Quando Domineddio fa piovere l’ACQUA che manda è per tutti, è PUBBLICA e pubblica rimane, anzi diventa legalmente DEMANIALE cioè dello Stato.
Il 90 % degli scalmanati delle due tifoserie contrapposte non lo sa e pensa invece che la Grande Finanza abbia comprato anche il Paradiso e che stia sfrattando il Padrone di casa.
Fino a quando la percentuale riguarda solo dei sempliciotti armati di striscioni e cartelli oppure raccolti in processione dietro una immagine sacra, va bene.
La faccenda si complica quando a ignorarlo (o a fingere) sono agguerrite squadre di tifosi impegnati in politica o nel fankazzismo multiservice e che dal loro impegno traggono soddisfazione e beneficio.
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Nessuno mi toglie dalla testa che la confusione tra loro regnasse sovrana già prima del referendum e il mio dubbio si rafforza riflettendo sullo stesso quesito tra il SÌ o il NO che avrebbe dovuto essere non sull’ACQUA ma sull’ACQUAIOLO, o pubblico o privato.
La storia dell’acqua ce la raccontano da 25 anni, trascorsi partendo dal mosaico di ambiti ottimali con dentro acquaioli di ogni genere e specie, passando attraverso il referendum che ha eliminato la confusione degli acquaioli e salvato soltanto quelli pubblici per arrivare alla odierna DISPUTA bizantina sull’Angelo Custode degli acquaioli pubblici.
Da 10 anni ci raccontano il seguito della storia con la resilienza degli acquaioli privati cancellati dal referendum ma avvinghiati a mille cavilli nella transizione per non mollare l’osso che alla fine hanno dovuto mollare agli acquaioli pubblici.
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La DISPUTA a questo punto si concentra sull’ambito imperiese ed è se l’acquaiolo pubblico Rivieracqua deve ancora restare sotto le ali delle banche creditrici concordatarie cioè del suo Angelo Custode a lui “affidato dalla pietà celeste” e che da 10 anni lo “illumina, lo custodisce, lo regge e lo governa” oppure se il Diavoletto privato in veste di prestasoldi e usuraio possa scavalcare una finestra dopo essere uscito dalla porta con l’intenzione di trasformare l’acqua pubblica in sterco, come Lutero definiva il danaro.
Sono 10 anni che il Diavoletto tenta di scassinare quella finestra che è stata blindata l’8 novembre 2012 a Imperia nello studio del notaio Marco Saguato quando AMAIE s.p.a., SE.COM. s.p.a. e 17 comuni, (che in seguito, con corrispondenti aumenti di capitale, diventeranno 61 su 67) hanno costituito la “società consortile per azioni sotto la denominazione RIVIERACQUA S.C.p.A. con durata fino al 31 dicembre 2042” della quale gli azionisti DEVONO essere solo ed esclusivamente i comuni.
La ragione è semplice: i privati staccano dalle azioni le cedole dei dividendi mentre il 70 % degli italiani che hanno partecipato al referendum ha detto che la tariffa dell’acqua deve coprire il solo costo industriale di esercizio e di investimento (full cost recovery), che include, è vero, anche gli interessi passivi, ma non i sopraprofitti sotto forma di utili.
Con questo, però, lo stesso referendum ha involontariamente offerto un appiglio al Diavoletto dal momento che le tariffe diversificate applicate nel periodo transitorio i poi quella futura che deve essere unica per l’intero ambito imperiese riescono a malapena a coprire il costo di esercizio, figurarsi il valore di rimborso degli impianti che è un costo di investimento.
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Il Diavoletto ha un nome, IREN Acqua e Gas s.p.a. è quotato in borsa con un capitale e un C.V. di tutto rispetto, però il suo cuore batte a sinistra e il grimaldello per scassinare la finestra lo prende nella cassetta degli attrezzi del PD e dei suoi p-c (para-culi, n.d.r.) che Gramsci definiva utili idioti.
L’arnese da scasso usato dal Diavoletto ha come punta di diamante del suo nutrito collegio legale un avvocato che dal giugno 2011 al novembre 2013 è stato addirittura Presidente del Consiglio di Amministrazione di IREN.
