Sette anni fa ad oggi, il 3 maggio 2017 al deposito della proposta di “Porto di Sanremo s.r.l.” di Walter Lagorio pubblicavo sul mio sito “macatemiu.it” sotto il titolo “Dagli al gufo!” e sulla mia pagina Facebook una prima considerazione che sintetizzo: “Portovecchio non è un porto naturale ma una rada di atterraggio protetta da scogliere artificiali che già erano danneggiate al punto che il 9 maggio 2001 con atto n. 300 la Giunta comunale aveva presentato in Regione un progetto di rifiorimento e di potenziamento del molo di sopraflutto e del muro paraonde assieme a una serie di interventi sottoflutto, quasi tutti rimasti per 15 anni a quel giorno sulla carta “e adesso gli anni sono 22 n.d.r.).”
Oggi l’interiezione “Dagli!” si porta su tutto e sicuramente con queste mie riflessioni meriterò un “Dagli al gufo!”, però le faccio lo stesso, d’ufficio.
Mi consola il fatto che fino a ieri si seguiva la moda e a turno trovavi selettivamente un “dagli all’ebreo!”, oppure all’untore, al traditore e all’infame, e tutti gli altri erano al riparo.
Adesso invece chiunque e qualunque cosa “diversa e dissenziente” diventa oggetto di indignazione, vergogna o paura e può essere bersaglio del “Dagli!”.
Perché l’inflazione finisce col provocare ubriacatura e assuefazione a un clima popolato di bufale, di emozioni e di credenze personali, servite come post-verità su piatti virtuali.
E’ l’acquario inquinato nel quale anche a Sanremo si boccheggia e dove gente di ogni risma lascia cadere qualunque cosa.
Se lo fa la destra è populismo, se lo fa la sinistra è politica aristotelica.
Non importa se poi tutto finisce “a bagasce”, c’è sempre qualcuno o qualcosa da incolpare, male che vada si tira in ballo la malasuerte sotto forma di evento fortuito e imprevedibile.
Dopo l’albergo al Tiro al Piccione, la palestra a Pian di Poma, l’outlet di lusso in Valle Armea, il Palafestival all’Imperatrice e la RSA a 5 stelle nell’ex Tribunale, l’ultimo boccone drogato è fresco di giornata, scodellato ieri mattina.
E’ un mix di intenzioni che risale alla gravidanza di “Pigna Mare” quando avevano risposto in 47 al bando del 10 luglio 2008 che selezionava i soggetti interessati a concorrere a vario titolo alla pianificazione e/o alla realizzazione di interventi per lo sviluppo urbano di Sanremo e/o alla gestione delle conseguenti infrastrutture.
Tra queste la pioniera del project financing che, prima in Italia, ha realizzato l’autostrada Brescia-Bergamo-Milano a costo pubblico zero e che il 15 settembre 2008 con protocollo n. 46054 di proposte ne ha presentate addirittura sei, sotto forma di interventi marittimi della zona Pian di Nave, di Porto vecchio, dello specchio acqueo tra i due porti per realizzare l’ormeggio temporaneo delle navi da crociera, di un’isola “Palafestival” con parcheggi subacquei e tanto di strada pedonale di accesso e infine un piano di riqualificazione degli specchi acquei antistanti.
Ma non era la sola perché anche la società CNIS Portosole s.p.a. nell’area tra i due porti aveva presentato un progetto di sistemazione dello specchio acqueo che prevedeva la realizzazione di una diga, di spazi verdi, e di una piscina, e altrettanto avevano fatto lo Yacht Club Sanremo, la Canottieri, i concessionari demaniali degli stabilimenti balneari Lido e Arenella, e un architetto libero professionista.
Lo stesso Comune aveva inserito in coda al progetto “Pigna Mare” presentato in Regione anche la sistemazione delle aree antistanti i baretti del Portovecchio contigue alla pista ciclopedonale e la realizzazione del belvedere antistante, progetto al quale intendeva partecipare col contributo di un milione di euro.
A distanza di nove anni ecco che adesso si affaccia il 48° proponente a raccogliere qualche tessera del puzzle con l’aggiunta di due novità: il project financing e la privatizzazione di Portovecchio.
