La Funivia, tra il luglio1937 e il giugno 1984 ha collegato Sanremo con l’entroterra (Campo Golf, San Romolo e Monte Bignone vetta) facendosi amare più da morta che da viva da una Città e dal suo comprensorio che già all’indomani della chiusura -e poi a mano a mano che venivano smantellate e/o riconvertite le sue strutture- l’ha rimpianta amaramente rendendosi conto del vuoto incolmabile che lasciava.

 

 Sul glorioso mezzo secolo di attività trascorso sappiamo tutto grazie a copiosa e documentatissima letteratura e conosciamo altrettanto a fondo ogni dettaglio tecnico e tecnologico dell’impianto, all’epoca all’avanguardia mondiale nel campo del trasporto su fune.

 

Anche l’aneddotica è copiosa perché i cinquant’anni di esercizio sono capitati a cavallo di due mondi separati dalla seconda guerra mondiale e i protagonisti più illustri e rappresentativi dell’uno e dell’altro hanno contribuito ad alimentarla con le loro testimonianze.

 

 

Anche i ricorrenti tentativi di resuscitarla che coincidono con gli appuntamenti elettorali li conosciamo tutti, accompagnati ogni volta dallo stupore per la genialità e l’originalità dell’idea, presentata sempre come nuova mentre invecchiava e oggi è vecchia di quarantatré anni.

L’iscrizione della funivia nell’album delle incompiute non è avvenuta, dunque, nel settore delle opere interrotte e abbandonate a sé stesse ma in quello riservato alle intenzioni, alle promesse, alle speranze, alle illusioni che diventano rimorsi, cioè, al “Libro dei Sogni” scritto da un ceto di amministratori e di burocrati palesemente inadeguato.

 

La lista degli indiziati è lunga e inizia con me, avendo ereditato nel 1984 da assessore all’urbanistica sia l’ingegnere Alberto Locatelli che fino a tre mesi prima aveva diretto la funivia e sia “ratione materiae” la pratica di “riconversione dell’impianto” che il mio predecessore aveva affidato a un consulente esterno che ben presto sostituirò, devo dire senza troppa fortuna, con un altro.

L’idea-forza si basava sui tre seguenti “Postulati”:

1°.  Abbandono della stazione di partenza a causa dell’interferenza ineliminabile dei casermoni di via Pietro Agosti spuntati come funghi sotto le funi.

2°.  Connessione tra funivia e Autofiori da realizzare al Campo Golf con un parcheggio di interscambio per la logistica di persone e merci.

3°.  Prolungamento della linea in modo da collegare a tela di ragno più comuni montani possibile partendo da Perinaldo.

Nel frattempo, più o meno un chilometro più in basso in linea d’aria nella primavera del 1989 prendevano il via i lavori dell’Aurelia bis con un itinerario a tappe che si sviluppava in parallelo all’Autofiori, così dieci anni dopo, in vista della tappa di Borgo Tinasso, si apriva la discussione su come connettere il suo svincolo con la funivia.

E l’idea-forza originaria cambiava.

Una prima variabile correggeva il “Postulato n. 2”, nel senso che sostituiva l’interscambio con l’Autofiori con quello con l’Aurelia bis o in altra versione prevedeva tutti e due insieme, mentre una seconda variabile riguardava il “Postulato n. 1” sulla partenza dall’antica stazione di in via Caduti del Lavoro nell’intento di realizzare una metropolitana aerea tra il Borgo e Piazza Eroi e la terza variabile si fermava a Bignone e abbandonava e gettava nel cestino l’idea del “Postulato n. 3” di valorizzare il comprensorio montano, di incomparabile fascino e bellezza soprattutto se i viaggiatori lo ammiravano da un angolo visuale di questo tipo, certamente insolito.

Monte Caggio

Per sostenere questa opzione “rinunciataria e urbana” nel 1995 si è costituito un apposito Comitato che ha raccolto migliaia di firme inidonee a far indire un referendum statutariamente improponibile ma, in occasione delle elezioni amministrative del 1999, idonee a spingere gli amministratori a far stendere un progetto di massima dall’ultimo direttore dell’impianto che con me era diventato responsabile del Settore comunale Territorio.

Il progetto prevedeva, in sostanza, la creazione al Borgo di un parcheggio interrato per 200 auto e 11 pullman collegato alla funivia all’altezza del quarto traliccio incorporato in un edificio trasparente munito di ascensori.

Per sorvolare i casermoni di via Pietro Agosti e solo per il tratto cittadino, il progetto prevedeva l’utilizzo di grappoli di piccole cabine da una decina di posti sul modello delle stazioni sciistiche mentre per gli altri tre segmenti fino a Bignone, identici ai precedenti, le cabine avevano una capienza di 70 posti.