Era subentrato a uno storico dirigente in organico a tempo indeterminato di Pci, Pds e Pd collocato a riposo, un ex consigliere regionale per due legislature, Ubaldo Benvenuti, uno dei tanti che una ventina di anni prima incontravo alla mattina con l’Unità ben visibile in mano mentre percorrevo salita San Leonardo dove era la sede del PCI genovese per arrivare al mio ufficio in via Fieschi provenendo da via dei Sansone, sul versante opposto del parco dell’Acquasola dove abitavo.
Avvocato, giurista, consulente e militante, il Nostro invece non è un apparatniki ma il classico intellettuale organico.
Un compagno che a Genova ha esordito col PCI sotto l’amministrazione Campart nel ‘90, poi ha proseguito nel millennio successivo col PDS e DS di Merlo, Burlando e Sansa fino al 2007 dopo di che ha dato il meglio di sé col PD nel decennio Pericu e in quello della Vincenzi e di Doria, ricoprendo tutto il ricopribile e incaricandosi di tutto l’incaricabile, però (questo va detto e sottolineato) sempre da bravissimo professionista, purtroppo comunista fin nel profondo dell’anima.
Ne sono convinto nel ricordo per esempio delle ultime Europee e della querela da lui presentata alla Procura della Repubblica per abuso d’ufficio di Bucci per aver concesso il suolo pubblico a Giorgia Meloni per un suo comizio a Piccapietra e averlo negato al PD per un comizio a Caricamento.
Concludo la presentazione aggiungendo, per inciso, che il PD qui a Sanremo con l’amministrazione Borea ha fatto in tempo a nominarlo membro del C.d.A di Casinò di Sanremo s.p.a. dal 2005 al 2007, ma è solo un dettaglio rispetto a quello che è successo con AIGA s.p.a. di Ventimiglia e con AMAT s.p.a. di Imperia, per sorvolare sul resto.
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Questo mio pippone, però, non è contro il Diavoletto e i suoi arnesi legali, tutt’altro! lui fa il suo mestiere e mi è sufficiente aver mostrato la maglietta che indossa con PD stampato sulla schiena.
IREN aveva tutto il diritto-dovere di tutelare il proprio investimento e di sparare su qualsiasi cosa si muovesse, di farlo sia in proprio e sia come azionista al 48 % di AIGA s.p.a. a Ventimiglia e al 49 % di AMAT s.p.a. a Imperia e questo anche con azioni giudiziarie pretestuose, infondate o temerarie e con finalità meramente defatigatorie e dilatorie.
Non altrettanto si può dire dei suoi chierichetti che adesso fanno i siparietti, i sit mob e i cortei sull’acqua pubblica e chiedono il voto a quel 70 % che hanno tradito.
A Ventimiglia il sindaco PD e a Imperia il sindaco progressista con vice PD come badante avevano il pacchetto di controllo rispettivamente di AIGA e di AMAT quando le due società, invece di trasferire gli impianti e il personale a Rivieracqua hanno impugnato con esito negativo gli atti al TAR Liguria, non solo, ma i due comuni vi hanno addirittura aderito e la stessa cosa si è verificata in sede di appello in Consiglio di Stato che ha confermato la bocciatura del tribunale genovese.
Il seguito potrebbe riempire un libro e non è da escludere che un giorno non lo scriva.
Per adesso mi bastano alcune pulci nell’orecchio delle persone e l’ultima per oggi è una possibile spiegazione di due ribaltoni che hanno coinvolto a distanza di otto anni due esorcisti e grandi estimatori dell’acquaiolo pubblico.
Il primo è Giovanni Ballestra, che per una manciata di voti non è stato eletto sindaco al primo turno (47,91 % il 24 maggio 2014) e al ballottaggio sarà superato col 55,81 % dal suo avversario PD che invece proveniva da un misero 21,51% al primo turno.
L’altro è Tano sostituito da un commissario prefettizio che in questi giorni non può sostituire a sua volta il consiglio comunale di Ventimiglia nella DISPUTA bizantina di cui parlavo sopra.
I chierichetti hanno colpito? adesso nascondono la mano? Fanno finta di rimpiangere l’acqua pubblica e stanno ammazzando l’acquaiolo che deve distribuirla.