Probabilmente fino al 18 dicembre prossimo sarà impossibile conoscere l‘esito del procedimento “sull'imposizione di determinate sanzioni in caso di interferenza straniera in un'elezione degli Stati Uniti”, un adempimento obbligatorio introdotto dall’Executive Order 13848 of September 12, 2018 e ancor meno valutare le conseguenze della sua conclusione, qualunque essa sia.

Dalla ermetica segretezza di liturgie come questa si intuisce la profondità del “Potere” reale dello “Stato Profondo” che la legge attribuisce all’apparato dei “Grand Commis” quando c’è da fronteggiare una emergenza nazionale.

Le informazioni affluiscono da tutte le articolazioni ufficiali di Governo, dall’intelligence, dai dipartimenti, dalle agenzie e anche da singoli funzionari, però in questo specifico caso il compito di accertare l’interferenza straniera nelle elezioni e di dichiarare l’emergenza nazionale spetta a un ristretto gruppo di alti funzionari che si contano sulle dita di una sola mano.

Fuori dal loro bunker, di informazioni “soggettive”, a favore o contro, ce ne sarebbe un mare sia sulle elezioni trascorse del 3 novembre e sia sui prossimi ballottaggi al Senato del 5 gennaio 2021, ma l’interferenza straniera deve essere “oggettiva” cioè avere un carattere certificato che soltanto quel ristretto gruppo di persone nascosto tra quattro pareti blindate può attribuirle.

Sono loro a doversene occupare, non Trump né Biden e neppure la Camera o il Senato o la stessa Corte Suprema.

Rimossa dagli uni e ignorata dagli altri la questione rischia nel caso di esito positivo di apparire come un golpe, il paventato colpo di coda di Trump, mentre in caso negativo equivarrebbe a far sparire nel nulla ciò che invece è sotto gli occhi di tutti.

In realtà Trump in tutto questo c’entra soltanto per inciso perché l’interferenza straniera potrebbe esserci stata davvero ma senza incidere sul risultato finale però con gravi conseguenze nei rapporti con i Governi esteri che ne sono risultati responsabili e soprattutto a carico delle persone fisiche e giuridiche che all’interno degli Stati Uniti abbiano collaborato con loro.

Sono minime le probabilità che il report independent from political bias rimuova o minimizzi i fatti in base alla napoletana “scurdammoce ‘o passato, simme a Washington, paisà!” anche se Biden proprio ieri nel presentare la squadra dei suoi “Grand Commis” ha detto di non essere contrario, nello spoyl system, a mantenere l’incarico a un repubblicano, magari preso tra quelli nel bunker per “captatio benevolentiae”.

Per i “Rogue States”, gli Stati Canaglia, e per le loro propaggini e metastasi l’occasione elettorale era troppo propizia e tentatrice per poter essere ignorata e loro anzi l’hanno presa al volo, sia pure cercando di nascondersi tra le pieghe di un sistema incredibilmente fragile e vulnerabile.

A dirlo non sono io, ma è la Legge, l’Executive Order 13848 of September 12, 2018, nella premessa che parte dalla storica tentazione straniera “di sfruttare il sistema politico libero e aperto dell'America” per arrivare a questa considerazione: “In anni recenti, la proliferazione di dispositivi digitali e di comunicazioni basate su Internet ha creato vulnerabilità significative e amplificato la portata e l'intensità della minaccia di interferenza straniera, come illustrato nell'Intelligence Community Assessment 2017.”

Gli handicap li conosciamo e ci abbiamo anche riso sopra, con i defunti e i bicentenari che votano, con votanti a loro insaputa, con pacchetti di schede postali tutte firmate dalla medesima mano e spedite in contemporanea dallo stesso ufficio postale, con un numero di voti maggiore di quello degli elettori e via via cazzeggiando, e conosciamo pure la permeabilità dei seggi dove, secondo la legge elettorale di ciascuno dei 50 Stati, l’elettore può non essere identificato e addirittura accompagnato in cabina, dove gli scrutatori sono messi fuori dalla porta, o le schede a futura memoria possono essere accettate anche giorni e giorni dopo.

Ma è l’informatica ad affondare il coltello nel burro con le macchine gestite in appalto da società private straniere, canadesi e spagnole, incaricate in partenza di digitalizzare le liste elettorali che in certi casi copiano l’anagrafe storica mai aggiornata e in altri invece registrano l’elettore in età di voto su sua richiesta che può essere tal volta obbligatoria tal altra facoltativa.

Ma l’affondo è nella mutazione genica del voto fisico individuale, libero e segreto, che da “materiale” la macchina trasforma in “virtuale” e che assembla progressivamente in schede di memoria custodite nei server dove migliaia, centinaia di migliaia e milioni di voti seguono criptici processi tecnologici guidati da algoritmi applicati a software diversi che parlano tra loro con linguaggi differenti ed esposti tutti quanti al rischio costante di un “glitch” cioè di una “malfunction” o di un qualche “technical problem”.

Rimuovere tutto questo è impossibile, entrambi gli staff lo ammettono, Trump per dire che gli stanno “rubando” la vittoria e Biden in parte per smentirlo e collocarlo tra le fake news e quando non è possibile interviene per dimostrarne l’ininfluenza aritmetica sul risultato finale.

Fin qui siamo nello “Scenario A” dell’Executive Order 13848 of September 12, 2018 che colpisce l’interferenza straniera nel sistema elettorale, ma poi c’è lo “Scenario B” nel quale si protegge “a political organization, campaign, or candidate” quando sono colpiti nella loro “security or integrity”, e ne sono materialmente influenzati, incluso l'accesso non autorizzato alla divulgazione o minaccia di divulgazione, alterazione o falsificazione di informazioni o dati.

Lascio da parte gli Antifa e i BLM (Black Lives Matter: “le vite dei neri contano”) compensati dalle gesta dei suprematisti bianchi, e penso a cose molto più importanti e altamente significative.

Come quel giovedì 5 novembre 2020 quando in tv a reti unificate CBS, MSNBC e ABC NEWS Trump è stato interrotto durante il suo discorso elettorale, oscurato dalla regia e sbeffeggiato dai presentatori, per non parlare di chi c’è dietro le quinte della CNN, del NY Times, di Washington Post, di Atlantic e di altre testate della stessa filiera.

Oppure vedo ancora oggi su Twitter l’avvertimento al pubblico che rischia di leggere informazioni non verificate al 100% ogni volta che Trump, i suoi legali e il suo staff elettorale pubblicano qualcosa.

Ma penso anche a chi in Europa, nel Vaticano, in Italia, ai vertici delle istituzioni politiche rappresentative ha suggestivamente qualificato Biden e insiste a farlo come “Presidente Eletto” quando la Camera dei rappresentanti lo ha escluso e adesso l’Agenzia che presiede per legge le operazioni di transizione deve rivolgersi a lui come “Presidente Presunto”.

Annoto queste e altre successive considerazioni sul medesimo tema come fossero altrettanti nodi al fazzoletto quando il report del “Deep State” verrà alla superficie e sapremo se la vittoria è di Biden o di Trump oppure, con maggiori probabilità, di Pirro.