Sono un suo fan, su FB sono iscritto al Gruppo dei suoi amici e su “La Verità” del 18 marzo scorso ho visto il trailer del film da incubo di Marcello Veneziani dal titolo “Mistero batte Progresso 27 a 0”, ventisette, tante quante sono le domande senza risposta che lo scrittore fa ai lettori e prima ancora a sé stesso.

 

Al “1° Festival del Mistero, della Paura e della Restrizione” l’opera è chiaramente “fuori concorso” per schivare il boomerang di essere lei la verità di “Quello-che-ha-Capito-Tutto” e far apparire il suo autore come l’Isocrate che annuncia al mondo: “Hoc unum scio, me nihil scire”.

 

Non ostante ciò, tuttavia, quella interpretata da Veneziani resta pur sempre “una” delle tante verità distillate quotidianamente dall’alambicco della shock economy, ed è quella  estrema secondo cui oggi tutto sul COVID-19 è “incomprensibile e incontrollabile”, e non invece “un’altra” verità che all’estremo opposto sostiene che noi oggi conosciamo “tutto” e non “nulla” del virus e che ci siamo arrivati applicando le leggi dei sistemi complessi e analizzando la loro capacità cibernetica di auto-organizzarsi.

 

Non è arabo, tutt’altro, è come se il COVID-19 fosse la luna e Veneziani non trovasse le 27 risposte ad altrettante domande perché le cerca nel posto sbagliato, cioè sulla faccia nascosta del nostro satellite e per giunta non da una astronave ma dalla Terra e scorrendo col touch le 27 immagini della faccia che vediamo al plenilunio.

 

Dunque le domande non sono ventisette ma una: “Sfiga o Complessità?”

 

La sfiga è la verità da “(ri)costruire” scientificamente sulla “nostra” luna applicando le leggi di Newton-Laplace e dove con COVID-19 qualcosa è andato storto e le ha infrante.

 

La complessità, invece, è la verità da “esplorare” sull’altra faccia della luna, quella inesplorata e misteriosa dove le leggi vanno “al di là” di quelle del determinismo lineare e cieco che arresta il rapporto “causa-effetto” alla meccanica delle materia inerte, la “res extensa” cartesiana del “Discours de la méthode pour…chercher la verité dans les sciences”.

 

Per la sfiga, legittimata anche dalla Cassazione, il crollo di una casa all’Aquila è l’effetto della causa “terremoto”, per la complessità invece è un sistema dinamico e fluttuante che attraverso l’evento sismico, assolutamente fisiologico, realizza un nuovo equilibrio con leggi fisiche che agiscono al proprio interno, sfidate all’esterno dal Prometeo abruzzese che ha costruito la casa crollata.

 

E alla stessa maniera davanti alla sfiga della pandemia da COVID-19 Marcello Veneziani interpreta magistralmente sia la “incomprensibilità” della causa e la “incontrollabilità” dell’effetto e sia l’overdose di Mistero, di Paura e di Restrizione che ipnotizza la collettività e alla quale lo scrittore offre il metadone della “verità negata” sul “chi” (“fatalità, errore, incoscienza, bestialità?”), sul “come” (“metodo british-brexit, o metodo latino-mediterraneo”) e sul “quando” (“andrà tutto bene”) arriveremo vivi, indenni, incolumi e vaccinati all’annuncio all’umanità del “game over” da parte del “disaster management” di Ginevra.

 

L’alternativa all’incubo del film è l’incubo della realtà dove il primo è quello delle mosche imprigionate sotto un bicchiere capovolto e il secondo è l’angoscia di quelle tra di loro che pensavano di essere al cinema, ed è da questo secondo incubo, quello “reale”, che l’umanità deve poter uscire.

 

Ma quale umanità?

 

Chi” e “cosa” siamo diventati con il progresso lineare e all’infinito?

 

Osservata in modalità “Sfiga” per Veneziani l’umanità moderna è una massa di “aborigeni con lo smartphone”, di primitivi che vivono in caverne accessoriate e che praticano la “profilassi certa, antica e puerile di lavarsi le mani o isolarsi in casa” come ai tempi della peste e del colera e compiono riti “scaramantici a santi e madonne, o peggio a stregoni e megere, per proteggersi dal Male”, con lo stesso terrore dell’Anno Mille quando si annunciava la fine del mondo. 

