Quando Bucci, sindaco di Genova, è venuto a Ventimiglia in campagna elettorale a sponsorizzare la candidatura a sindaco di Di Muro usando la ricostruzione del “ponte” Morandi come esca ho spiegato che il suo non era un “ponte” ma un “viadotto” autostradale e che non era neppure parente lontano della “passerella” da ricostruire sul Roya.

 

Credevo che scherzasse.

Poi ho scoperto che Di Muro nel suo programma prendeva “lucciole per lanterne” e che la “passerella” da ricostruire veniva trattata come fosse stato un “ponte” e allora ho capito che faceva sul serio.

A Sanremo dicono in questi casi che uno scambia il “belin” con la Marcia Reale.

Adesso vedo che la bugna è scoppiata e mi domando metaforicamente e ridendoci sopra: " Ma che cosa gli hanno fatto fumare in campagna elettorale a quel poveretto?".

 

 

Non ci vuole la “Treccani” per rendersene conto: la “passerella” serve a bordo per scendere a terra dopo avere ormeggiato la barca, è leggera, pedonale e senza sostegni, si appoggia alla poppa da un lato e alla banchina dall’altro.

Trasferita dal mare al fiume, la “passerella” ha le identiche caratteristiche, unisce senza sostegni le due sponde, è agile e pedonale, al massimo la percorri in bicicletta.

La “Squarciafichi” nelle sue tre versioni storiche che si sono succedute nel tempo non era una “passerella” ma un “ponte” perché aveva diversi sostegni in muratura piantati nell’alveo del Roya ma essendo pedonale e non carrabile le hanno appioppato indebitamente quel nome di “Passerella Squarciafichi”.

La differenza tra le due cose è sostanziale.

Le “passerelle” le fai con ogni genere di materiale, i tibetani le fanno con le funi di canapa e con il bambù, i cinesi con il legno, i militari le fanno con putrelle di acciaio imbullonate per creare strutture rimovibili e provvisorie tipo quelle logistiche Bailey e ormai tutti gli altri nel mondo moderno le fanno in acciaio scatolare di fusione corten e saldano i vari tronconi come previsto nel progetto Scullino.

 

 

I “ponti” invece sono carrabili destinati a traffico veicolare pesante, su gomma e su rotaia, hanno bisogno di sostegni sui quali scaricare il peso delle campate e i materiali sono generalmente edilizi, sia per i pilastri e sia per il piano stradale, una volta erano in legno, pietrame e muratura, adesso sono in ferro e calcestruzzo.

Infine i “viadotti” sono degli ibridi perché da un lato sono carrabili e utilizzati per traffico pesante ma dall’altro lato ricuciono le voragini, le fenditure e i forti dislivelli del terreno nei quali incappa una ferrovia o una autostrada e lo fa in genere con altissimi piloni di sostegno, tipo quelli dell’Autofiori, ma in molti casi come il “viadotto Garabit” in Alvernia con una campata unica realizzata da Gustavo Eiffel un secolo e mezzo fa.

 

 La bugna prima o poi doveva scoppiare.

 

Di Muro si è trovato in mano una “passerella” da appaltare e qualcuno deve avergli detto che era meglio un “ponte” e come contorno deve avergli detto quattro bugie, “se po’ fa!”, costa meno, ingombra meno e “impatta” meno.

Falsa la prima cosa, perché il procedimento aveva superato la linea rossa di non ritorno, il suo iter legale era ormai irreversibile, a meno che nel frattempo un meteorite fosse caduto dal cielo nel Roya o si fosse scoperta una miniera d’oro nei sondaggi.

Falsa pure la seconda cosa, perché il “risparmio” va calcolato su € 5.151.667 di “lavori” del primo lotto e senza gli € 1.653.333 di “Somme a disposizione della Stazione appaltante” più gli € 185.000 per oneri per la sicurezza non soggetti a ribasso e i costi COVID-19 che per entrambi i progetti sono e restano sempre quelle, sia per la “Passerella Scullino” e sia per il “ponte Di Muro”.

Ma dal calcolo vanno tolti anche gli € 598.904,04 sprecati nel progetto precedente e il risparmio va calcolato su € 4.552.762, 96 e dovrebbe essere almeno del 20-25 % perché ne valga la pena, cioè intorno al milioncino di euro malcontati.

Il che a parità con Scullino e sempre con tre milioni e mezzo significa per Di Muro dover realizzare in più un pilone in calcestruzzo nell’alveo e raddoppiare il volume dei piedritti in argine.

Falsa anche la terza cosa, perché con un pilone nell’alveo i calcoli idraulici del “franco libero” misurato dal pelo dell’acqua all’estradosso dell’impalcato addirittura raddoppiano e il “ponte Di Muro” ingombrerebbe la visuale della vallata come una specie di muro di Berlino.

Falsa infine la quarta cosa, il verbo “impattare” coniugato in questo caso come si farebbe ad un concorso di bellezza, a una sfilata di moda o a una mostra di arte contemporanea.   

La bugna è scoppiata, è partito un esposto per gli € 598.904,04 sprecati, ma è soltanto la punta dell’iceberg perché sotto il pelo dell’acqua sono in sospensione diversi casi analoghi.

Mi auguro di sbagliare, ma temo che lungo il Roya “mala tempora currunt”.