5 dicembre 2016; alluvione di sentenze, proclami, appelli, pronostici e ipotesi non appena conosciuto a notte fonda l’esito del referendum e l’annuncio delle dimissioni di Renzi.

Alla confusione delle parole e delle idee, preferisco la solitudine del pensiero unico, certamente sbagliato ma almeno chiaro e semplice, come lo è il Partito Nazionale unico e un Uomo solo al comando che poi magari finirà appeso a piazzale Loreto ma che fino a quel momento almeno ha potuto fare quello che aveva in testa.

Licio Gelli lo aveva capito, e prima di lui lo aveva teorizzato Gaetano Mosca: in Italia governa sempre una minoranza concorde e una maggioranza discorde le si oppone.

La minoranza che governa si consolida e cristallizza come “elite” intorno a un nucleo primordiale di valori, interessi e umori, nucleo pensato da poche menti illuminate a monte dell’ideologia, della religione e dell’economia e che si sovrappone al sistema istituzionale e all’assetto di governo dello Stato.

Nel teatrino della politica italiana i burattini e le marionette hanno sempre recitato la parte di un copione scritto da coreografi, registi, sceneggiatori, autori e costumisti a loro volta eterodiretti da un burattinaio unico ed impersonale, appunto la elite, il nucleo primigenio che si è formato per poi consolidarsi in movimento e cristallizzare in regime.

Oggi con l’esito referendario si è coagulato in Italia il nucleo primigenio della futura minoranza di governo che si consoliderà intorno a valori, interessi e umori condivisi dai suoi componenti che inevitabilmente sono destinati a raccogliersi in una entità che potrei chiamare, banalmente, il Partito del sì o quello della nazione calamitati da poche istintive, spontanee e naturali intuizioni di positività, di praticità e di empirismo costruttivo.

Prossima Marcia su Roma nella primavera 2018.