 

Lo specchio della “Complessità” invece riflette una umanità diametralmente opposta, impersonata da un Prometeo rocciatore intento a scalare l’Olimpo globale e che conficca nella parete rocciosa i lunghi chiodi del Progresso.

 

Chiodi che penetrano in profondità tanti differenti sistemi sovrapposti e stratificati ognuno dei quali ha un proprio equilibrio instabile che si auto-regola, dalla biologia molecolare all’economia, dalla chimica alla medicina, e via via tanti altri.

 

Ma a loro volta tutti i sistemi stratificati si trovano all’interno di un sistema “complesso” e unico, la montagna della globalizzazione, tenuti insieme da legami forti e tra loro interconnessi dai “misteriosi” meccanismi della cibernetica.

 

Ogni tanto all’esterno succede qualcosa, che so? un atomo va storto, una ameba si moltiplica, un assetto sociale salta, un ambiente economico collassa, una popolazione emigra e cose del genere e si verifica la catastrofe.  

 

Lo specchio della “Complessità” finora ha riflesso una umanità che metabolizzava la catastrofe all’interno di uno specifico sistema stratificato, da Hiroshima alla Shoà, dai terremoti alle pandemie, dall’inquinamento ambientale alle carestie, eccetera, eccetera, tutti chiodi “sbagliati” per sfiga cioè -come dice Veneziani- per “fatalità, errore, incoscienza o bestialità”, sicura che non sarebbe successo mai più, e invece succedeva di nuovo con Chernobyl dopo Hiroshima, dopo la SARS l’ebola e l’HIV, eccetera, eccetera.

 

Ma adesso la pandemia COVID-19 non è più -come è accaduto finora- un evento “singolo” da vivere in diretta, uno spettacolo da trasmettere in tempo reale, un film horror da girare e un disastro da archiviare tra i miti dell’Apocalisse post-moderno perché troppi sono i sistemi complessi trafitti dal chiodo di Prometeo e tutti in squilibrio caotico.

 

Il sistema economico capitalistico, per esempio, che collassa su sé stesso distribuendo la “Helicopter Money” ai disoccupati per sostenere i consumi e evitare le sommosse, con un Quantitative Easing for the People che avvera la maledizione di Marx: “Sventurata quella società che invece di sfruttare i propri schiavi è costretta a mantenerli!”.

 

Oppure, altro esempio, la Scienza-Frankenstein “creatrix” di mostri che le si ritorcono contro, crea il plutonio, materia finora inesistente in natura o crea i replicanti con la manipolazione genetica della vita biologica, materia prima da inseminare artificialmente, fecondare in vitro e clonare “creando” dal nulla cellule col corredo cromosomico completo.

 

A farla breve, mercoledì scorso Zuckerberg nell’intento di rassicurare i suoi clienti sulla deroga alla privacy che COVID-19 dovrebbe imporre al mondo con le app sugli smartphone per tracciare i positivi asintomatici, ha sollevato il velo sulla verità vera, quella della “Complessità” e non della “Sfiga”.

 

Il sovraccarico della rete globale, al netto di quella cinese continentale comunista, è vicino alla “cuspide” del sistema complesso e i server delle sue aziende che in California la utilizzano potrebbero fondersi e hanno già rinunciato all’alta definizione.

 

E’ questo l’esempio degli esempi, il padre di tutti gli esempi, perché il chiodo di Prometeo non trafigge solo il sistema stratificato dell’informatica nel quale l’intelligenza artificiale dei computer sempre più potenti e veloci ci sta sopravanzando e si autoregola, ma tocca un nervo scoperto e “misterioso” dell’Olimpo globale, quello della comunicazione che interconnette tra loro i sistemi che la compongono, cioè la “mente” della globalizzazione, la “res cogitans” cartesiana.

 

La comunicazione è la nostra prima linea di difesa” ha detto Zuckerberg a Bruxelles se vogliamo traghettare il mondo oltre la pandemia in corso, ma inconsapevolmente ha enunciato una profezia: “Siamo sulla cuspide, la comunicazione sarà la nostra prossima e ultima pandemia”, con lei non ci sarà più difesa, ma il collasso dell’Olimpo globale, la catastrofe dalla quale il sistema complesso uscirà auto-regolandosi senza bisogno di noi e del nostro bla-bla-bla.