In Italia si stanno diffondendo a macchia di leopardo i cluster del “Morandivirus” sotto gli occhi indifferenti di chi, invece, dovrebbe adottare misure drastiche e tempestive per bloccare l’epidemia

Il “Paziente 1” è stato il sindaco di Genova Marco Bucci e il “Paziente 0” -suo antenato progenitore- è Riccardo Morandi, ingegnere progettista dell’omonimo ponte sul Polcevera, un’opera ciclopica lunga due chilometri e mezzo realizzata in poco più di tre anni dalla Società Italiana per Condotte d'Acqua tra il 1° marzo 1964 e il 31 luglio 1967.

A cinquant’anni di distanza tra il 28 giugno 2019 e il 27 maggio 2020 è stata sequenziata la prima mutazione del “Morandivirus” nel segmento del suo genoma processato tra la demolizione del vecchio viadotto e la realizzazione del nuovo impalcato lungo 1.067 metri sul quale sono in corso i lavori stradali e le opere di impiantistica, di segnaletica, di arredo urbano e di dotazione delle attrezzature tecnologiche di ultima generazione.

Già un mese dopo il crollo, avvenuto il 14 agosto 2018, il numero fatale R0 di riproduzione di base del virus era molto superiore a 1 e la malattia si era diffusa velocemente anche a causa del clima ostile al blocco dei cantieri dell’Alta Velocità, del Terzo Valico e della Gronda di Genova imposto dal ministro dei trasporti Toninelli.

In pochi giorni le infezioni secondarie avevano interessato, tra gli altri, l’archistar genovese Renzo Piano, il vice-premier Salvini, il governatore ligure Toti e un focolaio di 566 residenti finiti in terapia intensiva di sgombero immediato, per non parlare dei numerosi soggetti asintomatici tra gli imprenditori portuali, del turismo e della logistica indirettamente colpiti, oltre ai magistrati della Procura richiamati dalle ferie.

Nel Burocrate amministrativo e nel Decisore politico la “Morandite”, patologia autoimmune infettiva indotta dal “Morandivirus”, si manifesta soprattutto con la perdita di gran parte del patrimonio genetico.

Il morbo colpisce di preferenza la sede del formalismo burocratico che è quel settore del genoma che nel sistema amministrativo pubblico orienta la presunzione legale di illegittimità, di insostenibilità e di anomalia che colpisce e paralizza tutti indistintamente gli atti dei privati.

Gli effetti nel focolaio ligure sono stati devastanti e hanno portato all’oscuramento di un intero complesso di Codici, di Testi Unici e di Leggi-cornice di carattere genetico burocratico, da quello degli Appalti pubblici e delle concessioni del 2016 a quello della Strada del 1992, da quello sulla privacy alla Legge sul procedimento del 1990, da quello anticorruzione a quello antimafia, dal Codice del processo amministrativo a quello dell’Ambiente, dal Codice dei beni culturali a quello sul lavoro fino addirittura alle Delibere CIPE di programmazione economica e alle Direttive comunitarie sugli aiuti di Stato, e alla cancellazione di un’infinita quantità di  norme, regolamenti, circolari, indirizzi, ordini di servizio che formano il tessuto connettivo del “Corpus Iuris Italicus” in materia.

La velocità di propagazione del “Morandivirus” ha colto di sorpresa l’Apparato Burocratico Amministrativo che è stato colpito in tutte le sue articolazioni territoriali nelle quali si sono diffusi i cluster epidemici della malattia che, per fortuna, attraversa ancora una fase neurologica rivendicativa e protestataria ad evoluzione lenta prodotta dal virione “Modello Genova” che esce dai Laboratori politico-amministrativi del centro-destra.

A partire dal 1° giugno 2018 e fino al 5 settembre 2019 con Toninelli Decisore Politico la curva storica dell’arretrato fisiologico si era appiattita lungo l’asse delle ascisse e questo soprattutto grazie all’analisi “costi-benefici” che ha zavorrato la chiglia di numerose opere pubbliche già cantierabili.

Nei nove mesi successivi, però, complice il cambio della guardia nel ministero di Porta Pia e il lockdown della pandemia, la curva epidemica che sul quadrante opposto segna l’andamento dei contagi da “Morandivirus” si è pericolosamente impennata e sull’asse delle ordinate il numero quotidiano dei “Modello Genova” è ormai fuori controllo.

A tutela della Sovranità Burocratica si è reso indispensabile a questo punto mobilitare i Veterani, far scendere in campo gli Eroi di tante battaglie combattute e vinte specialmente sul fronte meridionale e ritornare alla “ammuina” della Regia Marina borbonica con il vaccino “Modello San Cataldo” obbligatorio.

Non si tratta di un ponte ma dell’omonimo futuro ospedale di Taranto, città lontana 800 chilometri da Genova ma gemellata alla “Superba” dalla filiera ILVA dell’acciaio.