Sulla copertura dei costi, stimati intorno alla cinquantina di miliardi di lire, si è assistito ad acrobazie dialettiche e ad ardite piroette finanziarie, tra fondi comunitari, risorse statali e sponsorizzazioni private.

La fine ingloriosa dell’Amministrazione Bottini-Bissolotti che aveva caldeggiato questa soluzione e il sonno profondo di quella Borea chiamata a sostituirli nel successivo quadriennio tra il 2004 e il 2009 ha mandato in soffitta il progetto sul quale, a onor del vero, era stato pubblicato senza esito un “Avviso pubblico per manifestazione di interesse”, naufragato nel disinteresse nazionale, comunitario e cosmico.

Nostalgia e rimorso riaffioreranno agli inizi di questo decennio in seno ad una Associazione di secondo livello sorta tra circoli culturali, comitati civici locali e gruppi ambientalisti fino a portarla a promuovere un “Progetto innovativo” che riesumava gli originari “Postulati nn. 2 e 3”, li ampliava, li adeguava e -partendo dalla pista ciclabile- dava una risposta originale al “Postulato n. 1” di abbandonare la vecchia stazione di via Caduti del Lavoro che aveva lasciato aperta la scelta del nuovo punto di partenza dell’impianto.

 

Uso il tempo passato anche per questo futuribile ed avveniristico progetto di collegamento aereo di Sanremo a San Romolo e a Perinaldo sorvolando i più suggestivi scenari dell’hinterland cittadino e del maestoso e inesplorato comprensorio montano del Caggio perché, come dicono a Genova, “a l'é a bella de Torriggia: tutti a vêuan e nisciûn s'a piggia”.

 

Sulla bellezza ma anche sulla originalità dell’idea non possono esservi dubbi, a partire dall’itinerario in gran parte diverso da quello “storico” (purtroppo per mille ragioni non più fedelmente ripristinabile) per arrivare, dopo molte altre “pensate” ricche di fantasia, come queste.

I. Centrale fotovoltaica da 3,5 milioni di euro e 10.000 metri quadrati di pannelli da installare alle pendici del Carparo e del Caggio, sul colle dei Termini di Perinaldo lungo l’arteria provinciale che collega San Romolo alla vallata del Crosia, in grado di alimentare l’impianto e di vendere il surplus all’Enel.

II.  Intercettazione della linea ferroviaria attraverso due ascensori di collegamento della stazione sotterranea con la verticale di via Pascoli per riuscire a dare un senso a un’opera faraonica sovradimensionata e sottoutilizzata agevolmente collegabile con la pista ciclabile e con il litorale.

III. Il “Postulato n. 1” quindi trovava risposta in via Pascoli, da cui partiva il primo segmento del lotto urbano fino alla “Punta di Francia”, sede dell’Ospedale Civile e da lì il secondo segmento per arrivare a Borgo Tinasso, località Pian dei Cavalieri, in un punto a nord della Chiesa parrocchiale non lontano dallo svincolo dell’Aurelia bis.

Sicuramente questa soluzione “urbana” appare migliore di quella che i “referendari” avevano portato avanti dieci anni prima.

Migliore da tutti i punti di vista, economico, ambientale, funzionale e dell’inserimento dell’impianto nel paesaggio senza trascurare il fatto che la visuale offerta dall’alto dai parchi del levante, dal porto e dalla Pigna risulta ben più appagante di quella dei casermoni di via Pietro Agosti.

Una volta al Borgo il secondo lotto coincideva col percorso “storico” fino a San Romolo sfruttando le servitù apparenti e poi da lì partiva il terzo ed ultimo lotto coi due stralci, il primo fino a Monte Caggio e il secondo che terminava a Perinaldo.

Sono passati diversi anni dalla firma del “Protocollo tra i Comuni” di partenza e di arrivo, dalla illustrazione di ogni minimo dettaglio tecnico dell’iniziativa, compresa la sequenza operativa suddivisa per lotti e stralci, dalla definizione di un quadro economico di massima e del management necessario.

Di operazioni di questo tipo ne ho conosciute parecchie, anche sulla mia pelle, dal Mercato dei Fiori all’Aurelia bis, dal PRUSST alla pista ciclabile e difficilmente il fiuto mi inganna: fino alla prossima scadenza elettorale l’idea-forza rimarrà incompiuta.

Scrivevo queste cose a metà gennaio 2016 e ho solo corretto graficamente e aggiornato il testo, Biancheri era sindaco da due anni, ha avuto otto anni per sapere che a Sanremo c’era una volta la funivia.

Ma nessuno che glielo abbia detto e lui, il suo vice (Sindoni e poi dopo l’incidente Pireri) e l’assessore Donzella sono rimasti all’oscuro fino a quando quest’ultimo è stato avvertito che a primavera c’erano le elezioni e allora ha scritto una letterina al vice-ministro leghista Rixi che ha la bacchetta magica.