEDERICA DAGA (M5s) ovviamente in senso figurato.