Tre giorni fa, il 25 maggio 2020, dalla Sezione Terza del Consiglio di Stato, presieduta da Franco Frattini -ex ministro di due Governi Berlusconi ed ex vice presidente della Commissione Europea rientrato in Magistratura- è arrivato il responso del secondo test degli anticorpi che al futuro Ospedale “San Cataldo” garantisce almeno per un ulteriore biennio l’immunità al “Morandivirus”.

Sei giorni prima, infatti, Domenico Arcuri, per conto della stazione appaltante INVITALIA di cui è CEO da 13 anni, messo lì dal Governo D’Alema e rimasto con 7 altri Governi successivi, aveva chiesto la pubblicazione anticipata del dispositivo, ed è stato subito accontentato.

In buona sostanza, il Consiglio di Stato ha spedito gli atti di causa il più lontano possibile, in Lussemburgo alla Corte di Giustizia UE che dovrà pronunciarsi su una pregiudiziale di lana caprina sollevata da uno dei due litiganti.

Purtroppo, però, la sicurezza dei test sierologici è relativa e sono frequenti i casi di “falso”, positivo o negativo.

E infatti nel nostro caso l’altro ieri due consiglieri regionali, un piddino e una forzista, sono risultati falsi negativi al “Morandivirus” al primo tampone di controllo perché sui giornali e sui social hanno invitato Arcuri a ripartire da zero abbandonando il “Modello San Cataldo” e adottando il “Modello Genova”.

Il rischio che nel capoluogo jonico esploda un focolaio dalle conseguenze imprevedibili, in simbiosi con il “caso ILVA”, è concreto e attuale per una serie di ragioni.

La prima è che il vincitore si è aggiudicato l’appalto grazie all’offerta di ribasso temporale e economico “significativamente superiore” a quella degli altri operatori, anche se non anomala, come si legge nel verbale n. 10 del 28 febbraio 2019 che ha concluso le operazioni gara.

Il che, tradotto in italiano, significa che ha prevalso sul secondo classificato anticipando il “Modello Genova”, lavorando giorno e notte, festivi inclusi, e riducendo i 1.245 giorni lavorativi previsti dal Bando a 846 e ribassando del 24,7 % l’importo a base di gara di 161 milioni di euro che è sceso a 122 milioni.

La seconda ragione di timore riguarda le elezioni regionali d’autunno e la tentazione del Governo Conte di far posare a Emiliano la prima pietra.

La terza ragione deriva dalla ricerca del Governo Conte della “captatio benevolentiae” del vincitore della gara che è presidente degli industriali pugliesi.

La quarta ragione, a proposito di pietre, è quella tombale da mettere sul passato.

Bei tempi, quelli! Quando non c’era il “Morandivirus”!

Un mondo da rimpiangere! Dove non c’era bisogno di INVITALIA   e di ricorsi alla Corte di Giustizia UE per sconfiggere i nemici della Sovranità Burocratica!

E neppure del “Modello San Cataldo” perché con Nichi Vendola il Santo era un altro, San Raffaele del Mediterraneo e a lui era dedicato il “Modello San Raffaele” sul quale adesso bisogna posare la pietra tombale.

In quegli anni la Politica faceva il suo mestiere, la “ammuina”, e non c’era bisogno di prendere in prestito avvocati come Conte e neppure di mobilitare la riserva degli Enti di Stato come è successo con Arcuri, ultimamente anche per le mascherine e i respiratori.

In Regione Vendola e Pelillo rispettivamente di SEL e del PD tessevano la tela con don Verzè per realizzare a Taranto nel quartiere Paolo VI° l’ospedale “San Raffaele del Mediterraneo” con un project financing da 120 milioni che metteva la sanità pugliese nelle mani dei privati della Fondazione San Raffaele di Milano?

A Taranto Vendola, Pelillo, Don Luigi Verzè e Al Bano Carrisi il 16 febbraio 2010 nel salone della Casa di Cura privata “Cittadella della Carità di Taranto” promettevano: “Noi alla fine del 2010 con Don Luigi metteremo la prima pietra e nel giro di 36 mesi taglieremo il nastro per inaugurare il San Raffaele del Mediterraneo”?

Bene, i ministri Boccia e Bellanova del Governo Conte II°, il primo sempre del PD e l’altra passata a “Italia Viva” di Renzi, raccoglievano firme per rescindere la Convenzione e lo facevano d’accordo con Emiliano all’epoca sindaco PD di Bari e con Decaro consigliere regionale PD all’epoca e oggi sindaco di Bari.

Vien da cantare con Al Bano “Nostalgia, nostalgia canaglia, che ti prende proprio quando non vuoi, ti ritrovi con un cuore di paglia e un incendio che non spegni mai.”

Spiace ammetterlo, ma meno male che Toninelli c’è!

Con lui sprazzi del passato ritornano quando dalla Politica partiva il mitico comando: “All'ordine facite ammuina, tutti chilli che stanno a prora vann’a poppa, e chilli che stann’a poppa vann’a prora, chilli che stann’a dritta vann’a sinistra e chilli che stanno a sinistra vann' a dritta. Tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa e chilli che stanno ncoppa vann' bascio passann’ tutti p’o stesso pertuso: chi nun tene nient’a ffà, s' aremeni a ‘cca e a ‘llà”.