La cosa in sé non avrebbe nulla di scandaloso se fosse seria e fattibile.
Però per esserlo avrebbe dovuto preliminarmente rispondere a un bando comunale che a monte garantisse tre cose, semplici, semplici, cioè: 1° cosa fare, 2° chi la fa e 3° come riesce a farla.
Il mio non è formalismo perché si sta parlando della partecipazione di almeno una decina di soggetti pubblici titolari di precise competenze, tutti chiamati a fare un passo indietro e a mettersi d’accordo su come riposizionarsi e per farlo occorre un “Accordo di programma” stipulato tra di loro.
Dato ma non concesso che ci riescano, non è detto poi che col privato si raggiunga la quadratura del cerchio sotto il quadruplice profilo tecnico, economico, esecutivo e gestionale, e questo per una nutrita serie di ragioni.
Quella tranciante, pregiudiziale e preclusiva è che non si tratta di un porto naturale, come appare dalla cartolina dell’amico Marco Mauro che pubblico, ma di una rada di atterraggio protetta da scogliere artificiali posate anticamente per ostacolare lo sbarco dei corsari saraceni e in seguito implementata per contrastare l’insabbiamento prodotto dalle risacche.
Nel mio “Album delle Incompiute Facebook” ho ricostruito la cronistoria tecnico-burocratico-amministrativa della questione nei termini seguenti che trascrivo testualmente.
“E qui iniziano le dolenti note, perché la pratica -e non solo il porto- è insabbiata e incompiuta.
A partire dal progetto preliminare che il 9 maggio 2001 la Giunta Comunale ha licenziato con la delibera n. 300 che sarà trasmessa alla Regione, settore VIA, in vista della stesura definitiva ed in attesa della quale il 28 febbraio 2002 arriverà l’autorizzazione per uno stralcio funzionale urgente per ridurre il moto ondoso e la forte risacca all’interno del bacino attraverso la correzione dell’imboccatura tra il martello di ponente e il molo nord in sponda destra del rio San Francesco.
Finalmente il 26 luglio 2006 il Consiglio comunale approverà il progetto definitivo in deroga all’obbligo di strumento urbanistico sul quale nel maggio 2007 la Regione chiederà ripetutamente lumi e chiarimenti.
Il Comune di Sanremo, infatti, insisteva a puntare tutte le carte sul molo a martello sottoflutto e sul bacino interno invece di preoccuparsi della necessità prioritaria di effettuare con urgenza le opere strutturali indispensabili per garantire l’agibilità del molo di sopraflutto e del muro paraonde.
Che fossero opere urgenti lo confermeranno le mareggiate che nell’autunno dell’anno successivo (2008) hanno gravemente danneggiato il molo lungo e che hanno reso indispensabile intervenire in fretta e furia con un rifiorimento di una sessantina di metri della scogliera a ridosso del camminamento.
A nulla sono servite nell’estate dell’anno 2009 le riunioni a Genova tra Comune, Progettisti, Associazione Pescatori e Regione e così a novembre la Regione, Settore Ambiente, ha dichiarato estinta la procedura di valutazione ambientale.
Trascorrerà un paio d’anni ed ecco che il 1° settembre 2011 il Comune, agendo dietro le quinte e per interposta persona in base alla convenzione col Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche, ha favorito la presentazione del famoso progetto: “Darsena Enti di Stato” che prevede la realizzazione di un molo a L lungo 269 metri in testa alla diga foranea e agganciato all’attuale molo a martello allo scopo di creare un bacino interno per l’attracco per imbarcazioni di notevoli dimensioni e navi crociera oltre al rifacimento della mantellata della scogliera sopraflutto.
La Giunta regionale però il 29 dicembre 2011 bocciava l’iniziativa e restituiva al mittente il progetto insistendo sulla necessità di dare prevalenza assoluta alla messa in sicurezza del porto agendo sulla scogliera sopraflutto, molo, muro paraonde come facevano gli antichi e come noi da una settantina d’anni abbiamo smesso di fare.
Dopo 15 anni di parole, carte, promesse ed escamotages falliti ecco l’ennesima incompiuta.”
Il cosiddetto porto di Sanremo ha bisogno di questo, non di una torre di controllo in vetro e acciaio e di una strada sotterranea come “brumezu”.